Matteo Eydallin, lo sci alpinismo è gloria nell’ombra

Atipico, vincente, longevo. Il 35enne campione del mondo che vive lo sci a modo suo
“Lo sci alpinismo ha un’innegabile componente storica. Amo le grandi classiche proprio per questo, perché lambiscono luoghi mitici, evocativi. Quando ti trovi ad affrontare un Mezzalama, per esempio, senti di affrontare qualcosa di più di una gara. È come il Galibier nel Tour de France, percepisci un alone di leggenda, di romanticismo”
La personalità di Matteo Eydallin è unica nel suo genere. Semplice e cordiale, franco e genuino, ci parla da una casa di montagna (da dove, altrimenti), alternando attimi di profonda riflessione a frasi canzonatorie nei confronti di sé stesso, nei confronti di un mondo, quello dello sport d’alto livello, costretto spesso a prendersi troppo sul serio.
È un atleta lontano dall’ortodossia, ‘Steppen’, il guardiano delle steppe innevate, lontano da canoni imposti e ricerca di popolarità. Difficile aspettarsi il contrario da un uomo che della montagna riesce a sconfiggere asperità ed enigmi, da un uomo che sulle cime dialoga da quasi un ventennio con la fatica e la velocità, spesso dominandole.

Pluricampione del mondo, a 35 anni compiuti è lui la figura di riferimento dello sci alpinismo italiano, uno status certificato dalla recente vittoria del mondiale individuale, ciliegina sulla torta di una carriera tanto gloriosa, quanto poco celebrata dai grandi media.
“Il Mondiale individuale era una competizione maledetta, l’ho inseguito per anni e, finalmente, sono riuscito a centrare questo risultato. Senza dubbio s’inserisce tra le mie più grandi soddisfazioni sportive, insieme al primo oro Europeo a coppie del 2009, dove a 23 anni ho capito che avrei potuto dire la mia ai massimi livelli, e al primo Mezzalama. Del riconoscimento pubblico non mi è mai importato granché, devo essere sincero. Certo, magari avrei potuto guadagnare di più, ma quella non è mai stata una priorità. Faccio parte del Centro Sportivo Esercito e questo mi permette di allenarmi e gareggiare professionalmente. Poi ho sempre apprezzato l’anonimato, fa parte del mio dna montanaro: stare nell’ombra può essere un valore”
E all’ombra del monte Genevris, nel piccolo comune di Sauze d’Oulx, Eydallin ha scoperto il proprio sci alpinismo, durante un’adolescenza votata all’esplorazione sportiva della limitrofa Val di Susa. Un avvicinamento casuale, quello alla specialità contaminata da pelli di foca, figlio dell’innata capacità di resistenza e della spiccata inclinazione alle pratiche di endurance.
“Ero portato per l’endurance e da piccolo avevo sempre sciato, casualmente ho unito le due cose. Ricordo i primi gitoni, quando ci si alzava presto per partire da fondo valle, alla vecchia maniera, con dei compagni di viaggio legati ad un immaginario antico dello sci alpinismo. Mi ha subito colpito il fatto che non ci fosse un percorso preciso, delineato, che ci fosse uno spazio d’azione praticamente illimitato. Ancora oggi mi piace andare sulle cime, guardarmi attorno, orientarmi in mezzo alla natura. Nel tempo il rapporto con il mio sport è cambiato in meglio, se prima mi sentivo obbligato a fare determinati allenamenti, ora vivo tutto con maggiore serenità: se non ho voglia di fare una cosa, la faccio diversamente. Non m’impongo di stare fuori tre ore, se mi annoio faccio un giro più rapido; se mi sento bene, invece, sto fuori qualche ora in più. Credo dipenda dall’accumulo d’esperienza e dal fatto di credere in quello che si sta facendo, in quello che ti fa sentire bene. Sia chiaro, questo non vuol dire allenarsi male, vuol dire non seguire forzatamente dei canoni imposti”

Alla deriva sempre più scientifica della cura degli allenamenti, una deriva trasversale e ormai onnipresente nello sport moderno, Eydallin risponde con una visione opposta, legata a sensazioni e autocontrollo emotivo. Un modo di fare, un modo di essere, che ha regalato a quest’eccellenza piemontese un’insospettabile longevità, e che condurrà l’Alpino del Centro Sportivo Esercito fino a Milano-Cortina 2026: tappa fondamentale e immancabile, dove lo sci alpinismo esordirà davanti ai cinque cerchi decoubertiniani.
“Durante gli allenamenti non mi cronometro, non verifico tutti i giorni quanto impiego a fare una determinata salita, lo trovo controproducente. Con questo modus operandi mi tolgo molto stress di dosso: credo che questa sia la principale ragione della mia longevità. Non mi stufo, non sono psicologicamente stanco, non mi sono mai avvicinato al famoso punto di rottura. A Milano-Cortina arriverò sereno, sperando che il format olimpico non snaturi l’essenza del mio sport. Se sarò nella mischia ci proverò, altrimenti farò il tifo per chi mi sta più simpatico. Avrò quasi 40 anni, certo, ma sarò ancora pienamente concentrato sulla mia carriera sportiva, proprio come ora. Pensare al ritiro prima di quell’appuntamento storico è un mezzo modo per alzare bandiera bianca: non la alzi realmente, ma la tiri fuori e la prepari…”

Credits
Matteo Eydallin
@matteoeydallin
Foto di Maurizio Torri, Mattina Valmassoi & Skimostats
Testo di Gianmarco Pacione
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