Una boxe più forte del tempo, Matteo Signani

La guardia costiera che, a 43 anni, sogna Canelo da campione europeo dei pesi medi
“Tornassi indietro rifarei ogni sacrificio. Non solo, proverei ad allenarmi ancora di più”
Il tempo può essere sconfitto dal duro lavoro. Il tempo può andare ko tra sacchi e guantoni. Il tempo può essere cristallizzato da una cintura europea. Il tempo. Per Matteo Signani questo fattore sembra non avere peso, sembra, anzi, evolversi verso una direzione contraria a quella comune.
“Non ho mai mollato, ho sempre tenuto botta anche dopo aver mancato la prima chance europea. Nessuno sgarro, massima serietà. A 40 anni, poi, ho realizzato il mio sogno, conquistando la cintura continentale. Adesso, dopo le due difese, mi sento molto più forte di una decina d’anni fa, sotto tutti i punti di vista. Faccio una vita ritirata, ho una casa in campagna ed alterno il lavoro alla boxe. Rispetto a un tempo mi servono tre, quattro ore in più per recuperare dagli allenamenti. Ma non è un problema, basta andare a dormire prima…”
Un monaco tibetano sulla Riviera Romagnola, un esempio di disciplina ferrea a pochi passi dalle spiagge regine della movida e della perdizione italiana. Affacciata su quel Rubicone pregno di storia, l’esistenza del ‘Giaguaro’, questo il suo soprannome, si fonde con i guantoni da quasi tre decadi, da quasi 40 match professionistici.

Un incontro, quello con la nobile arte, tanto casuale quanto necessario, avvenuto in una banale giornata degli anni ’90, in un classico pomeriggio di tedio adolescenziale nei pressi della casa familiare di Savignano.
“Ero un ragazzo iperattivo, facevo molti scherzi ai vicini di casa. Un giorno uno di questi, stufo delle mie bravate, mi consigliò di andare a tirare di boxe. Avevo 14, 15 anni. Poco tempo dopo finii davanti al mio primo maestro, Vasco De Paoli, nella palestra di Santarcangelo. Ricordo ancora l’ingresso, l’atmosfera, la sala piena zeppa di pugili. Il maestro mi accolse chiedendomi cosa ci facessi lì, io gli risposi che volevo diventare campione del mondo. In fondo credo che ognuno abbia uno sport dentro di sé, il mio era il pugilato. Da quel momento questa passione ha solo continuato a crescere, continua a farlo ancora oggi… E quel bambino non ha fatto altro che dedicare tutto sé stesso alla nobile arte”
Dopo 7 titoli italiani, il raggiungimento del prestigioso titolo europeo dei pesi medi è parso un premio alla carriera, al temperamento, all’applicazione di un bambino cresciuto saltando incessantemente la corda, di un uomo devoto al ring, pronto a sottostare ad ogni sua richiesta, ad ogni sua imposizione.

Appaiare miti come Tiberio Mitri e Nino Benvenuti. Farlo con umiltà e semplicità, rifuggendo divismo e forzati eclettismi. Soprattutto riuscirci lavorando.
Matteo Signani, difatti, non è solo un boxeur, ma anche una guardia costiera della capitaneria del porto di Rimini. Strano a dirsi nel tempo dei Canelo e Joshua, degli incontri farsa tra youtuber e vecchie glorie pensionate, delle borse astronomiche connesse a strapotenti divinità e tristi siparietti pugilistici.
“Per combattere ricevo un semplice rimborso spese. È la dura e cruda realtà. La boxe è molto cambiata dagli anni ’80, quando per un titolo europeo si potevano ricevere borse da centinaia di milioni di lire… Fortunatamente ho un lavoro che mi ha sempre permesso di coltivare questa carriera. Sono entrato nella guardia costiera molto presto. Ero ancora minorenne quando un signore mi consigliò di provare il percorso da incursore della Marina Militare. Feci firmare una domanda anticipata a mia madre e andai a La Spezia, dove mi classificai primo su quattromila partecipanti alle prove. Per colpa di un setto nasale deviato dalla nascita, dovetti accettare un percorso diverso e mi ritrovai nella capitaneria di Imperia. La vita era bella, l’impegno mi permetteva di proseguire con la boxe e decisi di annullare la mia richiesta per diventare un incursore. Fu anche un generale a convincermi, dicendomi: perché vuoi fare 12, quando hai fatto 13?”

Matteo Signani potrebbe fare 13 in un prossimo futuro misto di utopia, sogni e irrealtà. Il campione europeo dei medi, cintura unica al contrario di quella mondiale, potrebbe toccare un nuovo apice andando oltreoceano e incrociando i guantoni con l’onnipotente messicano Canelo Álvarez.
Una suggestione, un’idea con qualche fondamento: due, per l’esattezza, come gli incontri vinti ai danni del giovane Maxime Beaussire, nell’ostile territorio francese, e di Ruben Diaz, eterno saggio del ring domato al PalaEUR di Roma: striscia aperta di difese positive che potrebbe condurre il 42enne romagnolo su palcoscenici inattesi, dal sapore mondiale.
“Se mi offrissero un match mondiale con Canelo andrei a nuoto a New York… Ovviamente lo dico ironicamente, ma tutto quello che sto aspettando è semplicemente una promessa. Se mi dovessero chiedere di fare un’altra difesa del titolo europeo per poi tentare l’assalto a quello mondiale, lo farei senza problemi. In pochi hanno creduto in me e io ho sempre affrontato tutto passo dopo passo, tattica dopo tattica, battaglia dopo battaglia. C’è una vita intera dietro alla mia boxe. Quell’incontro la eleverebbe”
Credits
Foto di Matteo Signani
IG @matteosignani
matteosignani.com
Testo di Gianmarco Pacione
Video Youtube
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