Benvenuti al molo di Okahu Bay, dove bambini e adolescenti provano a trasformarsi in uccelli da generazioni.

Grazie agli scatti e alla testimonianza di Zico O’Neill, assistito da Naomi Perry, scopriamo un’originale tradizione neozelandese, quella del ‘manu’: il tuffo perfetto che, da generazioni, segna le acque e le menti dei giovani locali. Buona visione.

Ad Aotearoa, in Nuova Zelanda, dirigersi verso lo specchio d’acqua più vicino al grido di “pop some manus” è il passatempo estivo per eccellenza. Per generazioni, in tutto il paese, nel caldo soffocante, bambini e adolescenti si sono riuniti attorno a pontili e moli con un’unica missione: creare il più grande schizzo acquatico possibile.

‘Manu’ in Māori (la lingua madre della Nuova Zelanda) significa ‘uccello’. L’obiettivo è semplice: saltare da un’altezza qualsiasi in acqua e creare uno splash più grande possibile. Un ‘manu’ non è un tuffo a bomba o palla di cannone. Per eseguire il ‘manu’ perfetto devi piegare il tuo corpo a forma di V, poi, mentre il tuo sedere colpisce l’acqua, devi calciare fuori le gambe nel momento perfetto per creare lo splash ottimale. La tecnica è tutto e la competizione può essere feroce. Se eseguito correttamente, però, c’è una la manovra è splendidamente elegante.

Durante la mia infanzia ho fatto visita a mio padre a Nelson, trascorrendo interminabili giornate estive a guardare invidiosamente i bambini più grandi che praticavano i loro ‘manus’ in alcuni punti del fiume locale. Da adolescente a Tauranga, i miei amici e io dopo la scuola andavamo direttamente in acqua con il solo obiettivo di eseguire il manu perfetto.

Avendo trascorso la maggior parte degli ultimi 10 anni all’estero, il ritorno in Nuova Zelanda mi ha visto coinvolto in una costante ricerca di un progetto che mi permettesse sia di riconnettermi con ciò che mi circondava, sia di esplorare la cultura Māori. Sono cresciuto con l’eredità Māori, ma mi sono sempre posto domande sulla mia identità e sul mio posto all’interno di questa cultura.

Quando, due estati fa, ho iniziato a visitare il molo della baia di Okahu a Tāmaki Makaurau e a fotografare i ragazzini che si riunivano lì ogni pomeriggio soleggiato, sono rimasto colpito da quanto di me stesso rivedessi in loro. Mi sono reso conto che avrei potuto usare il ‘manu’ (un qualcosa di già familiare) come mezzo per iniziare a riconnettermi e ad apprezzare le mie origini.

Il molo della baia di Okahu mi ricorda i luoghi che bazzicavo quando avevo l’età di questi ragazzi. È un momento diverso, un luogo diverso, ma l’eccitazione e il tipo di legami rimangono gli stessi. Un gruppo di amici riuniti al molo in una giornata afosa per rinfrescarsi, gridare e ridere, per assistere alla competizione e, perché no, eseguire il manu perfetto.

Credits

 

Photos and text by Zico O’Neill-Rutene
zicooneillrutene.com
IG @zicooneillrutene

Text edited by Naomi Perry