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Leigh Wood come Jake LaMotta, quando il ko è una brutale opera d’arte

Sul ring di Nottingham la storia della boxe si è ripetuta in tutta la sua brutale meraviglia

Leigh Wood e Michael Conlan, Jake LaMotta e ‘Sugar’ Ray Robinson. Quanto visto a Nottingham nel match valido per il titolo mondiale dei pesi piuma WBA è stato una sorta di flashback, un evocativo e involontario omaggio a due giganti della nobile arte.

Icon Collection Juventus

12ª e ultima ripresa, il beniamino di casa Leigh Wood mulina combinazioni spinto dalla forza del coraggio, dal fuoco interiore tipico di chi è guerriero per nascita, per volontà del ring e della vita. Nella 1ª ripresa il pugile inglese era andato a terra, piegato malamente da un pungente gancio mancino dello sfidante irlandese. Era stato contato, era parso ad un passo dal baratro. Poi la fatica, un’enorme e ansimante fatica, seguita da una lenta e complessa reazione. Infine il capolavoro.

Sul suono della campana dell’11º round, là dove il tramonto della contesa sembrava avere già assegnato la cintura a Conlan, giunge la prefazione di un epilogo straordinario. Le gambe di Conlan si squagliano improvvisamente, al termine di una ferina e inspiegabile scarica di Wood. La danza tecnica del nativo di Belfast pare scioccata dal più inatteso degli scenari, da energie altrui che sfuggono alla comprensione umana. Conlan abbozza una protesta nemmeno troppo convinta, durante il conteggio sostiene di essere scivolato, poi rientra sommessamente all’angolo.

Pochi minuti dopo, nel cuore dell’ultima ripresa, la brutale meraviglia del pugilato. Wood, sospinto dall’impetuoso boato dei suoi concittadini, porta Conlan alle corde. I suoi guantoni scandiscono rapidi rintocchi funerei. Conlan prima perde conoscenza, poi rimane sospeso, o meglio, appeso in una posizione innaturale per un lunghissimo, crudele istante. Il tempo pare fermarsi e poi ripartire a velocità doppia, con il corpo di Conlan catapultato oltre le corde a peso morto, tra braccia e gambe della prima fila. È l’estasi, è l’orrore. È l’incredulità, è la preoccupazione.

Il nastro storico della nobile arte pare riavvolgersi e tornare al distante febbraio 1943, ad un oceano di distanza, quando un poco più che ventenne Jake LaMotta interruppe la striscia perfetta di 40 vittorie e zero sconfitte della sua eterna nemesi e antitesi del ring: l’uomo dai guantoni zuccherati, ‘Sugar’ Ray Robinson. A Detroit, quella notte, il ‘Toro del Bronx’ trovò l’antidoto al proprio “diabete” sportivo, come amava definirlo, scaraventando Robinson fuori del ring durante una ripresa, l’ottava, destinata ad entrare nella leggenda del pugilato.

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Ora, dopo le confortanti notizie riguardanti le condizioni di salute di Conlan, non si può far altro che ammirare le immagini di due ko distanti quasi un secolo, metterle a confronto, immergersi in analoghi momenti di ammaliante dolore. Perché in questi ko sono racchiusi significati e significanti di una disciplina unica, capace di rendere la violenza forma d’eleganza, capace d’innalzare la volontà di sopravvivenza a forma d’arte.

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