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Scatto fisso è sinonimo di design

A Copenaghen il ‘brakeless’ è un’ispirazione quotidiana. A spiegarcelo è Karl Tranberg

Forme pulite ed evocative. Sfondi urbani animati da oggetti rapidi ed eleganti, da pezzi d’artigianato minimalista. Nella capitale danese lo scatto fisso rappresenta molto più di un vezzo ciclistico. A rivelarcelo è Karl Tranberg, il designer che trasforma le proprie bici in opere d’arte da costruire e fotografare, in mezzi di trasporto da trattare come preziose e ispirate costruzioni personali. Vi portiamo all’interno del suo mondo, dei suoi ritratti, delle sue parole. Buona lettura.

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Come sei entrato in contatto con la bici a scatto fisso e perché hai scelto di utilizzarla?

A Copenaghen lo scatto fisso è stato molto popolare dalla metà degli anni 2000 fino al 2013 circa. Come tanti altri ragazzi sono stato ispirato dai film di MASH SF e ho trovato intrigante l’idea di potermi costruire una bici da solo e di riuscire a padroneggiare la totale assenza di freni. All’epoca avevo già un trascorso con la mountain bike (una Cannondale Caffeine hardtail da 26″, di cui sono innamorato ancora oggi), quindi è stato molto naturale provare questo diverso tipo di bici.

Durante un viaggio a New York, nel 2012, ho setacciato un numero infinito di negozi di biciclette, alla ricerca di una bici da pista o di un telaio da portare a casa: dopo lunghe ricerche ho finalmente trovato il mio telaio Masi Speciale Sprint nel retrobottega di Continuum Cycles, un accogliente negozio di biciclette nell’Avenue B ad Alphabet City.

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Che ruolo gioca questo tipo di bicicletta nel contesto urbano di Copenaghen e che tipo di comunità si è creata negli anni?

Copenaghen ha un’incredibile cultura ciclistica. La viabilità della città è in gran parte progettata a misura di ciclista e in molti luoghi le piste ciclabili sono più larghe delle strade. La normale conseguenza è che tutti possiedono una bicicletta e le piste ciclabili vengono spesso affollate da pendolari e turisti. Ciò significa che, guidando senza freni, hai una grande responsabilità, non puoi permetterti di mettere in pericolo l’incolumità altrui. Andare in bici a Copenaghen vuol dire anche scivolare giù dalle colline (nonostante ce ne siano pochissime), in quel caso in mezzo utilizzando la normale carreggiata. Qui, però, le cose si complicano: i conducenti non sono abituati a condividere la strada con i ciclisti e il risultato è spesso un caotico mix di clacson, frenate e imprecazioni…

Fatta eccezione per alcune riconosciute figure locali e alcuni testardi nerd (categoria di cui faccio parte), la scena dello scatto fisso a Copenaghen è stata praticamente in letargo per quasi un decennio. Al momento, tuttavia, stiamo riscontrando un crescente interesse che spero possa coincidere con un ripopolamento della comunità. Va detto anche che la scena attuale si presenta in maniera molto differente. In passato si mescolavano telai e ruote colorate per creare combinazioni divertenti, mentre ora le persone sembrano concentrarsi su componenti di qualità superiore e costruzioni più semplici, basiche.

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C’è anche un lato sportivo legato allo scatto fisso o è solo uno stile di vita?

Il mio interesse per lo scatto fisso si è concentrato principalmente sulla costruzione della bici e sul lato fotografico legato a questa passione. Il mio mezzo quotidiano (un vecchio telaio da pista in acciaio) mi vede affrontare molti chilometri, ma raramente vado a pedalare con kit tecnici. Mi è capitato di fare un paio di viaggi con un vecchio amico: ho raggiunto Skagen, la parte più settentrionale della Danimarca, attraversando la costa occidentale svedese, e Amsterdam.

Ad affascinarmi, ripeto, è più che altro l’idea di costruire qualcosa con le mie mani, un oggetto che possa portarmi a superare confini, ad esplorare nuovi territori. Durante il viaggio verso Amsterdam abbiamo tenuto ritmi elevati (una media di oltre 200 km al giorno su bici da pista molto appesantite). Ciononostante è stata un’esperienza fantastica. La prossima volta, però, non nego che mi piacerebbe optare per un massimo di 120 chilometri al giorno…

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Cosa rappresenta per te questo tipo di bici? Pensi che questo oggetto abbia anche un’anima artistica?

La bici a scatto fisso rappresenta per definizione il minimalismo ciclistico: è impossibile rimuovere un singolo componente della bici senza compromettere in modo critico la sua funzionalità complessiva. A Copenaghen studio Furniture and Object design: la mia ispirazione accademica si radica nel funzionalismo e nel minimalismo scandinavo-giapponese. Amo un tipo di design artigianale, visivamente leggero, e apprezzo quando la forma abbraccia la funzionalità. Adoro le linee semplici e pulite dei vecchi telai in acciaio e alluminio. Nutro una fascinazione particolare per la bici da pista, perché è di gran lunga la bici più facile da mantenere: la linea della catena è diritta e la trasmissione è più voluminosa per resistere a un enorme trasferimento di potenza, quindi è destinata a durare più a lungo. L’unica parte che sostituisco molto spesso nelle mie bici sono le gomme posteriori.

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Che ruolo gioca la fotografia nel tuo rapporto con le bici?

La passione per le bici è il motivo per cui ho iniziato a dedicarmi alla fotografia. Come può rivelare il mio feed di Instagram, agli esordi non sapevo assolutamente nulla sia di fotografia, sia della costruzione di biciclette. Ancora oggi ho così tanto da imparare… Ma rendersi conto di quanto si possa conoscere un oggetto vedendolo attraverso l’obiettivo di una fotocamera è stata una scoperta stimolante. Riflettere su quali angoli visivi funzionino e quali no, su quali componenti vaga la pena ritrarre e quanto possa essere bello un dettaglio come il logo di una corona visto da vicino… Credo di aver notato innumerevoli particolare sulle mie bici che, senza la fotografia, non sarei riuscito ad apprezzare così profondamente.

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Credits

Alberto Grasso
IG @alberto.grasso
albertograsso.com

Magnus Bang
IG @magnus_bang

Karl Tranberg
IG @fixiekarl

 

Intervista di Gianmarco Pacione

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