Infrangere le regole, nell’arte e nello sport, con SupaKitch

“Nell’arte infrangere le regole è l’unica regola”. Abbiamo intervistato l’artista contemporaneo multidisciplinare Guillaume Grando a.k.a. SupaKitch. Abbiamo parlato della sua ispirata filosofia artistica e delle infinite influenze sportive che plasmano le sue opere e le sue emozioni.
Stabilitosi a Biarritz, patria europea del surf, questo poliedrico e rinomato creativo francese attinge dalle onde e da una profonda cultura sportiva per riflettere sulla società contemporanea.
Esplorate il suo universo e le sue parole.

Com’è nato il tuo rapporto con lo sport e come si è evoluto?
Ho iniziato a nuotare all’età di 6 anni. Mi ricordo che ero super impressionato da questa enorme piscina in questo luogo altrettanto enorme… Aveva l’aspetto di un’astronave aliena. Sembrava di essere catapultati in un altro mondo, dove i suoni e gli odori erano molto diversi. Poi ho praticato molti sport diversi come la scherma, il tennis, il judo, il calcio, la BMX, il basket, lo skateboard e il surf. Il tennis è stato il primo sport che mi ha realmente appassionato. Dai 9 ai 12 anni ho impugnato la racchetta, poi ho giocato a basket dai 12 ai 18 anni (ci gioco ancora con mio figlio…). Oltre al basket, mi sono avvicinato a graffiti e skateboard, cominciando a costruire rampe, a fare gare di downhill e a percorrere le strade di svariate città. Essendo un ragazzo multi disciplinare, ho anche iniziato a surfare durante le mie vacanze estive da adolescente. Solo nel 2012, mentre vivevo a New York, il surf è diventato uno stile di vita totalizzante. Oggi continuo a surfare il più possibile, mi alleno costantemente e, ultimamente, ho associato a questa attività anche la Pala (Pelota Basca) e la boxe.
Quando hai iniziato a combinare il tuo pensiero artistico con la tematica sportiva e qual è stata la scintilla che ha dato il là a questo rapporto reciproco?
Lo skateboard e/o il surf, ma anche il basket, sono delle sottoculture dove non c’è un confine, una separazione tra sport e arte. Sono cresciuto immerso in questi universi, in queste scene che hanno plasmato il mio modo di vivere, avvicinandomi alla musica, alla moda e all’illustrazione. Nel periodo adolescenziale ho scoperto la cultura hip hop, questa mi ha spinto a mettere in gioco le mie capacità artistiche. Ho iniziato a dipingere ovunque andassi con lo skate, in qualsiasi playground… Anche sui miei vestiti e sulle mie tavole. Tutti i miei amici mi chiedevano di dipingere le loro giacche o i loro jeans, all’epoca larghissimi. Vi ricordate quel periodo? Avevamo illustrazioni su tutti i pantaloni. Ironicamente la moda di oggi sta riportando in auge quella pratica! Ora penso all’arte tutto il tempo, da quando mi sveglio a quando vado a letto, compresi i momenti di attività sportiva. Amo essere in movimento e trasformare in arte quello che sto facendo o quello che vedo: è un po’ come lo slogan NBA degli anni ’90… I love this Game!


Ora sei a Biarritz, nota località di surf. Che tipo di ispirazioni ti danno questo ambiente e questo sport?
Biarritz è un posto perfetto per me. Dopo aver vissuto a NY e Parigi per 8 anni, qui ho davvero trovato un equilibrio. È ovviamente il surf che mi ha condotto in questo luogo e grazie all’esperienza maturata tra le onde ho deciso d’iniziare a lavorare la materia, qualcosa come 7 anni fa. Trascorrere tutto quel tempo in mezzo ad elementi naturali e materici ha dato il là ad un nuovo periodo di lavoro, in cui ho iniziato ad utilizzare le tecniche di fabbricazione delle tavole per proporre una pittura ‘acquatica’ e lavorare su ciò che penso sia più essenziale nell’arte: il movimento, il gesto, la luce, il colore e, appunto, la materia. Attraverso una sorta di ‘figurabstraction’, propongo dei dipinti-sculture, lavorando la materia per creare riflessi di luce che ricordino il movimento dell’acqua. Il mio obiettivo è portare lo spettatore a sperimentare la bellezza, l’energia e la calma dell’elemento liquido.
Nella tua serie ‘Flooded – The Tennis Courts’, il tennis rappresenta un mezzo per comunicare concetti sportivi e sociali. Campi e linee diventano metafore di regole effimere che possono essere infrante, di sistemi imposti che possono apparire disfunzionali e illusori. Quali altre riflessioni ci sono dietro queste creazioni artistiche?
Grazie per averlo notato! Nell’arte, la prima regola è infrangere le regole. L’idea di infrangere le regole non si applica solo al Tennis, ma anche all’intero sistema sociale. La presunta rigidità, grazie ad un cambio di prospettiva, può trasformarsi in dinamismo. La condizione di un campo da tennis allagato rende impossibile la pratica di questo sport e, quindi, trasforma il campo in un qualcosa di disfunzionale, in qualche modo inutile, a meno che non gli si dia una seconda vita come piscina, appropriandosene e rendendolo unico. Per dirvi veramente tutto riguardo questa serie, l’ispirazione è arrivata quando sono stato invitato da Lacoste a pranzo, per assistere ad una partita di Roland Garros. Le condizioni climatiche erano pessime e non ha smesso di piovere per tutto il giorno. La gara è stata annullata e l’unica cosa che ho potuto osservare quel giorno è stato un campo da tennis vuoto e allagato!
Hai accompagnato questa serie con una racchetta surreale. Cosa simboleggia questo particolare oggetto e che sensazioni ti evocano gli oggetti sportivi in generale?
Beh, amo l’oggettistica sportiva, che sia indoor o outdoor. In questo caso, però, gli strumenti sportivi sono metafore degli strumenti artistici. Con questa racchetta volevo rafforzare i concetti espressi dal campo allagato: invece di etichettare qualcosa come inutile, si può trovare un modo per riutilizzarlo, magari adattando anche i suoi strumenti. In questa serie ho illustrato questa metafora con un tocco di umorismo, trasformando una racchetta in una racchetta-rete!

Parlando ancora di oggettistica sportiva… È vero che sei particolarmente affascinato da quella vintage?
È vero, ho un sacco di articoli sportivi vintage a casa. Amo la palette di colori, i materiali e gli outfit dello sport vintage. Raccontano contemporaneamente storie umane e la storia in generale. Parlano del tempo, di un’epoca precisa. Mi piace pensare che un tempo si giocava a basket con un paio di Chuck Taylor o si surfava su grandi onde con una semplice tavola di legno. Si trattava di pura audacia! Il mio gusto nostalgico-romantico credo derivi proprio da questa passione. Detto questo, non ho paura di vivere il presente e di gustarmi tutto questo progresso tecnico. In realtà è super interessante e divertente associare oggetti contemporanei e vintage, soprattutto in termini di estetica.
Sei particolarmente affezionato a un evento/personaggio sportivo che hai visto o incontrato nella tua vita?
Volete una storia divertente? Ho giocato una partita a biliardo con Kelly Slater (11 volte campione del mondo di surf) mentre era nella cittadina francese di Hossegor per una gara. È stato del tutto casuale. Lui certamente non si ricorderà di quel momento, ma io avevo solo 16 anni, quindi lo ricordo molto bene! Seguo da sempre la World Surf League e sono stato così entusiasta della sua vittoria nel Pipeline Master la settimana dei suoi 50 anni… È stato un grande momento. Ho anche fatto i tatuaggi di Benoit Paire e Pauline Parmentier e ho incontrato un sacco di professionisti del surf e dello skateboard. Mi piace andare al Roland Garros, ai concorsi ippici di mia figlia e alle partita di basket di mio figlio. E quando sono all’estero, non mi perdo mai una partita NBA!



C’è qualche altro artista particolarmente legato alla tematica sportiva da cui trai ispirazione?
Beh, non mi sento ispirato da un artista in particolare. Anche se devo ammettere di essere molto legato ai lavori di Pierre Soulages e degli espressionisti astratti come Mark Rothko, Cy Twombly o Jackson Pollock… Sono per lo più ispirato dalle mie esperienze e dalle mie sensazioni. Viaggiare e stare all’aperto, per esempio, mi ha ispirato molto. Essere in movimento mi ispira molto. Non so bene come spiegarlo, ma muoversi, in senso lato, come camminare, andare sullo skateboard, correre, essere sul treno (dove mi trovo attualmente), volare su un aereo, navigare su una barca e soprattutto cavalcare una tavola da surf mi ispira molto. Se ci pensate, fare surf significa essere in movimento su una superficie che è anch’essa in movimento. È una sensazione unica!
A proposito di acqua, in ‘Same but Different’ e in alcune altre tue opere, questo elemento assume un ruolo chiave. Che valore ha per te l’acqua e come cerchi di declinarla all’interno delle tue opere?
Trascorro molto tempo a contatto con questo elemento. Amo stare in acqua. È una grande fonte di energia e allo stesso tempo mi rilassa molto. È un luogo dove posso divertirmi e disconnettermi, pensare e meditare. Mi faccio facilmente ipnotizzare dal riflesso e dalla rifrazione della luce del sole nell’acqua. Essendo una materia liquida, l’acqua è sempre in movimento. È una materia libera, che va a spargersi se non viene contenuta o vincolata, il che alimenta moltissime metafore. Non dimentichiamo poi che siamo acqua al 65% e il nostro pianeta è per il 70% acquatico. E anche se non voglio che il mio lavoro sia politicamente o ecologicamente impegnato, mi piace il fatto che la gente possa essere in un certo senso sensibilizzata dalle mie opere. È importante comprendere quanto sia fondamentale l’oceano, vero polmone del nostro pianeta, e quanto l’industria della pesca lo stia distruggendo. Mi piace che l’osservatore si interroghi sul nostro futuro. L’acqua è vita. È dove tutto è iniziato!

Ora stai lavorando su nuovi progetti?
Ci sono alcune mostre e grandi collaborazioni in arrivo, al momento sto lavorando sullo spingere il mio lavoro ancora un po’ più oltre, ancora uno step avanti!
SupaKitch
@supakitch_
Testo di Gianmarco Pacione
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