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Sciare per divertirsi, sciare per stupire. Nicol Delago

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Tempo di lettura 5 minuti

Dalla Val Gardena a Pyeongchang, dalla Saslong a Tokyo, con il sorriso. Abbiamo intervistato la brillante promessa dello sci italiano

Gianmarco Pacione

18 dicembre 2019

È raro essere invasi da vibrazioni positive al primo scambio di battute con una persona. Con Nicol Delago, però, si entra immediatamente in un universo speciale, costellato di sogni e semplicità. Le sue parole sono accompagnate da una voce chiara, limpida, che fa trasparire nota dopo nota uno spartito sorridente.

Nicol è felice. Lo ribadisce più volte. Sta vivendo un viaggio inaspettato, fatto di neve, velocità e medaglie al collo. A soli 23 anni può già vantare una convocazione nella rassegna olimpica di Pyeongchang e due argenti mondiali, l’ultimo dei quali arrivato poco più di una settimana fa nel superG di Lake Louise.

Risultati figli di un talento cristallino e innato, naturale prodotto del sangue blu familiare. Risultati figli di un’attenzione costante all’allenamento, di una preparazione itinerante che sta forgiando, fortunatamente per il panorama tricolore, un’atleta destinata ad impattare sempre più prepotentemente sul panorama sciistico internazionale. Abbiamo provato ad entrare nel suo giovane mondo, partendo dall’amata Val Gardena, passando per il rapporto speciale con la sorella, giungendo agli obiettivi a cinque cerchi (e non solo) del prossimo futuro. Da dove nasce la tua passione per gli sci? Quanto hanno inciso i tanti esempi familiari? La passione per gli sci è nata in tenera età. Vivere in Val Gardena ha reso tutto naturale, mi sono avvicinata alle piste quando ero ancora piccolissima. In famiglia ho una grande tradizione: mio papà è maestro e allenatore, i miei zii hanno gareggiato anche in competizioni internazionali… Quindi è stato piuttosto facile e immediato entrare in contatto con questo mondo. Ci descriveresti il tuo rapporto con la montagna e, in particolare, con la Val Gardena? La montagna mi regala sensazioni uniche. Ho la fortuna di viaggiare molto e di vedere posti stupendi facendo quello che mi piace. Casa, però, resta il luogo più bello: in Val Gardena posso rilassarmi pienamente, ricaricare le batterie tra allenamenti e gare, godermi il fascino impareggiabile della natura incorniciato dalle Dolomiti. Cos’ha significato crescere al fianco di atlete del livello di Sofia Goggia e Federica Brignone? È stata una fortuna. Crescere al fianco di atlete forti e giovani, ma anche di atlete esperte, come la Franchini, ti dà un aiuto preziosissimo. Mi hanno tutte trasmesso tanto, sono state un traino nel mio processo di crescita, e lo sono tutt’ora. La cosa speciale, tra noi, è che i consigli non si limitano al lato tecnico, non si parla semplicemente di linee e di gesti da pista, si va oltre: coltivando la sfera psicologica e i rapporti umani.
Le tue specialità sono Super G e discesa: quando hai sentito che avresti potuto diventare una sciatrice di altissimo livello in questi ambiti? Mi è sempre piaciuta la velocità, la sensazione adrenalinica della discesa controllata. Il mio sogno, già da piccola, era arrivare a competere in queste specialità, provare piste nuove, sempre più complesse, che mi permettessero di vivere sempre più esperienze. C’è una sciatrice in particolare a cui ti sei ispirata? È inevitabile fare il nome di Isolde Kostner. Ricordo ancora quando ero giovane e vedevo festeggiare i miei compaesani dopo una sua vittoria. M’impressionava la quantità di gente che la seguiva, che la tifava attivamente e che si sentiva legata ad una grande campionessa. Altre sciatrici iconiche a cui m’ispiro sono la Vonn e la Kostelic: non hanno bisogno di presentazioni. Detto questo credo che si possa essere ispirate dalle grandi, ma che non si debba provare a copiare il loro modo di sciare. Ognuno deve trovare la propria sciata, magari attingendo piccoli dettagli da chi questo sport l’ha dominato a lungo. Dei tanti piazzamenti giovanili qual è stato quello che più ti ha emozionato? Sicuramente il primo bronzo ai Mondiali juniores di Hafjell, nel 2015, mi ha sorpresa. È stato un risultato emozionante e inaspettato: ho capito che poteva essere il punto di partenza da cui provare a puntare sempre più in alto. Com’è stato l’approccio al mondo dei senior? Le differenze dal mondo junior sono molte. Le piste sono nettamente diverse: si scia di più, ci sono più salti, la velocità è superiore… Tutte queste particolarità, però, mi piacciono molto, quindi le ho affrontate con serenità e determinazione. Parto sempre dal presupposto che ad importarmi realmente è solo lo scendere con gli sci ai piedi, tutto il resto, tutti i pensieri svaniscono una volta partita.
Come hai vissuto l’esperienza olimpica in Corea? Quali sono i ricordi che hai ancora vividi e cosa ti ha fatto emozionare di più? Già poter partecipare è stato un traguardo incredibile. La nostra squadra era fortissima, durante quei giorni ho avuto la fortuna di mescolarmi con culture diverse, conoscere persone nuove… L’esperienza olimpica è veramente unica. Dalle gare ho tratto degli insegnamenti di cui farò tesoro per tutta la vita: per esempio mi sono resa conto che in determinati punti del tracciato non si può vincere, ma si può perdere, sembra una banalità, ma non è così. Cos’ha significato per te l’argento nella Saslong, primo podio in Coppa del Mondo? Una giornata indimenticabile. Già gareggiare lì, a due passi da casa, era bellissimo. Poi si è tramutato tutto in un sogno, in una favola. Sono arrivate tutte insieme tantissime sensazioni nuove, una felicità incredibile che ho condiviso con persone che non sarebbero potute essere presenti altrove. Erano tutti lì a festeggiare un risultato assurdo.
Ti stiamo contattando dall’altra parte del Mondo, come e dove hai vissuto questi ultimi mesi? Nell’ultimo periodo mi sono allenata girando tutto il mondo. D’estate ho curato la parte atletica a casa, poi sono stata in Argentina, nelle montagne di Ushuaia, sono tornata un po’ in Europa e poi ho riattraversato l’oceano per arrivare negli Stati Uniti, a Copper Mountain. Tua sorella è un’altra grande promessa sciistica, qual è il rapporto con lei? Sono fortunata, posso condividere un’enorme passione con lei, e posso farlo ogni giorno. Viaggiare insieme è bellissimo, così come imparare l’una dall’altra, confrontarsi, avere sempre un dialogo aperto che possa permettere di darci una mano a vicenda.

Tennis ed equitazione sono gli altri sport della tua infanzia, sei ancora legata a queste due discipline?

L’equitazione, devo ammetterlo, l’ho un po’ persa di vista. Il tennis, invece, lo seguo ancora molto. Sono una tifosa di Sinner, sono anche stata al torneo di Ortisei per vederlo giocare. Spesso ci facciamo i complimenti a vicenda via social, mi ha sempre dato l’idea di essere un ragazzo umile, uno sportivo che può fare tanto. Negli ultimi tempi mi sto legando ad un’altra disciplina: l’arrampicata.

Obiettivi a breve e a lungo termine?

Sicuramente davanti a me ci sono due grandissime manifestazioni come i Mondiali di Cortina e le Olimpiadi di Tokyo: proverò ad affrontarle nelle condizioni migliori.

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