Non esiste calcio senza fashion e fashion senza calcio, insegna il fondatore di LC23
‘Stipe, ca trueve’, ‘Conserva, che trovi’, sentenzia un antico proverbio barese. E Leo Colacicco ha conservato ogni ricordo, ogni istante vissuto dentro e fuori il prato verde. Calciatore e tifoso, fanatico ed esteta. L’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo, come la definiva Pasolini, nel background del fondatore di LC23 non ha rappresentato e non rappresenta un semplice passatempo. È qualcosa di più significativo, è un rapporto viscerale che oggi permette a questo brillante designer barese di vestire la propria squadra del cuore, così come di riversare un infinito carnevale di gol ed emozioni nella genialità delle proprie creazioni stilistiche.
“Il calcio è il mio sport preferito in assoluto. Da bambino giocavo per strada a Gioia del Colle, uscivo la mattina e rientravo la sera. Poi ho continuato a giocare e sono arrivato a calcare i campi di Promozione, l’ho fatto fino ai 32 anni, quando ho deciso di smettere per problemi alle ginocchia. Solo due anni prima avevo fondato il mio brand, LC23. Nonostante i ritmi lavorativi, il calcio ha continuato e continua ad essere molto più di una passione. Seguo qualsiasi campionato e coppa, sono tifoso del Milan, ma il Bari ha un posto speciale nel mio cuore. Nella nostra provincia il legame con la squadra è totalizzante, la tifoseria regge il confronto con le migliori piazze europee… Insieme ai miei amici ho sempre frequentato lo stadio San Nicola e ho partecipato a tantissime trasferte, assistendo a scene uniche e indelebili. Ho avuto la fortuna di crescere osservando il calcio con la sensibilità di un appassionato di moda. Sono entrato in contatto con la cultura ultras e le sue caratteristiche stilistiche e, allo stesso tempo, ho maturato una fascinazione incredibile per i kit delle squadre, soprattutto quelli d’allenamento. È una ‘malattia’ che si è tradotta nel collezionismo: il mio pezzo più pregiato è la maglia originale Umbro dell’Inghilterra d’Italia 90, che Palace ha riproposto l’anno scorso. È semplice e fantastica, non stanca mai. Negli anni ’90 Umbro ha inventato una nuova estetica calcistica, ha cambiato il Gioco. Non è un caso se molte di quelle maglie vengono indossate ancora oggi dentro e fuori gli stadi”




E non è un caso che la mente di Colacicco sia stata interpellata da due dei brand più celebri e leggendari del panorama calcistico per proseguire nella celebrazione della comunione tra pallone e fashion. Il già citato Umbro e Kappa sono le due vetrine in cui questo creativo pugliese ha potuto esporre reminiscenze dal sapore di Nineties e David Beckham, ma sono anche le due appendici sportive di un manuale stilistico molto più complesso, quello di LC23, capace di attecchire globalmente, collezione dopo collezione, grazie alla propria unicità. Se la collaborazione con il brand dei due rombi è stato un viaggio onirico, confida Colacicco, quella con il brand di origini torinesi è stato invece un percorso fatto di molte gioie e infinite pressioni. Perché vestire la propria squadra del cuore è un’opportunità magica, certo, ma è anche la missione più ardua che un tifoso possa affrontare.
“Quando ho collaborato con Umbro, mi sono trovato dentro un parco giochi. È stato un sogno vedere il logo di LC23 affiancato a quello del brand inglese, ed è stato fantastico poter reinterpretare o riutilizzare le loro patchwork più iconiche. Il progetto Bari è iniziato quasi per scherzo, girando nei corridoi dell’azienda ho iniziato a parlare delle maglie del Napoli create da Marcelo Burlon. Ironicamente ho detto: “Se non lo faccio io per il Bari, chi altro lo può fare?”. Loro mi hanno subito chiesto delle prove grafiche. Non ci credevo, non pensavo avrebbero accettato. La pressione psicologica è stata fin dall’inizio enorme, la paura di deludere le persone che condividono la tua stessa fede è pesante, ma quando ho visto le prove del pattern dei polipi ho capito che il nostro progetto sarebbe stato vincente. Questa sinergia con Kappa e con il Bari mi ha dato delle soddisfazioni enormi: il giorno del drop alle 5 del mattino moltissime persone erano in coda davanti al negozio LC23 di Gioia del Colle. Il mio paese, sperduto nel nulla, era diventato la meta per tanti tifosi del Bari che apprezzavano la mia maglia… Era impossibile aspettarsi un successo simile, che è stato confermato dal sold out online raggiunto in pochi minuti. La cosa più difficile è stata ripetersi. Quest’anno ho provato ad alzare il livello di complessità, studio e interpretazione della maglia. Sono estremamente soddisfatto, perché molti addetti ai lavori hanno compreso quest’evoluzione e abbiamo ricevuto ordini di tanti, tantissimi collezionisti da ogni dove. Credo che queste maglie siano figlie del destino. La prima jersey l’abbiamo lanciata in concomitanza con la promozione dalla Serie C alla Serie B, e non era pianificato. Il kit di quest’anno è stato indossato per la prima volta in un pallido Bari-Venezia, il classico 0-0 ruvido, sbloccato dal gol di Bellomo, l’unico barese della rosa. Dopo il gol, Bellomo è corso sotto la curva e ha replicato il noto trenino barese, lo stesso trenino che ho riproposto graficamente sulla maglia. Sono stati due momenti da brividi”


Dopo aver vestito il Bari in Serie C e in serie B, oggi Leo Colacicco sogna di proseguire questo intimo rapporto nella massima serie, nell’olimpo calcistico che i biancorossi stanno finalmente accarezzando dopo un lungo, lunghissimo periodo di purgatorio, provando a completare una vertiginosa scalata estetica e sportiva. Questo 43enne laureato in Ingegneria, ma allevato dai saperi artigianali di una madre-sarta e da un intenso percorso nell’universo dell’e-commerce fashion, ci insegna che non c’è calcio senza stile e non c’è stile senza calcio. Il padre fondatore di LC23 conclude l’ibrida analisi parlandoci di ispirazioni orientali e senso d’appartenenza, di clamorosi fallimenti e identità pugliese, sopratutto di un’ascesa cominciata da zero, pianificata nel feudo di Gioia del Colle e destinata a proseguire sull’onda di una fertile creatività inesorabilmente devota all’immaginario sportivo.



“Il progetto LC23 è iniziato con 8 camicie fatte da mia madre. Il primo ordine online è arrivato dopo un anno e mezzo, lo ricordo ancora. Nel tempo non ho cambiato il mio processo creativo. In ogni collezione metto dentro quello che ho in testa, senza seguire trend. Sono varie cose che m’ispirano e che cerco di conciliare coerentemente, a modo mio. Sicuramente sono molto legato al mondo giapponese e coreano, ma anche a mitici brand italiani come Stone Island. L’elemento sportivo è sempre fondamentale. Per esempio nello shop LC23 di Gioia del Colle ho appeso le foto di alcuni numeri 23: Materazzi, Ambrosini, LeBron, Michael Jordan e, soprattutto, David Beckham. Beckham è un mio idolo: è riuscito a combinare moda e calcio in una maniera unica, e continua a farlo ancora oggi. Ma anche giocatori come ‘Alino’ Diamanti stuzzicano la mia fantasia, parlo di personaggi eclettici che riescono ad uscire dall’Italia e a lasciare il proprio segno su campionati esteri, a raggiungere traguardi realmente fighi. Al contrario di Diamanti, la base operativa di LC23 non ha abbandonato l’Italia e la Puglia, continuando ad essere a Gioia del Colle. Abbiamo deciso di restare fedeli alle nostre radici. Ovviamente non è stata e non è una scelta facile, ma ho vissuto per anni a Milano e so che la mia terra regala meno frenesia e più tranquillità. C’è una fusione con tutto quello che viviamo e che ci circonda. Tutto è spontaneo e positivo, e spero che continui a rimanere tale”