Marco Tribelhorn, l’arte dello sci e l’arte per lo sci

Photo by ©Marco Tribelhorn
Le montagne sono muse ispiratrici, ci spiega il regista svizzero, ospite dell’ONA Film Festival
“Mi sento uno sciatore. E notate bene: non dico di essere una persona che scia, ma uno sciatore. Il concetto è molto diverso, dice tutto sul mio approccio a questa forma d’arte sportiva, è una definizione complessiva. Lo sci mi permette di avere una personale forma d’espressione, di mostrare quanta gioia e amore mi regalino le esperienze outdoor, di seguire una lunga tradizione familiare. Grazie allo sci riesco ad assorbire l’energia della montagna: è come se dipingessi su una tela bianca e, contemporaneamente, prendessi qualcosa da questo mondo unico per poi portarlo in quello normale, di tutti i giorni…”

Photo by ©Marco Tribelhorn

Left Self Portrait by ©Marco Tribelhorn; Right Portrait by ©Gaudenz Danuser
Quando parla dello sci e della montagna, Marco Tribelhorn si illumina in una risata che sa di passione, di venerazione, di simbiosi. Nato e cresciuto tra le vette svizzere, questo sciatore-filmmaker-musicista vede nella verticalità montuosa la propria totalizzante musa ispiratrice: un fulcro tematico e filosofico da cui s’irradiano le sue variegate produzioni, come “Next Stop Sneg”, il cortometraggio che verrà proiettato in occasione dell’ONA Short Film Festival.
“Questo film è un passion project. Tutto nasce dall’opportunità di andare in Siberia, in un luogo sconosciuto che per me rappresenta una sorta di eldorado. Nel 2019 sono stato invitato per uno ski trip in quest’area remota tra Kazakistan, Russia e Mongolia, lì ho assaporato la neve migliore di sempre e l’esperienza è stata resa unica dall’ospitalità di alcuni amici-rider russi come Kostya San e Grigory Korneev. All’epoca non avevo con me un’attrezzatura adeguata, così ho deciso di ritornare tra quelle montagne un paio d’anni dopo e di ricreare l’impressione d’incredulità che avevo provato vivendo quello spot”

Photo by ©Marco Tribelhorn

Photo by ©Marco Tribelhorn

Photo by ©Marco Tribelhorn
Anche incalzato, Marco evita di dare indicazioni specifiche su questo paradiso sciistico, rimanendo fedele ad una terra promessa dispersa nel tempo e nello spazio, ad un incontaminato luogo di culto che rasenta la leggenda. Il creativo svizzero ci parla di rispetto per un ambiente fantastico e surreale, raccontando delle ore spese tra treni, attese notturne e lunghe camminate: un infinito itinerario in cui incredulità, incognite e desideri si intrecciano per poi esplodere in orgasmiche sessioni di freeride.
“Non sapevo letteralmente dove fossi, non avevo linea telefonica o riferimenti geografici. I locali provano a tenere segreto questo luogo e io rispetto profondamente questa loro volontà. All’interno del film ho provato a narrare in maniera astratta tutti questi temi. Non volevo creare una produzione popolare, ma puramente artistica. Volevo essere onesto con il mio lavoro, comunicare le mie sensazioni senza renderle artificiose o corromperle con l’ormai tipica usanza comune di spettacolarizzazione del freeride. Mi piace cercare sempre vie alternative, sia per quanto riguarda le mie fonti d’ispirazione, sia per le mie creazioni artistiche. Cerco di seguire questa filosofia anche quando lavoro a contatto con sciatori professionisti: in fondo si tratta di celebrare l’amore per questo sport che, in realtà, è molto più di uno sport…”

Photo by ©Marco Tribelhorn

Photo by ©Marco Tribelhorn
Oltre a celebrare lo sci, la volontà artistica di Marco è racchiusa in una semplice frase: catturare la bellezza della vita attraverso suoni e visioni. Vision che persegue da una parte con le note della propria chitarra, dall’altra con gallerie visive che sublimano l’elemento naturale e il suo contatto con l’uomo, filone, quest’ultimo, che contraddistingue proprio il festival veneziano che lo vedrà protagonista.
“Crescere in Svizzera è stato un dono, mi ha permesso di coltivare varie passioni. E la loro combinazione è la mia forza. C’è una forza in me che mi spinge a creare cose. L’importante è che ogni creazione venga dal cuore e che l’osservatore o l’ascoltatore possano capirlo. “Next Stop Sneg” è un esempio tangibile di questo mio desiderio. Nessuno ha supportato o finanziato questo progetto, poi è arrivata la guerra e qualsiasi cosa collegata alla Russia è divenuta un tabù. Grazie all’ONA Film Festival ho finalmente l’occasione di condividere e mostrare questo film. Questo mi rende felice e mi fa capire che, nonostante tutto, ne è valsa la pena”
Video by ©Marco Tribelhorn

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