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L’incredibile viaggio di Chris Boucher

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Tempo di lettura 3 minuti

A 19 anni era un lavapiatti di Montreál, oggi fa innamorare i Raptors e il mondo NBA

Nelle cucine del ristorante St-Hubert di Montreál un emaciato, lunghissimo giovane è chinato sul lavabo in maniera innaturale. Le sue lunghissime dita coprono il perimetro delle svariate stoviglie. A 19 anni Chris Boucher sta lavando piatti, bicchieri, posate: lo fa dalla mattina alla sera. Guadagna meno di 10 dollari all’ora e da tempo ha abbandonato la scuola. È il 2012. Oggi Chris Boucher sulle sue lunghe dita vanta 2 anelli NBA e alle cucine del St-Hubert ha sostituito il parquet della Scotiabank Arena.

Una storia da film quella di Boucher. Fino ai 18 anni nella sua Montreál non viene neanche sfiorato dall’idea di giocare a pallacanestro. Inizia per caso, spinto da amici che lo invitano al campetto e lo iscrivono, a sua insaputa, a tornei amatoriali locali. Un ragazzo di quasi 210 cm fa sempre comodo, in fondo, anche se poco abituato al pallone in mano.

Boucher oltre ad arti infiniti ha qualcos’altro di speciale: corre il campo splendidamente. Stretto nelle sue spalle viaggia da canestro a canestro in un battito di ciglia, le sue leve macinano metri ad altissima velocità e lo portano a concludere ad altezze proibitive, scioccanti per i dopolavoristi al suo fianco.

Durante un torneo estivo Boucher viene notato da Loic, storico recruiter locale, che a distanza di qualche tempo ha ricordato così quell’improbabile visione: “Non dovevo nemmeno essere lì ad osservare quella partita, dovevo essere a casa. Da una parte c’era una squadra organizzata, dall’altra un gruppo di ragazzi senza allenatore in cui spiccava questo corpo fuori dal normale. Un ragazzo alto, atletico, che non riusciva a smettere di essere intenso anche sul -40. Ho chiamato immediatamente mio fratello, gli ho detto che avevo trovato una gemma. Ho chiesto informazioni e i suoi amici mi hanno consigliato di contattarlo su Facebook”.

CJ Slick. Il profilo di Boucher si presenta con questo strano nomignolo agli occhi di Loic. “CJ sta per Chris Joseph, – gli risponde Boucher – ‘Slick’, invece, è un soprannome che mi sono dato da solo. Nessuno mi ha mai notato in pubblico, nessuno ha mai badato a me, sono sempre stato fuori dai radar in qualsiasi contesto: ‘Slick’ simboleggia questo modo di sentirmi”.

Inizia così la vertiginosa scalata verso i parquet NBA del diciannovenne canadese. L’ingresso all’Alma Academy, poi il passaggio in terra statunitense al New Mexico Junior College prima e a Nortwest College poi, infine la rinomata Oregon, dove trascorre due anni con i ‘Ducks’. Tutto così veloce, tutto così inaspettato, tutto così naturale.

Nel marzo 2017, a pochi mesi dal Draft NBA, si rompe il crociato: primo grande stop in quella che sembra una non trafficata autostrada per il paradiso. Entra nella lega di Adam Silver dalla porta di servizio, firmando un two-way contract con gli Warriors. Nell’Eldorado di Oakland appare solo una volta, ma tanto gli basta per infilarsi il primo anello al dito. Nell’estate 2018 stringe lo stesso accordo contrattuale con i Raptors, ritornando in terra canadese. Dopo aver dominato la G League, viaggiando a 28 punti e 12 rimbalzi di media, viene integrato a pieno titolo nel roster di Nick Nurse. A fine stagione gli anelli alle sue dita diventano due.

Nell’annata in corso Boucher è simbolo e immagine di una franchigia che, dopo un’estate inevitabilmente complessa, sta ripetutamente trovando punti di riferimento e protagonisti inttesi. Con i suoi 6 punti e 5 rimbalzi a partita, l’antilope di origini caraibiche sta confermando il suo status di giocatore in costante maturazione.

Il pubblico di Toronto non fa segreto del grande amore riservato al connazionale: le ovazioni della Scotiabank Arena ad ogni suo ingresso in campo, ad ogni sua tentacolare giocata difensiva, ad ogni alley-oop chiuso sono incontenibili.

Da lavapiatti a role player nella migliore lega del mondo, con due Larry O’Brien Trophy alle spalle. Non è dato sapere dove condurrà il viaggio di Boucher: quello che è certo è che ‘Slick’ nei radar ci è entrato, e difficilmente ne uscirà.

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