Segnò il primo canestro olimpico femminile e venne selezionata al Draft NBA, poi sparì nel nulla. La storia di Lusia Harris e della sua maestosa pallacanestro

La notte degli Oscar di LA ha visto trionfare nella categoria dei cortometraggi documentaristici la pellicola ‘The Queen of Basketball’.

Prodotto, tra gli altri, da mostri sacri della pallacanestro maschile passata e attuale come Shaquille O’Neal e Steph Curry, questo documentario diretto dal regista canadese Ben Proudfoot narra la vita e le imprese dimenticate di Lusia Harris.

Nata nel profondo Mississipi e cresciuta spezzando il polso insieme a sei fratelli nei pressi di un logoro canestro casalingo, ‘Queen Lucy’ lungo gli anni ’70 ha letteralmente cambiato il modo d’intendere la pallacanestro femminile.

Oltre un metro e novanta d’altezza, mani morbide ed educate, uno strapotere fisico bilanciato da una naturale eleganza: queste caratteristiche ante-litteram sconvolsero l’ambiente sportivo USA e videro il suo college, la minuscola Delta State University, ergersi a invincibile cenerentola nel panorama nazionale.

Il successo e la fama della Harris raggiunsero l’apice durante le Olimpiadi di Montreal 1976, quando l’appena 21enne centro mise a segno il primo canestro nella storia della pallacanestro olimpica femminile, e l’estate seguente, quando venne selezionata al Draft NBA dai New Orleans Jazz. All’epoca, difatti, non esistevano leghe professionistiche femminili e ‘Queen Lucy’ fu ritenuta all’altezza dei propri colleghi maschi.

Lusia decise però di rifiutare l’opportunità NBA, d’interrompere la sua carriera cestistica e di allenare nella sua città natale. In pochi anni il suo nome cominciò a svanire nel nulla, risucchiato da una tranquilla esistenza vissuta nei panni di madre ed educatrice.

Dopo decenni d’incomprensibile anonimato, l’induzione nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame restituì solo una piccola parte di quanto dovuto a questa pioniera della pallacanestro. ‘The Queen of Basketball’ fa luce su questa straordinaria storia di sport finita nell’oblio, ripercorrendo la biografia di Lusia attraverso le sue parole. Il documentario distribuito dal New York Times è un vero e proprio testamento di una gigante della palla a spicchi, reso ancora più significativo dalla recente scomparsa della Harris. Ve lo proponiamo pochi giorni dopo averlo visto premiato sul palco del Dolby Theatre. Buona visione.