Storia di un mito del tennis e della scarpa che l’ha reso immortale
“Alcune persone pensano che sia una scarpa”. È altamente autoironico il titolo dell’autobiografia di Stan Smith. È comprensibile, d’altronde, sorridere di fronte alle royalties ottenute negli anni, alla fama incessante legata ad un nome divenuto sneaker, ad una sneaker divenuta nome. È comprensibile allisciare un baffo folto, mai diradato dai lontani 70s ad oggi, dall’erba retro di Wimbledon agli shooting fotografici al fianco di Pharrell Williams.
“Alcune persone pensano che sia una scarpa”. Sicuramente le nuove generazioni, sicuramente coloro che non sono cresciuti nel mito di un tennista capace di raggiungere la vetta mondiale, di vincere nel singolare il primo Masters della storia, di conquistare gli US Open nel 1971 e la sempreverde Londra l’anno seguente. Risultati bissati e amplificati nel doppio, dove prese forma il mitico binomio con Bob Lutz: connection che condusse a 4 successi sui campi di Flashing Meadows e un Australian Open.
Un pedigree da gigante della racchetta, dunque, eppure digitando la ricerca ‘Stan Smith’ su Google non risultano immagini di servizi, volée e Coppe Davis sollevate (7, per l’esattezza). Risultano immagini di scarpe. Le omonime scarpe, marchiate Adidas, che dal 1973 accompagnano e sdoppiano questo mostro sacro del tennis: secondo alcuni adombrandone identità e carriera, secondo altri, tra cui lo stesso Smith, diffondendone la legacy nella cultura popolare.

IL TENNISTA STAN SMITH
Usciva da Pasadena, Stan Smith. Usciva dalla cultura losangelina postbellica. Amava andare in skate, ci riusciva anche molto bene, a riuscirgli meglio, però, era l’arte del dritto e del rovescio. Nato nel ’46, dopo una dominante carriera collegiale plasmata sui campi di USC (University of Southern California), valsa tre investiture di All-American e altrettanti titoli NCAA, aveva iniziato ad assaltare gli Slam con il suo fisico longilineo e apparentemente dinoccolato, con il suo stile calmo e bilanciato.
Dicevano fosse un giocatore di poker prestato alla racchetta. Dicevano che il suo atteggiamento, che il suo riporto sempre perfetto, che il suo baffo boscoso non tradissero emozioni, non regalassero agli avversari punti di riferimento, crepe caratteriali in cui inserirsi per scardinare psiche, punti e set. “Quando cammini in campo devi liberare la mente”, dichiarava Smith, “devi ripulirla di tutto ciò che non è necessario ai fini del match”.
Specialista del serve & volley dall’alto dei risicati due metri, il suo gioco risultava rapido ed efficace, economico e pragmatico, altamente cerebrale. Nel 1972 raggiunse il proprio apice, negli stessi anni firmò un accordo con il brand creato da Adolf ‘Adi’ Dassler nella Bavaria degli anni ’20: un accordo che avrebbe condotto alla creazione del prodotto più iconico nella storia delle tre strisce.


COME UNA SCARPA, PIÙ DI UNA SCARPA. ADIDAS E STAN SMITH
Robert Haillet fu Stan Smith prima di Stan Smith. Atleta di punta di Adidas, nel 1965 accettò la proposta del marchio tedesco, siglando con il proprio nome l’esordio nel mondo delle calzature tecnico-tennistiche dei fratelli Dassler.
Pelle bianca, suola sintetica e tre linee punteggiate speculari. Fu Horst Dassler, figlio di Adolf, ad inventare questa scarpa. Sempre lui optò per il testimonial Stan Smith dopo il ritiro di Haillet: una scelta ovviamente strategica, di marketing, dovuta sì alla posizione nel ranking mondiale di Smith, ma anche alla possibilità d’esplorare l’ancora vergine mercato americano.
Smith vestì per qualche stagione le ‘Haillet’, a cui furono aggiunte, nel frattempo, delle protezioni per il tallone d’Achille di colore verde. Poi indossò un modello ibrido, tra il ’73 e il ’78, riportante il suo viso sulla linguetta e la scritta ‘Haillet’ sulla tomaia. Infine qualsiasi riferimento al predecessore francese fu rimosso, dando il là alla definitiva ‘Stan Smith’.


IL PASSATO, IL PRESENTE, IL FUTURO. IL GUINNESS DEI PRIMATI
Adidas cominciò a vendere milioni di ‘Stan Smith’ in tutto il mondo, statistiche impressionanti, che portarono questa signature shoe ante litteram ad entrare nel Guinnes dei Primati nel 1988. In mezzo secolo di storia, la richiesta attorno a questo oggetto carico di storicità sportiva non è mai calato.
La singola pausa di produzione tra il 2011 e il 2014, difatti, è stata seguita da un ricollocamento della scarpa nel panorama dello streetwear, grazie ad ambassador come Pharrell Williams e A$AP Rocky. Oltre all’evoluzione delle ‘Stan Smith II’, l’apparentemente infinita parabola delle ‘Stan Smith’ ha toccato innumerevoli edizioni limitate, alcune delle quali prodotte insieme a celebrità del calibro di Lil Wayne, Rick Ross e Jay-Z.
In tutto questo incessante processo di diffusione, l’uomo Stan Smith ha continuato a giocare prima, poi è diventato allenatore, infine è stato nominato Presidente dell’International Tennis Hall of Fame. Ritenuto unanimemente uno dei migliori 100, secondo molti 50 tennisti della storia, non si è mai visto tralasciare da Adidas nella promozione delle scarpe a lui dedicate. Tra shooting, video e campagne pubblicitarie, il suo viso e il suo baffo continuano a restare indissolubilmente legati ad una delle calzature più indossate al mondo.
“Sono Stan Smith e alcune persone pensano che sia una scarpa. In fondo è abbastanza normale. A meno che non siate storici, è abbastanza improbabile che conosciate la mia carriera…”

Text by: Gianmarco Pacione