Benvenuti nei mistici luoghi dove tutto si tinge di Rosa
Alle pendici delle Tre cime di Lavaredo l’aria è rarefatta. Le nubi vanno e vengono: sprazzi di sole, poi qualche goccia, poi ancora sole. Dal rifugio Auronzo si sentono urla riecheggiare in valle, ogni tanto arrivano anche dei boati e viene da chiedersi cosa stia succedendo dato che al passaggio dei ciclisti mancano ancora parecchie ore.
Scendendo lungo il percorso della tappa si può notare chi è già organizzato con tende montate, griglie fumanti e birre ghiacciate; in tanti scrivono il nome del proprio idolo sulla strada; qualcuno riposa sull’asfalto, stremato dopo aver conquistato la salita che tra poche ore vedrà protagonisti gli eroi del Giro; altri cantano e brindano in compagnia. Tutti si sentono a casa, come vivessero da sempre ai bordi di quella salita. Provando a chiedere cosa porta una persona a seguire un evento itinerante che dura tre settimane come il Giro d’Italia, prendendo pioggia, sole e vento, le risposte che ricevo sono perentorie e riassumibili in una singola frase: “è così che mi sento vivo”.








Alle pendici delle Tre cime di Lavaredo l’aria è rarefatta. Le nubi vanno e vengono: sprazzi di sole, poi qualche goccia, poi ancora sole. Dal rifugio Auronzo si sentono urla riecheggiare in valle, ogni tanto arrivano anche dei boati e viene da chiedersi cosa stia succedendo dato che al passaggio dei ciclisti mancano ancora parecchie ore.
Scendendo lungo il percorso della tappa si può notare chi è già organizzato con tende montate, griglie fumanti e birre ghiacciate; in tanti scrivono il nome del proprio idolo sulla strada; qualcuno riposa sull’asfalto, stremato dopo aver conquistato la salita che tra poche ore vedrà protagonisti gli eroi del Giro; altri cantano e brindano in compagnia. Tutti si sentono a casa, come vivessero da sempre ai bordi di quella salita. Provando a chiedere cosa porta una persona a seguire un evento itinerante che dura tre settimane come il Giro d’Italia, prendendo pioggia, sole e vento, le risposte che ricevo sono perentorie e riassumibili in una singola frase: “è così che mi sento vivo”.







Al passaggio dei corridori professionisti tutto è enfatizzato. È sin dalle prime luci dell’alba che si incita a voce chi sta salendo, ma quando quelli che salgono sono gli eroi del Giro, oltre alle urla si aggiungono anche trombette, clacson artigianali, fischietti, campanacci delle mucche e qualsiasi oggetto possa fare un casino infernale. Ognuno dei presenti vuole dare man forte a chi sta lasciando tutto ciò che ha su quei pedali.
A questo punto della Tappa – pochi km all’arrivo – l’obiettivo della vittoria è un lusso che possono permettersi in pochi, quindi per gli altri l’aspirazione è arrivare in cima. Esattamente come i tifosi saliti in bici qualche ora prima. E qui il cerchio si chiude: tutti hanno visto la gara, tutti hanno fatto la stessa salita dei Pro, tutti hanno partecipato nelle ore antecedenti e tutti hanno urlato al passaggio di tutti i ciclisti. Migliaia di persone assiepate sullo stesso versante della montagna estasiate dallo spettacolo che offrono i ciclisti e la natura che li circonda.




Spesso, quando si assiste ad un evento sportivo, viene talmente tanta voglia di partecipare che una volta finito l’evento ci si chiude in palestra per buttar fuori quel desiderio. Quando si assiste ad una gara ciclistica, invece, anche solo per aggiudicarsi un buon posto per vedere la salita, si sta già partecipando. E se, come diceva qualcuno, “libertà è partecipazione”, allora una tappa di montagna del Giro d’Italia è un entusiasmante momento di Libertà.





Photo Credits: Rise Up Duo
Testi di Giorgio Remuzzi