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Serhij Lebid’, il cross come inizio di tutto

Grazie a Karhu siamo riusciti a parlare con l’ucraino 9 volte campione europeo di cross country

Alcuni esseri umani segnano indelebilmente le proprie discipline sportive. Sono divoratori di medaglie e record, sono atleti capaci di dominare le proprie prestazioni, sono perfezionisti motivati da un’unica necessità, da un unico obiettivo che mai smette di essere fondamentale e primario: la vittoria. Serhij Lebid’, nato nell’ucraina Dnipropetrovs’k il 15 luglio 1975, è una di queste figure mitiche, di questi onnipotenti totem ammirati da ogni avversario, da ogni spettatore. Italiano e verbanese d’adozione, Lebid’ vanta 19 partecipazioni consecutive agli Europei di cross tra il 1994 e il 2012. Per oltre vent’anni ha letteralmente egemonizzato questa manifestazione, arrivando per 12 volte sul podio e conquistando 9 titoli (di cui 5 consecutivi). Grazie a Karhu abbiamo incontrato questo mito sportivo all’interno della Reggia di Venaria, durante gli European Cross Country Championships, durante il suo evento principe. Abbiamo parlato del valore del cross country e del periodo storico del suo Paese. Queste sono le sue parole.

Icon Collection Juventus
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“Il cross country rappresenta tutta la mia vita. È l’inizio di tutto. I bambini cominciano a correre su questi percorsi, anch’io ho iniziato così. Questa è una base imprescindibile per la corsa su strada e su pista. La presenza di un fenomeno come Ingebritsen ad ogni europeo di cross non è causale… Il norvegese partecipa a queste competizioni per preparare le gare che arriveranno nei mesi futuri, perché qui si preparare l’eccellenza del mezzofondo. Quando osservo manifestazioni come gli European Cross Country Championships ho un po’ di nostalgia e sento riaffiorare tantissime immagini, ricordi e momenti che ho vissuto grazie a questo sport. Per competere a questi livelli la mente conta tanto quanto il fisico. Quando corri in pista tutto è uguale, qui invece si alternano continuamente salite e discese: da un lato ti senti meglio, perché sei a contatto con la natura, la respirazione è come se fosse più pura e non rischi mai di annoiarti, dall’altro tracciati del genere costringono il tuo corpo ad enormi fatiche. Ricordo ancora quando vinsi il primo europeo e la settimana successiva partecipai ad una gara nel fango dove arrivai molto indietro in classifica… C’è bisogno di tempo per comprendere il fattore ambientale, per abituare i tuoi muscoli ad emergere dal fango e da terreni complessi. Io sono italiano d’adozione, ma vivo ancora in Ucraina, dove gestisco il mezzofondo per la Federazione del mio Paese. Per me è un periodo molto particolare, perché quando è arrivata la guerra tutto è diventato confuso. Tra sirene e missili non si realizza cosa sta succedendo, per il primo periodo è come se sentissi la guerra distante da te, ma poi capisci e finisci per abituarti ad un qualcosa di così negativo… Spero solo che finisca il prima possibile, stanno morendo tantissime persone”

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Credits:

Photo Credits: Rise Up Duo

Testo a cura di Gianmarco Pacione

 

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