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Vita, morte e poesia. La boxe di Gabriele Tinti

La nobile arte del ring illuminata da statue antiche e versi raffinati, da Kevin Spacey e Deontay Wilder. Intervista al poeta che celebra sangue, sincerità e agonia

“Dietro boxe e poesia, in fondo, c’è sempre un grande desiderio di vita e di morte”

La boxe e la poesia, i giganti dei guantoni e i profondi interpreti dell’arte più pura e disgraziata. Gabriele Tinti unisce trasversalmente questi due universi di vita e morte, di successi e fallimenti, cantando gesta dal sapore primordiale, cristallizzando nei propri versi “una disciplina che trascende lo sport”.

Il poco più che quarantenne jesino del pugilato parla con rispetto e devozione, ispirato da una forma estetica e umana che gli ha permesso, negli anni, di scoprire intimamente i più grandi del quadrato, di avvicinarli e conoscerne grandezze, debolezze, precarietà mentali e umorali.

Se oggi Gabriele Tinti è un rinomato scrittore, poeta e critico d’arte, arrivato a vincere il Premio Montale nel 2018, un tempo era un ragazzino marchigiano affascinato dalla sapiente dialettica di Rino Tommasi e dalla ferina onnipotenza di Mike Tyson: “Faccio parte della generazione che ha assisto all’ascesa e alla caduta di Mike Tyson. La sconfitta con Douglas a Tokyo nel 1990 fu uno shock per me. Come molti parteggiavo per Tyson, per il diverso, l’escluso. Gli anni successivi ero troppo occupato a vivere e farmi del male per mettermi davanti al televisore. Misi da parte il pugilato per circa quindici anni. L’amore tornò prepotente quando vidi in diretta al Mandalay Bay di Las Vegas il match tra Diego Corrales e José Luis Castillo. Era il 2005. Al decimo round saltai sulla sedia. Fu l’epilogo più incredibile della storia del pugilato. In quel momento compresi come lo spettacolo del combattimento disciplinato, del “combattimento pacifico coltivato come arte” (Walter Pater), sia uno delle pochissime ritualità del mondo antico che sopravvivono tutt’ora nella loro purezza e intensità”.

Negli anni mutano i pensieri del giovane poeta, si affinano concetti e scrittura. La nobile arte torna a palesarsi nel vissuto di Tinti dopo un periodo di semplice trascuratezza. Lo fa in tutto il suo splendore, in tutti i suoi più reconditi significati: “Il pugilato è capace di stupirti profondamente – meravigliarti – come poche altre discipline. Vi riesce perché è una rappresentazione originaria, il dispiegamento di una esperienza esistenziale – ogni volta nell’accadere – irripetibile, di una realtà “vera”, di un mondo all’interno del quale non c’è in gioco soltanto il corpo, le sue affezioni, la carne ma anche l’intelletto, lo spirito, la così detta “cultura”. È lo spettacolo crudele, fatto di dolore e di amore, d’imprevedibilità e di gravità, di noia e di grandi emozioni”.

Tinti si avvicina sempre più al criptico universo del ring, si lascia affascinare da personaggi sparsi in Italia e nel mondo, ne assorbe energia ed emozioni. La sua è una ricerca di verità e paure, di miti e speranze; materiale da trasporre nelle proprie ispirazioni liriche, in componimenti che sempre più, nel corso del tempo, lambiscono guantoni, sangue e sudore: “Ho conosciuto un’infinità di pugili, allenatori, manager in tutti questi anni. C’è stato un periodo durante il quale non mi perdevo una riunione. Prendevo la macchina, lasciavo tutto e partivo. Tra loro non posso non ricordare Vito Antuofermo, pugile leggendario degli anni ’80, avversario di Hagler. Ci incontrammo a New York. Lo chiamai per partecipare ad una lettura che Michael Imperioli fece al Queens Museum of Art nel 2011 di un mio omaggio ad Arturo Gatti. Partecipò con generosità. Ci divertimmo molto. Persona enorme. Nei suoi incontri partiva lento, ne assorbiva tante, ma non indietreggiava mai. Nel cuore ho naturalmente anche Angelo Dundee, allenatore di pugili che hanno fatto la Storia di questo sport. Fu all’angolo di incontri come quello di Basilio contro Robinson; di Alì contro Liston, Frazier e Foreman; di Leonard contro Duran, Hearns e Hagler. Fu maestro capace di portare 15 dei suoi pugili a diventare campioni del mondo. Lo conobbi a Tampa in Florida. Aveva 90 anni quando lo incontrai e ancora non aveva rinunciato a cercare il nuovo peso massimo americano. Lo vidi all’opera in palestra. Faceva sentire i suoi pugili speciali, partecipi della sua “aura”, della sua sapienza. Chiunque gli si avvicinava ne diventava immediatamente un discepolo. Per lui, il grande patriarca, erano tutti “kid” o “son”.”

La poesia diventa per Tinti un ponte, una connessione tra due mondi distanti solo all’apparenza. Sfere legate tra loro da anni, secoli di epica e mito, idoli e rinnegati, innovazioni e cicatrici. I suoi componimenti coinvolgono, attraggono grandi volti del ring e del mondo dello spettacolo, li conducono di fronte ad opere d’arte antiche, come nel caso del ‘Pugile a riposo’: statua bronzea esposta al Museo Nazionale Romano. “I pugili sono un virus, un fattore di distruzione. Le loro vite e le loro opere vanno al di là della poesia e del sentimentalismo. Sono sangue, sincerità, agonia, spasimi. La loro volontà di tragedia ci conduce diritti all’unica meditazione che conti: quella sulla morte. Il pugile delle Terme è una delle opere d’arte dell’antichità più incredibili e spettacolari così come lo è stato il suo ritrovamento sulle pendici del Quirinale sotto le fondamenta di un teatro di prosa in via di demolizione. Entrando in relazione con questa reliquia quel che conta per noi – ciò che da sempre ci ha attratto –  è la “trascendente stanchezza” (Paolo Moreno) che vi trapela. Rappresentato dall’artista nell’atto di volgere il capo nel mentre qualcosa di speciale sta accadendo, il pugile è seduto, fortemente segnato da ferite profonde e da un copioso sanguinamento su tutto il lato destro del corpo. Non sappiamo con certezza che cosa significhi quel volgersi del capo: è forse l’ascolto del verdetto del giudice? O una nuova chiamata al combattimento? È uno sguardo alla folla incitante? O forse una muta interrogazione a Zeus alla ricerca di una qualche risposta? Le numerose controversie scaturite nel tentativo di spiegare quel gesto hanno fondato tutto il mistero e la poesia, tutta la seduzione, dell’opera”.

Così ecco Deontay Wilder fermarsi a riflettere di fronte al suo antenato immortalato nel bronzo, ecco Kevin Spacey calarsi nell’interpretazione della poesia di Gabriele Tinti, riportando in vita per pochi, intensi minuti, la scultura greca del IV secolo a.C.: “Kevin Spacey è rimasto colpito dal testo e affascinato dall’idea di far parlare la statuaria antica. Credo abbia immediatamente percepito l’emozione e il trasporto della mia voce nel parlare di boxe, di poesia, d’arte, del “Pugile a riposo”. Spacey è un attore incredibile, capace di suscitare forte impressione negli spettatori utilizzando la parola parlata e pochi gesti, com’era nel teatro antico. È un maestro assoluto ma non sapevo fosse anche una persona generosa e sensibile. Non pensavo si preparasse in modo così rigoroso per la lettura, pensavo più ad un qualcosa di spontaneo e invece, il giorno dell’evento, si è presentato come se avesse calcato i palcoscenici fino al giorno prima, come se nulla fosse accaduto e dovesse filmare la scena più importante di un suo film. Un esempio di umiltà e di devozione alle proprie muse. La lettura poi ha rappresentato dieci minuti di magia assoluta. Siamo rimasti tutti a bocca aperta. Si è venuta a creare una convergenza di significati molto forte, una coincidenza rara tra vita e arte”.

Una convergenza molto forte anche quella tra il quadrato e l’arte, che Tinti ha magistralmente architettato e sostenuto nel corso degli anni, coinvolgendo pugili italiani e d’oltreoceano in eventi letterari, rendendoli protagonisti all’interno di gallerie e musei: terre potenzialmente ibride, dove cultura e sport possono incrociare le loro strade, arricchendosi reciprocamente.

In questo approccio evoluto agli scenari museali, trova spazio il nuovo progetto dello scrittore marchigiano: un’audioguida poetica del Museo Nazionale Romano, al cui interno si potrà trovare la lettura di Kevin Spacey dedicata al ‘Pugile a riposo’. “L’audio guida poetica rappresenta il coronamento della mia serie di letture dal vivo che verrà raccolta in un libro per Eris Press di Londra. È il primo esperimento al mondo in merito. In sostanza al posto di una spiegazione tecnica il pubblico può già ascoltare una mia poesia ispirata all’opera d’arte che ha di fronte. Una volta che il Museo riaprirà i visitatori potranno accedere ai contenuti presenti su una piattaforma web (www.ruins.cloud) tramite i QR code presenti in corrispondenza delle opere. Nel sito il pubblico potrà trovare i file audio con le letture in inglese di Marton Csokas e in italiano di Alessandro Haber. L’audio guida del “Pugile” riporta invece il video e un estratto dell’audio della lettura dal vivo di Kevin Spacey della scorsa estate. È stata questa l’occasione per tenere vivo quell’evento speciale durante il quale un grande attore si è fatto pugile dando lui voce”.

Gianmarco Pacione
Sources & Credits

 

 

Photo sources: 
Howard Schatz, @Howard Schatz & Beverly Ornstein

Video sources: https://vimeo.com/136822158
https://vimeo.com/136901648
https://vimeo.com/78818989
https://youtu.be/u-lOlc4CwLk

12 maggio 2020

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