Left A Boy And Returned A Viking: storia di Kelechi ‘Kelz’ Dyke

Dall’Austria al Regno Unito, dal football americano a Netflix, la vita per ‘Kelz’ è sinonimo di sfida e crescita
“La mia intera vita ruota da sempre attorno al concetto di crescita. Mia mamma è nata in una ricca famiglia nigeriana, suo padre è morto quando lei aveva solo 17 anni, quindi le cose sono cambiate molto rapidamente. Ha incontrato mio padre, che viveva in Austria, si sono sposati e hanno divorziato quando avevo 4 anni. Improvvisamente mia mamma si è ritrovata da sola, senza saper parlare tedesco, e abbiamo faticato moltissimo. La vita ha continuato ad essere difficile anche dopo il trasferimento in Inghilterra: nei primi tempi abbiamo vissuto in un appartamento con una sola camera da letto… Per questo motivo non ho mai smesso di lottare, di provare ad ottenere di più e di spingermi il più distante possibile”
Gli antichi poemi epici raccontano di viaggi ed eroi. Definiscono figure, combattenti scolpiti nella pietra, tratteggiano la loro invulnerabilità e vulnerabilità, la loro superficialità muscolare e profondità interiore. Sono imprese atletiche e metafore di vita. Sono ostacoli e opportunità. Sono secolari nozioni che si riflettono e si ripercuotono in un presente digitale e vorticoso: il presente del giocatore di football americano e punto di riferimento del fitness Kelechi Dyke.

“L’Austria ha significato sfide. La Nigeria mi ha regalato il corpo, la genetica, la cultura e il comportamento. Se l’Austria per me è stata caos, la Nigeria è stata invece una struttura. Crescendo ero sempre da solo, ero l’unico bambino nero della mia scuola viennese. Sono molti i lati positivi dell’Austria, penso per esempio al sistema sanitario o alle gite nella natura, ma in questa nazione ho imparato anche a comprendere determinate forme di razzismo… Nessuno mi parlava e ricordo tanti piccoli, strani episodi negativi. Per questo mi sono concentrato solo sui voti e sul successo accademico. Mia mamma mi ha spinto verso il football americano, prima giocavo semplicemente a calcio. Amo gli sport di contatto, amo la sfida e ho amato fin dall’inizio l’idea di rendere popolare uno sport che fino a poco tempo fa era praticamente sconosciuto in tutta Europa. Ricordo ancora quando mi consegnarono il libro con tutte le regole, lo studiai da capo a fondo…”
Kelechi non menziona punti di riferimento o idoli sportivi. Quando pensa alla propria scalata nel football americano del Vecchio Continente, cominciata a Vienna, passata da Londra e ora tornata nella città che fu capitale del glorioso Impero Austro-Ungarico, questo atleta monumentale di oltre due metri di altezza non parla di stelle NFL, ma di valori. Gli stessi valori che prova quotidianamente a condividere sui propri canali social, mostrando gli effetti di una vita sana sul corpo e sulla mente. Gli stessi valori che l’hanno accompagnato in una giocosa esperienza lontana dai campi di football, nel format ‘Too Hot to Handle’ di Netflix.

“Quando esci dal nulla, l’unica cosa che puoi avere sono i tuoi valori: gentilezza e rispetto sono fondamentali. Dopo le esperienze vissute in Austria non sarei mai potuto diventare un bullo. Non ho mai avuto icone sportive perché ho sempre avuto a che fare con i problemi della vita vera. E non mi sono mai concesso il lusso di concentrarmi solo sullo sport: mentre mia mamma lavorava dovevo tenere d’occhio i miei fratelli, non potevo andare al parco a divertirmi… Senza soldi non è facile fare sport. Per me era ed è ancora importante affrontare e superare gli ostacoli quotidiani, per questo ho sempre apprezzato Arnold Schwarzenegger non come semplice sportivo, ma come uomo. Anche durante ‘Too Hot To Handle’ ho provato a restare fedele a me stesso, all’idea che non devi essere uno scemo per creare seguito sui social: questo non significa essere un leader e non significa influenzare nel modo giusto. Bisogna comprendere le persone, essere onesti e creare connessioni grazie alle proprie idee. È difficile, ma credo fermamente in questo proposito”
Dopo essere stato visto da milioni di persone e aver aumentato drasticamente il numero di follower, l’attuale giocatore dei Vienna Vikings non ha perso le distanze dalla realtà e dal suo significativo passato. Ha preferito al facile successo la meditazione, la lettura e la cura rigorosa di un quasi infinito arcipelago muscolare. Ecco perché suoi video non spuntano sigari, champagne e bella vita, ma risuonano gli echi di passioni pure come il calcio e il basket, la voglia di dominare ogni yard e il desiderio d’ispirare coscientemente. Come uno degli eroi descritti negli antichi poemi epici, come un Super Saiyan del tanto amato universo Dragon Ball. Perché proprio lì, nel punto d’intersezione tra realtà e immaginazione, passato e presente, trovano terreno fertile il mindset e la personalità di Kelechi Dyke: proiettati verso un futuro che vuole essere sia individuale, che collettivo.



“Tornerò a Vienna dopo tanti anni londinesi per chiudere un cerchio e per avere successo in un Paese a cui sono comunque molto legato. Ora voglio continuare a migliorare in tutto. Negli ultimi tempi ho scoperto la meditazione e mi sta aiutando moltissimo. Ho capito che è fondamentale stare nel presente, ed è ciò che provo a condividere con chi mi segue. Voglio diventare la migliore versione di me stesso e permettere ad altri di unirsi a questo processo individuale, evitando finzione e falsa positività. La mente sta giocando un ruolo centrale nella mia vita. Per esempio un tempo ero solo uno sprinter, ma ora amo allenarmi sulle lunghe distanze: ho fatto una fatica enorme, ma ho scoperto sensazioni incredibili quando ho corso per la prima volta le 5 miglia. Le lunghe distanze rendono la mia mente più ordinata, chiariscono i miei pensieri. Voglio anche affermarmi nel football americano, ma soprattutto essere una brava persona e prendermi cura della mia famiglia. Ho sempre letto gli anime, perché teorizzano percorsi che assomigliano in qualche modo al mio: insegnano che anche gli eroi possono fallire e che devono lavorare duro per ottenere il successo. Goku migliora continuamente perché deve combattere per la propria vita. Ecco perché mai smetterò di rivedermi nel suo personaggio”
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Testo a cura di: Gianmarco Pacione
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