L’onirica urbanità sportiva di Mur0ne

Asfalto orizzontale, muri verticali, uno sport colorato ad unirli. Intervista allo street artist spagnolo
L’equilibrio tra design e pop art, tra asfalto orizzontale e muri verticali, tra mondi immaginari e associazioni oniriche. Mur0ne, nome d’arte d’Iker Muro, dal lontano 2002 ha trovato nel panorama urbano la propria tela vergine.
Nato a Bilbao, i suoi percorsi grafico-visivi hanno esponenzialmente popolato le città spagnole, arrivando rapidamente a migrare oltre i confini iberici. La produzione di questo street artist recentemente ha iniziato a confluire nell’universo sportivo e, contemporaneamente, ad attingere da esso.
In un momento di pausa da pennelli e vernici, abbiamo chiesto a Mur0ne di parlarci del suo percorso artistico, del suo legame con lo sport e di condurci all’interno di quegli scorci cittadini che ha saputo trasformare in opere uniche.

Come è nata la tua passione artistica e come si è evoluta nel tempo?
Disegno da quando ero bambino. Da adolescente ho studiato graphic design, poi ho combinato questa passione con l’universo dei graffiti di strada: questo connubio mi ha condotto a dipingere murales e viaggiare per il mondo. Da giovane non ho mai nutrito un interesse particolare per l’arte in sé, diciamo che i graffiti mi hanno portato, lungo gli anni, a scoprire e analizzare l’arte definibile come ‘più classica’.

Che ruolo ha avuto lo sport nella tua produzione artistica? A quali sport sei particolarmente affezionato?
Ho dipinto un campo da tennis un paio di anni fa e da allora non ho più smesso. Devo ammettere che non ho nessun legame particolare con sport come il tennis o il basket (altro tema spesso affrontato da Mur0ne ndr), da bambino giocavo semplicemente a calcio, come tutti i giovani spagnoli. Gli sport a cui sono realmente legato sono più che altro lo skateboard, il surf e lo snowboard.

Come si inseriscono i tuoi colori nei contesti urbani che scegli come tele?
Penso sia chiaro che i campetti su cui esprimo la mia arte non sono destinati ad un uso propriamente ‘professionale’. Di solito sono scuole o playground pubblici. L’interesse principale sta nel far scoprire ai singoli utenti (bambini e adolescenti) che esistono altri modi per intendere e vivere luoghi ‘funzionali’: modi che si possono trasporre, in grande, nell’approccio alle loro vite. Diciamo sempre ai nostri figli che devono essere medici o insegnanti, ma quando scoprono l’esistenza di un ragazzo che dipinge il suolo del cortile di una scuola e si guadagna pure da vivere, le teste di questi ragazzi ‘esplodono’.

Cosa ne pensi del rapporto sempre più intenso tra arti grafiche/visive e sport?
Design, illustrazione e arte sono da sempre mondi strettamente legati allo sport: basti pensare ai progressi nel design delle sneaker e alla connessione tra street art e tema sportivo. Suppongo che, grazie alla loro freschezza e intensità, questi media si connettano perfettamente: è per questo che, per esempio, i brand sportivi vogliono sempre più collaborare con gli street artist.


“Wall is my name” è la tua ultima pubblicazione. Ci diresti qualcosa
a proposito?
“Wall is my name” è il libro che raccoglie almeno 15 anni della mia carriera da muralista. Sebbene ci siano immagini anche precedenti a quest’ultimo lasso temporale (alcune ritraggono i miei primi graffiti di 20 anni fa), il fulcro del libro si concentra sui miei lavori più attuali. Abbiamo lavorato duramente per oltre un anno, raccogliendo immagini e progettando un libro che potesse avere molto peso e valore personale. Non potrei essere più felice del risultato raggiunto, trovo che il libro abbia un’anima propria.

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro? Abbiamo visto che la maggior parte dei tuoi lavori sono in Spagna, si espanderanno sempre più al di fuori del tuo Paese?
Certo, in questo momento per esempio sto viaggiando in Senegal. Ho avuto l’opportunità già in passato di realizzare un paio di progetti in Africa occidentale. Naturalmente sarò sempre pronto a dipingere oltre i miei confini.

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