Dal Kilimangiaro alla foresta amazzonica, dai record alla filosofia, l’atleta danese che nella corsa trova la vita

“Mi sento fortunata, perché il running mi permette di visitare luoghi remoti di tutto il mondo. La componente naturale gioca un grandissimo ruolo in ciò che faccio. Quando corro di fianco all’Everest o nella giungla amazzonica, per esempio, mi sento completamente viva. Non potrei e non vorrei essere in nessun altro posto. Ho la sensazione di essere immersa in questa fantastica, quasi irreale, meraviglia naturale. Il fatto che tutto questo sia connesso con la corsa, con ciò che amo di più, dà un senso a tutto quanto”

Kristina Schou Madsen non è semplicemente una runner professionista, è una pioniera dell’extreme trail contemporaneo. I suoi rapidi e consapevoli passi l’hanno condotta in ogni latitudine del mondo, davanti a sfide impossibili e impensabili per tanti, in alcuni casi tutti, gli esseri umani. Dalla Danimarca ai giganti montuosi o desertici internazionali, passando per record mondiali come le 7 maratone corse in 7 giorni in 7 continenti differenti… Obiettivi utopici, traguardi impensabili. Eppure Kristina da anni sta provano a riscrivere la storia del podismo estremo: una storia che fino al 2008 non conosceva.

“Da piccola ho sempre giocato a calcio, poi ho fatto vent’anni di boxe. Solo nel 2008 ho corso la mia prima mezza maratona. È stata una rivelazione e nel 2013 ho partecipato alla prima extreme race, l’Everest Marathon: sono arrivata seconda e quella è stata la definitiva porta d’ingresso su questo universo sportivo. Un universo che è cambiato tre anni dopo, quando ho vinto la Jungle Ultra, una multiple stage ultra marathon nel mezzo della giungla amazzonica. Dopo quel risultato ho deciso di lasciare il mio lavoro di insegnante sportiva e mi sono completamente concentrata su questo percorso”

E l’epifania del running ha portato Kristina a scoprire e plasmare una nuova filosofia di vita, fatta di calcolo e sacrificio, di interminabili sforzi fisici e mentali, di competizione con gli altri e, prima di tutto, con sé stessa. Dedizione. Questo è il fulcro di uno sport che, nella mente di questa figlia prediletta di una culla di runner (su 10mila danesi, in media, 36 corrono maratone), si è fuso con la quotidiana esistenza.

“Il running è la mia vita. Quando corro mi rilasso, rifletto, partorisco nuove idee e, contemporaneamente, sfido me stessa, diventando fisicamente e mentalmente esausta. La corsa significa così tante cose… Per me è un mindgame continuo, che tocca ambiti diversi come la preparazione, l’alimentazione, la logistica, etc. So di non avere un corpo perfetto per questo sport, so di non essere geneticamente la runner perfetta, ma ho capito che tutti hanno la possibilità di diventare grandi in qualcosa: servono solo la passione, il lavoro duro e la conoscenza, ecco perché leggo un sacco di libri per migliorare come runner. Al momento sono l’unica danese che vive grazie all’extreme running. È un grande privilegio e spero di ispirare tanti giovani, spero di trasmettere loro l’idea che se desideri veramente qualcosa, puoi ottenerla”

Passione, lavoro duro, conoscenza. Per Kristina questi concetti prendono la forma di libri da leggere, della scientifica attenzione al riposo e, strano a dirsi, di momenti di relax familiare. È fondamentale concentrarsi sul momento che si sta vivendo, ci spiega questa atleta capace d’infrangere il record di scalata del Kilimangiaro, aggiungendo che le energie devono essere investite sì sulla performance, ma anche sul relax, evitando la contaminazione reciproca. Una formula magica che può anche sconfiggere il tempo, come dimostra Eliud Kipchoge, grande esempio e spirito guida di questa ultra runner.

“Puoi invecchiare, le tue capacità fisiche possono diminuire, ma atleti come Kipchoge dimostrano come si possa continuare a spingere sempre più in là i propri limiti. L’ultra trail è questione di mente. È la mente ad alzare la tua performance. Correre per me è un grande viaggio personale, dove posso continuare a scoprire chi sono io, la mia vera identità, ti permette di raggiungere una condizione di purezza. Quando sono lontana da tutti, in mezzo al nulla, mi sento risucchiata da questo enorme viaggio introspettivo. Durante una corsa può succedere qualsiasi cosa, l’importante è avere sempre il mindset fissato sul “può sempre andare peggio”. Quando mi sono persa nella giungla ho pensato proprio a questo. Ero prima in classifica e, un secondo dopo, non sapevo più dove mi trovassi… In quei momenti hai bisogno di strategie mentali, e tante di quelle strategie le ho sviluppate grazie alla boxe. Reagire lucidamente sempre, nonostante la gravità della situazione, questo è quello che mi hanno insegnato i guantoni”

Ora Kristina confida di non avere obiettivi a lungo termine, ma sta pianificando una duplice impresa senza eguali. Dal bollente deserto della Namibia al gelo svedese e polare: nei prossimi mesi il running porterà l’atleta danese a vivere quest’antitesi climatica e a partecipare a due gare totalmente opposte tra loro, unite unicamente dalla sfida tra corpo e lunghe, lunghissime distanze. “Non so dove posso arrivare, l’importante è porsi sempre nuovi traguardi”. Kristina ci saluta condividendo questa consapevolezza e svelandoci la volontà di raccontare questo suo infinito viaggio mentale e sensoriale attraverso l’inchiostro. E questo, ne siamo sicuri, sarà un libro da leggere.

Credits: Kristina Schou Madsen
Photo Credits: Jesper Grønnemark
Testo a cura di Gianmarco Pacione