Valentina Marchei, l’olimpismo nel cuore

Dalle piste olimpioniche agli uffici di Milano Cortina 2026. Intervista alla pattinatrice che dei cinque cerchi ha fatto la propria eredità
È la forza centrifuga a spingerci fuori fuoco. La forza centrifuga determinata da ciò che ci circonda, da ciò che ci avvicina a un obiettivo, da ciò che ci allontana da esso. È la forza centrifuga di un triplo Toe-loop, dove il freddo ghiaccio si fonde con i caldi colori degli spalti, dove l’incognita dell’atterraggio instilla sottopelle dubbi e paure. È la forza centrifuga di una vita posta di fronte a nuove scelte, a nuovi scenari, dove l’enigma del futuro può intimorire, può spaesare.
Bisogna saperla maneggiare, questa forza centrifuga, torcerla e piegarla a nostro favore, plasmarla grazie alle esperienze, alle cadute e alle risalite. Ad insegnarcelo non può che essere Valentina Marchei, fino a poco tempo fa pattinatrice su ghiaccio olimpica, ora membro del team organizzativo di Milano Cortina 2026 e conduttrice di Eurosport.

Una donna che nel turbinio della propria esistenza, della propria gelida religione sportiva, è sempre riuscita ad atterrare in piedi, elegante e sicura, genuina e umana. Una professionista che, levati i pattini, è subito riuscita a reinventarsi, trovando tra televisione e scrivania il suo nuovo palcoscenico.
“Ai giovani atleti dico sempre che la parte più difficile non sarà cadere e rialzarsi, ma lasciare andare quello a cui loro attribuiscono la propria identità. Se c’è qualcosa che ho imparato è che non sono quello che faccio, non sono quello che ho fatto. Quando si interrompe la carriera sportiva il rischio sta nel credere di essere capaci di fare solo quello per cui si è sempre vissuti. In realtà attraverso lo sport si conosce tanto, si somatizza tanto, l’importante è trovare qualcuno che ti tiri fuori tutto questo”
E Valentina quel qualcuno l’ha trovato. Dapprima nel suo mondo, quello scintillante specchio ghiacciato popolato da lame e corpi danzanti, poi nel piccolo schermo e, infine, negli uffici a cinque cerchi lombardoveneti.
Una rimodulazione rapida, quasi impercettibile e naturale se osservata dall’esterno, ma vissuta intensamente da chi ha dedicato ogni giornata della propria vita, fin dalla tenera età, al perfezionamento di Lutz e Axel, alla messa in scena di muscolari opere artistiche.
“La chiusura del capitolo sportivo non è stata facile. Diciamo che mi sono trovata a dover smettere. Dopo il congedo di Ondrej Hotarek ero senza partner, ho provato a cercarne uno, ma per svariati motivi non ho trovato quello giusto. Nel frattempo ho preso parte al tour di ‘Holiday on Ice’, spettacolo itinerante dove ero la protagonista principale: arrivavo a fare anche tre show al giorno, mi sentivo una vera e propria cantante in tournée. Ho affidato a quelle esibizioni, a quella sorta di apoteosi personale, il mio commiato dal mondo del pattinaggio. Mi è sembrata la cosa giusta da fare: lasciare il mio primo grande amore abbracciata dal calore di un pubblico più che mai partecipe. Così, poco più che trentenne, ho deciso di passare dall’altra parte della balaustra”

Per fare quel salto, però, c’è bisogno di maturità. C’è bisogno, soprattutto, di un proposito. Non ci ha messo molto a trovare il proprio, Valentina, focalizzando la nuova sé stessa sul concetto di trasmissione: la trasmissione della propria eredità sportiva.
“Grazie alla Federazione ho iniziato subito il lavoro di competition manager, ho avuto la fortuna di collaborare anche durante la Finale di Coppa del Mondo di Torino. È stata un’esperienza che mi ha fatto rispettare profondamente tutta la macchina organizzativa che c’è alla base di questi grandi eventi. Gli atleti non si rendono conto di quello che accade attorno a loro: i tempi televisivi, i bambini addetti alla pista, le coperte al termine di un’esibizione, le richieste dei giudici… Tanti particolari che nemmeno mi sfioravano quando ero in attività. Da atleta hai un ruolo importante, certo, ma da organizzatore ne hai uno ugualmente rilevante: regalare un’esperienza alla community, al territorio, agli appassionati. Devi educare allo sport, devi educare ad una disciplina, esprimendone tutto il potenziale”
Per educare allo sport in maniera efficace, però, non basta un evento, per quanto evocativo e perfetto esso possa essere. Serve entrare nelle viscere dell’individuo, serve far comunicare la pancia e la mente di quelle stelle apparentemente intoccabili, inavvicinabili. Statue sempre sorridenti, eppure così vicine ad ognuno di noi, così vicine alle nostre debolezze, alle nostre sofferenze.
“Il programma di Eurosport ‘Giochi da Ragazze’ mi ha donato un compito comunicativo speciale. Per trasformarmi in inviata e andare alla scoperta delle Azzurre Olimpiche ho deciso di fare affidamento su ciò che sono, sulla mia forza empatica. Trovo sia importante infrangere il muro della mitizzazione, mostrare chi e cosa si nasconda dietro un’eccellenza sportiva. Questo format mi ha dato la possibilità di poter parlare genuinamente di temi come disturbi alimentari, fragilità, inclusione… Che tu lo chiami campione, idolo o eroe, prima di ogni atleta c’è sempre una persona: per questo è fondamentale sensibilizzare il grande pubblico, soprattutto le nuove generazioni, e scardinare quello stereotipo di perfezione obbligata amplificato dall’era social. Le icone sportive vanno umanizzate, in modo che i giovani possano riconoscersi in esse, in modo che possano emularle seguendo le loro scelte. E notate bene, parlo di scelte, non di sacrifici. Spesso le due parole non vengono associate: dietro ogni sacrificio c’è una precisa scelta, la scelta di tendere verso l’eccellenza”


Dai propri sacrifici, anzi, dalle proprie scelte, Valentina ha ricavato una carriera meravigliosa, con cinque titoli italiani di singolo in bacheca a cui, nell’incredulità generale, è riuscita ad aggiungere un sesto alloro dopo la scioccante migrazione nel circuito di coppia.
Fece scalpore la scelta di farsi accompagnare sul ghiaccio da Ondrej Hotarek, in molti la reputarono una follia. Una follia lucida, che spalancò alla Marchei le porte della seconda Olimpiade personale e che cambiò diametralmente la prospettiva, fino a quel momento divisa in compartimenti stagni, del pattinaggio artistico italiano.
“Da giovane mi sentivo una perdente. Non qualificarmi alle prime due Olimpiadi mi ha fatto male, ma mi ha anche permesso di crescere, di farmi innamorare dei cinque cerchi, di pattinare con il cuore. L’atleta non nasce maturo. Io ho sbagliato tanto, sono caduta davanti a migliaia di persone, ho vissuto un’epoca segnata indelebilmente da Carolina Kostner: una fuoriclasse nata per pattinare, una ragazza che portava in dote il talento dei talenti. Grazie a lei ho alzato la mia asticella, grazie a lei ho sfidato i miei limiti. Tutto questo mi ha permesso di comprendere il vero senso di quello che stavo facendo. Sono arrivata ad un punto in cui sapevo di aver tatuato l’olimpismo nel cuore, di averlo abbracciato con tutta me stessa, con tutta la mia dedizione: ecco, in quel momento ho capito che la mia Olimpiade, in fondo, l’avevo già raggiunta. Il percorso con Ondrej è stato un altro grande successo della mia carriera: prima della mia scelta alle pattinatrici era precluso il passaggio dall’individuale alla coppia, sembrava un tabù, invece ho dimostrato il contrario e ho fatto cambiare idea tantissimi detrattori”

Affascinante costrutto, l’olimpismo nel cuore. Una frase che Valentina espira a pieni polmoni, una frase che ha radici profonde nel fertile terreno familiare. Marco Marchei, padre classe ’54, è difatti un due volte maratoneta olimpico. Un esempio, un confidente su cui Valentina ha sempre potuto fare affidamento.
“Non sono mai stata la classica figlia d’arte che si vede schiacciata da un macigno. Mio padre mi ha insegnato a non pormi un obiettivo numerico, ad umanizzare quello che stavo facendo. Mi ha sempre tenuto la mano, senza dirmi cosa fare. “Se perdi il sogno, perdi il fuoco delle motivazioni”, questo è il suo mantra che tanto mi ha aiutata. Dopo aver smesso si è specializzato nel mondo editoriale, oggi guarda al mio incarico nel Comitato Organizzatore di Milano Cortina 2026 con un velo d’ironia. Quando l’ho avvisato mi ha detto: “È da quando sei alta così che dici di voler organizzare un’Olimpiade…”. Lui è una delle mie linee guida. Sono ben consapevole che la mia storia, in realtà, è scritta dalle tante persone che ne fanno parte: da allenatori, genitori, persino dai miei fratellini che mi aspettavano giocando alle macchinine negli spogliatoi del Forum. Declinare i miei venticinque anni di pattinaggio nell’aiutare a far funzionare un’Olimpiade tricolore è un sogno, ogni mattina ho voglia di alzarmi e venire in ufficio, proprio come ai tempi degli allenamenti. È un modo per convogliare tutto questo mio vissuto in qualcosa di concreto, in qualcosa d’importante”

È la forza centrifuga a spingerci fuori fuoco, dicevamo. Valentina Marchei fuori fuoco non è mai sembrata, sulla pista e all’esterno di essa. Un’ambasciatrice moderna, una giovane donna che dello stacanovismo ha fatto e continua a fare il proprio credo, che nei valori personali ha trovato il giusto mezzo per affermarsi in ogni ambito.
Non ha mai smesso di essere una professionista solare ed esemplare, Valentina, non ha mai smesso d’interpretare i ruoli più svariati, di sfidare gravità e giudizi, di volteggiare tra le note de La Traviata e le sale del Pirellone. L’ha fatto, però, sempre restando fedele a un preciso personaggio. Sé stessa.
Intervista di Gianmarco Pacione
Credits
Rise Up Duo
Dao
23 febbraio 2021
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