Lorenzo Dalla Porta, giovane fuoriclasse
Tempo di lettura 5 minuti

Abbiamo incontrato il fresco campione del mondo Moto3. Ci ha parlato delle sue origini, della sua famiglia e dei suoi sogni
Gianmarco Pacione
25 novembre 2019
Incontrare Lorenzo Dalla Porta è un piacere singolare. Il giovane ventiduenne di Montemurlo, paesino della provincia pratese, accoglie ogni domanda con il sorriso e la pacatezza di chi segue linee guida precise, evitando di snaturarle davanti alla crescente fama. Umiltà e consapevolezza. Non è presuntuoso Lorenzo, parla della sua vittoria mondiale in Moto3 concedendo all’ascoltatore di entrare, per qualche istante, nel puro vortice di emozioni che l’ha accompagnato da Phillip Island ad oggi; ripercorre i sacrifici di una famiglia che, solo qualche anno fa, ha investito tutto sulla passione del figlio, permettendogli di coronare un immenso sogno.
Abbiamo chiacchierato con il talento italiano all’interno dell’EICMA a Milano, principale catalizzatore fieristico per gli appassionati di motori nostrani. Ad ospitarci è stato lo stand LeoVince, storica eccellenza italiana, legata in questa stagione vincente proprio a Dalla Porta e alla Leopard Racing Team: all’interno dello stand stesso, non a caso, veniva orgogliosamente esposta la moto numero 48 appena salita sul tetto del mondo.
Ne è uscito un interessante ritratto, tratteggiato da una rara maturità e da una travolgente simpatia.

Com’è nato il tuo amore per i motori e come l’hai sviluppato da piccolo nella tua Montemurlo? In famiglia avevi qualche esempio da seguire o è stato un colpo di fulmine estemporaneo?
La passione è nata grazie a mio papà, il “babbo” da sempre è un cultore delle moto e ne aveva una quando ero piccolo. Lui e la nonna mi hanno regalato la prima minicross a 5 anni e, l’anno seguente, hanno deciso di bissare con una minimoto. Tutto è iniziato da lì.
Spesso hai elogiato l’umiltà della tua famiglia e i tanti sacrifici fatti per permetterti di correre. Cosa ci puoi dire a riguardo?
Devo ammetterlo, durante la mia maturazione motociclistica abbiamo vissuto momenti veramente difficili. Una caratteristica bella di mio papà è che quando vuole qualcosa non si arrende e me l’ha sempre dimostrato. Nelle stagioni buie lui si limitava a pensare al futuro. Il suo atteggiamento era sempre positivo: “Abbiamo queste tre lire, tiriamole e vediamo come va”, questa era la sua filosofia. Ci ha sempre provato e ci ha sempre creduto: a volte ci ha addirittura creduto più di me. Posso dire di aver ereditato da lui proprio questa positività. Come padre e figlio siamo tanto simili quanto diversi. Caratterialmente rispetto a me è molto aperto, ma mi rendo conto che più cresco e più gli assomiglio.
Sei stato ispirato da qualche pilota particolare durante la tua infanzia?
Sono cresciuto sempre con Valentino come punto di riferimento, mi è sempre piaciuta la storia alle sue spalle. Ora Marquez è arrivato ad un altro livello e un appassionato non può che ammirarlo. Chiaramente in MotoGP continuo a tifare Vale e gli altri italiani, ma è impossibile disprezzare o snobbare Marquez: a mio avviso è anche una grande persona, non nascondo d’ispirarmi a lui.
Il 48 è il tuo numero identificativo, divenuto famoso perché dedicato alla nonna. Ci racconti di questo tuo rapporto speciale?
Il 48 è l’anno di nascita di mia nonna, lei mi ha insegnato tanto, è sempre stata la prima tifosa e il nostro legame è indissolubile. A lei ho dedicato la vittoria del Mondiale perché purtroppo ci ha lasciato quest’anno. Nella prossima stagione in Moto2 continuerò ad omaggiarla prendendo il 19: il 48 difatti è stato ritirato per il tragico incidente occorso a Shōya Tomizawa, così ho optato per il numero legato all’ultimo anno trascorso insieme.


Quando hai percepito che stava avvenendo il grande balzo nella tua carriera?
Nel campionato italiano ho vinto subito al primo anno, poi tra il 2013 e il 2014 abbiamo avuto due stagioni di stallo perché non avevamo i soldi e i mezzi per pensare di vincere. Il grande step è arrivato nel 2015, quando sono passato al CEV e abbiamo fatto all-in investendo tutto quello che potevamo investire sotto vari punti di vista: ci è andata bene e nel 2016 sono riuscito a vincere il Mondiale. Grazie a quella stagione mi si sono aperte un sacco di porte.
9 settembre 2018 prima vittoria nel Motomondiale a San Marino. Cos’hai provato?
È stata una liberazione perché avevo appena rinnovato il contratto con Leopard e mi sentivo di dover fare un risultato: mi mancava da troppo tempo. Arrivare primo nei circuiti nostrani, poi, è sempre emozionante.
Qual è la tua sensazione nell’essere il primo italiano dopo 15 anni a vincere il titolo della classe leggera?
Sinceramente non sento molto questo risultato. Chiaro, sono contento e fiero, ma non tanto perché sono il primo italiano in vetta dopo 15 anni o perché sono il primo italiano della Moto3… Sono contento e fiero semplicemente perché ho realizzato un sogno.

Un Mondiale, quello di quest’anno, vinto grazie a quattro vittorie, sei secondi posti e un terzo posto. Qual è stato il segreto di questa costanza?
Durante questa stagione sono maturato psicologicamente. Ora cerco di tenere per me solo le cose buone, di vedere solo il positivo. Se mi arrabbio lo faccio per dieci minuti e poi torno a lavorare. Gli anni precedenti appena le cose cominciavano ad andare male mi buttavo giù e, inevitabilmente, le cose non potevano che andare peggio. Restavo lì a pensare e ripensare… Quest’anno mi sono accorto di questo limite e ho deciso di migliorarlo.
Tuo padre Massimiliano era visibilmente emozionato a Philip Island, dove hai messo il sigillo a questa stagione meravigliosa. Cos’ha significato questa vittoria per la tua famiglia?
Ha significato tantissimo, è un sogno per cui lottavamo e che volevamo da tanto tempo. Vi racconto questo aneddoto inedito: prima della gara alcuni giornalisti lo volevano intervistare, io ero seduto e osservavo la scena. Lui si è scusato ed è andato via senza dire nulla, poi si è girato verso di me e ho visto che stava piangendo. Gli ho detto “Che fai papà, piangi?”.

Hai scelto il team Italtrans Racing per la Moto2. Come ti approcci a questa nuova avventura?
Sono molto galvanizzato, tutti mi dicono che in Moto2 ci si diverte. I mezzi sono molto più potenti e, arrivato a questo punto, desidero calarmi in qualcosa di nuovo e stimolante.
Come vedi il tuo futuro nei motori da qui a dieci anni di distanza?
Bella domanda! Senza dubbio spero con qualche Mondiale in più in bacheca e, soprattutto, con qualche stagione alle spalle di MotoGP. In fondo è l’obiettivo di tutti i piloti.
Articolo di Gianmarco Pacione
Credits
Leopard Racing
IG Leopardracing
Thanks to
Leovince
IG leovinceofficial
Related Posts

Edoardo Cartoni, Genova è la mia California
Le onde sono attesa, condivisione e introspezione, ci spiega questo artista del longboard

Yannick Noah, di tennis, musica e libertà
Dal Roland Garros ’83 al microfono. Grazie a Le Coq Sportif siamo entrati nel magico mondo di un mito del tennis divenuto cantante di successo

Carla Calero, lo skate come arte terapeutica
La skater spagnola che vive la tavola come forma di espressione collettiva e di equilibrio personale

Miko Lim, piccole storie per raccontare grandi mondi
Il regista e fotografo americano che sta segnando l’immaginario sportivo contemporaneo

Paul Guschlbauer, volare per ispirare
Il paraglider austriaco che con le sue imprese vuole meravigliare gli occhi e smuovere il coraggio altrui

Tra lana, moto e pittura, Tommy Lhomme
L’artista francese, maestro del tufting, che nei suoi tappeti sprigiona energia e sublima i motori

Marco Tribelhorn, l’arte dello sci e l’arte per lo sci
Le montagne sono muse ispiratrici, ci spiega questo regista svizzero, ospite dell’ONA Film Festival

Chris Eyre-Walker, l’avventura come ricerca personale
Il fotografo e filmmaker belga ci parla di natura, sport e dell’evoluzione della sua filosofia artistica

Il bestiario sportivo di Sébastien Vincent
Scopriamo l’immaginazione di questo fotografo francese

Luca Di Tomassi, un windsurf che va oltre la regata
Flussi e traiettorie, sicurezze e desideri olimpici. Il giovane romano futuro del windsurf tricolore