Omar Visintin, lo snow come scienza inesatta

Fortuna e sfortuna, velocità e dettagli. Lo snowboard cross secondo un campione mondiale
“La cosa bella della fortuna e della sfortuna è che non sono sempre uguali, lineari… Continuano a mutare e sorprenderti. Nel cross sono componenti fondamentali: puoi allenarti come un mostro, puoi andare il doppio degli altri, ma se sei sfortunato non serve a nulla. L’importante, per quanto mi riguarda, è avere meno sfortuna possibile. La fortuna riesco a crearmela e non voglio vincere per la caduta di un avversario, voglio che dipenda tutto da me”
Lo snowboard per Omar Visintin è una scienza inesatta, un’arte sportiva che il classe ’89 di Merano ha imparato a conoscere, a sviscerare, a sublimare in una specialità, quella del cross, che lo vede da anni battagliare con i migliori al mondo.
Le sue gare sono adrenalinici viaggi tra neve e aria, tra curve e salti, sono una Formula1 umana, dove a motori e volanti si sostituiscono forza muscolare ed equilibrio. Spalla a spalla con gli altri temerari discesisti, lanciato ad oltre cento chilometri orari, il membro del Gruppo Sportivo Esercito danza insieme alla propria tavola sul ritmo dell’innevata ipervelocità, duellando con il tempo e la sorte.

Una disciplina atipica, il cross, una sorta di videogame estremo trasposto nella realtà invernale; una disciplina che Visintin ha incontrato al termine di un lungo periodo d’innamoramento con lo snow più canonico e conosciuto.
“Ricordo benissimo che i miei genitori mi portavano a sciare in settimana bianca. Un giorno ho visto questo attrezzo, mi è sembrato subito speciale. Abbiamo noleggiato una tavola e il Natale successivo me ne sono trovata una sotto l’albero: d’altronde non parlavo d’altro. All’inizio non conoscevo le discipline specifiche, ma mi piacevano le piste veloci, i salti, il freestyle. All’epoca c’era una grossa carenza di snowpark, quindi per divertirmi usavo le gobbe o costruivo piattaforme artigianali dietro casa. Il cross l’ho incontrato fortuitamente. Mi trovavo spesso senza qualcuno che potesse condividere con me la passione per questo sport, così i miei genitori mi hanno iscritto ad un corso. Il livello doveva essere avanzato, ma ero decisamente più bravo di tutti i ragazzini presenti, quindi il maestro mi ha consigliato di entrare nella sezione gare. Da lì è iniziato tutto e, dopo un periodo di transizione nello slalom, sono arrivato al cross”


Un approdo che in breve tempo vede arrivare lo snowboarder sul tetto del mondo della categoria Juniores, a Nagano 2009: successo evoluto pochi anni dopo, nel 2014, quando il meranese diventa il primo italiano a conquistare una Coppa del Mondo senior di cross.
Oggi, giunto alla piena maturità sportiva, con una bacheca ricca di medaglie e piazzamenti di assoluto pregio, Visintin insegue i cinque cerchi pechinesi con la tranquillità di chi ha compreso le proprie qualità, di chi vuole svilupparle ancora.
“Sono in una fase della carriera, della vita, in cui ho la consapevolezza di essere forte. È una sensazione che abbandono prima degli eventi, sarebbe controproducente, anche perché a certi livelli è impossibile affrontare una gara con leggerezza. Il nostro è uno sport fatto di tanti piccoli dettagli, di attenzione mentale, di situazioni e pezzetti che vanno collegati tra loro e allenati singolarmente. Ora posso dire, per esempio, di essere uno dei migliori nell’approccio delle curve e a fondo pista. Rispetto all’inizio della mia carriera, nella discesa raggiungo una velocità nettamente superiore: nel tempo mi sono allenato sul peso, e il peso toglie qualcosa in partenza, ma fa guadagnare molto lungo il tracciato. In questo momento mi sto divertendo, come sempre, credo sia fondamentale per andare avanti al massimo e prepararsi al meglio per le grandi competizioni”

Visintin si sente fortunato, ammette candidamente, fortunato nel poter vivere la propria passione come un lavoro. Contemporaneamente sente la necessità di valorizzare una disciplina che gli ha dato e gli sta dando moltissimo, di mostrarla al grande pubblico italiano, di tramandarla alle nuove generazioni. Dinamiche che potrebbero trovare una chiave di volta nell’appuntamento tricolore di Milano-Cortina 2026.
“Vorrei che il cross avesse più visibilità, che il movimento crescesse più esponenzialmente. Abbiamo molti giovani atleti forti, ma c’è carenza di allenatori, di strutture. Qui in Alto Adige, per esempio, non c’è niente. Un giorno m’impegnerò personalmente nel cambiare le cose, ma ora non posso permettermelo, ora devo pensare a fare l’atleta. Nel futuro c’è anche l’appuntamento di Milano-Cortina: io sicuramente continuerò fino a quei Giochi Olimpici Invernali, che spero siano una vetrina importante per il cross italiano”

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