Attorno allo sforzo atletico tutto cambia senza cambiare, ci spiega il progetto fotografico di Massimiliano Camellini

Cosa emerge dal buio di una moderna arena? Un elmo, un casco. Un momento di trasfigurazione individuale, una sessione di condivisione collettiva. Antichi materiali per nuovi strumenti di gioco. Legno lavorato che sfiora piccole sfere nere, che le accudisce, che la accompagna prima dolcemente, poi violentemente, verso un terra promessa fatta di cotone incrociato e gioie passeggere.

La pellicola fotografica s’imprime di tensioni muscolari ed emotive, di corpi che fluttuano silenziosi su rumorose rotelle, caricandole di forza e velocità. Sono movimenti morbidi e circolari, diretti e violenti. Sono ombre di azioni passate e presenti, di imprese e fallimenti che tornano e ritornano, qui e ovunque, come cicliche funzioni purificatrici. Scatto dopo scatto, gladiatori dell’oggi incrociano le loro masse, i loro bastoni, le loro visioni, finendo per generare duelli senza tempo, senza volto.

Cosa emerge dal buio di una moderna arena? Una sfida personale che mai ha smesso di prendere forma, che mai smetterà di farlo. Dalle sabbie striate di sangue, dai clangori di spade dell’antica Roma, all’hockey affrescato in un anonimo palazzetto di provincia, passando per uno spettro infinito di sforzi, sfide, obiettivi. Ogni volta una nuova introduzione. Ogni volta un nuovo epilogo. In attesa di un futuro prossimo o lontano, in attesa di una nuova arena da popolare.

Credits: Massimiliano Camellini
massimilianocamellini.org
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