La leggenda della lente in grado di unire arrampicata, musica e profonda indagine personale

“Come sono diventato un fotografo? Negli anni ’60 ero un bambino di una piccola città della Carolina del Nord. Non esisteva tecnologia, all’epoca. Mio padre collezionava vecchie riviste Life, degli anni ’30 e ’40. Osservavo queste enormi foto in bianco e nero che narravano di un mondo fantastico: un mondo che non esisteva attorno a me. Ricordo scatti dal Polo Nord, da Roma e Parigi, i ritratti di Brigitte Bardot… Con lo scorrere del tempo ho realizzato che quelle foto venivano scattate da qualcuno. E che quello del fotografo era il più affascinante dei lavori” 

Per immergersi nella magmatica produzione fotografica di Jim Herrington, bisogna pensare ad uno spazio multidimensionale, dove l’immagine diventa foce visiva di una lunga serie di affluenti artistici e umani. È la volontà di narrare una storia, di rappresentarla nella sua interezza attraverso un singolo istante, una singola espressione.

Mark Powell by ©Jim Herrington
Minoru Higeta by ©Jim Herrington
Tom Frost by ©Jim Herrington

Una filosofia sprigionata in due dei principali filoni narrativi di Herrington: quello legato alla musica e quello connesso alla montagna, ai suoi principali protagonisti, i pionieri dell’alpinismo novecentesco. Figure tanto mitiche, quanto evanescenti, destinate a perdersi nel flusso del tempo e della propria arte verticale. Un destino che Herrington ha voluto evitare grazie ad un’intensa opera documentaristica confluita nella sua opera magna, il libro ‘The Climbers’.

“Ad un certo punto, lungo il mio cammino, ho capito che lo storytelling era fondamentale per il mio lavoro. Era un qualcosa di insito in me, nelle mie radici. Ho sempre amato le storie, ricordo che a tavola con la mia famiglia avevamo un mantra: se non hai qualcosa d’interessante da dire, inventati qualcosa. Ho fotografato per decenni musicisti leggendari, alcuni di questi geni erano stati dimenticati… Lo stesso valeva per tanti climber che tra il 1920 e il 1970 avevano rivoluzionato l’idea di esplorazione della montagna. Ho sempre pensato che tra queste due categorie di esseri umani ci fossero enormi somiglianze: mi riferisco al desiderio di progresso, di superamento di limiti, d’indipendenza, ad uno stile di vita libero e slegato dalle logiche economiche”

wen Moffat by ©Jim Herrington
Hamish Mac Innes by ©Jim Herrington
Joe Brown by ©Jim Herrington
Pat Ament by ©Jim Herrington

Dal clarinetto di Benny Goodman all’equipaggiamento di Riccardo Cassin, dalla chitarra di Willie Nelson al coraggio di Reinhold Messner, dalle note futuristiche dei Rolling Stones alle prima, storica donna sull’Everest, Junko Tabei. Le istantanee di Herrington sono la costante testimonianza di un inesauribile interesse per la vita, per l’esperienza personale che, nonostante la sua eccezionalità, diventa paradigma di una condizione, di una passione collettiva.

Riccardo Cassin by ©Jim Herrington
Reinhold Messner by ©Jim Herrington
Junko Tabei by ©Jim Herrington

Ospite per la seconda edizione di fila dell’ONA Short Film Festival, kermesse veneziana dedicata al rapporto tra sport, ambiente e settima arte, Herrington arriverà in laguna tra l’8 e il 10 settembre portando con sé un’infinito scrigno di nozioni e avventure outdoor, un sapere maturato in 59 anni dedicati quasi interamente al sensibile studio dell’elemento umano e naturale.

“La montagna ha un grande ruolo nella mia vita e nella mia carriera artistica. Sono cresciuto facendo hiking sugli Appalachi, su questa catena che due milioni di anni fa raggiungeva altitudini superiori a quelle dell’Himalaya. All’inizio del mio percorso viaggiavo con nulla: non c’era connessione, ci si poteva perdere, ma si scopriva sempre qualcosa di nuovo. Oggi tutto è differente, tutto si è digitalizzato. E questo processo ha dei lati negativi, mi pare ovvio, ma anche molti lati positivi. Sembrerà ironico, ma grazie ad Instagram, per esempio, ho allenato la mia scrittura per ‘The Climbers’. Ogni volta che compongo le caption delle mie foto su questo social, mi sento come uno scrittore di pop song degli anni ’60: un artigiano che deve plasmare testi brevi e incisivi”

Fred Beckey by ©Jim Herrington
Armando Aste by ©Jim Herrington
Pierre Mazeaud by ©Jim Herrington
David Brower by ©Jim Herrington

Sferzato dalla dolce brezza adriatica dell’Isola di San Servolo, Herrington si ricongiungerà allo storytelling outdoor davanti alle pellicole e produzioni selezionate, proseguendo un percorso di apprendimento che non ha intenzione di fermarsi nemmeno di fronte alla sopraggiunta maturità artistica e che permette ancora a questa leggenda della fotografia di ispirare e farsi ispirare, di elaborare e rielaborare un archivio d’immagini senza limiti, per forma e quantità.

“Amo i documentari, il fotoreportage, la street photography… I giganti del passato che più ho ammirato sono persone come Jacques Henri Lartigue e Robert Frank. Mi piace l’idea di un giornalismo personale. Suonerà strano, considerano che quasi tutti mi conoscono per la ritrattistica, ma sono anche un grande fan della ‘landscape photography’. Mi riferisco in particolare alla scuola visuale giapponese, dove i panorami sono trattati in maniera astratta. Guardandomi indietro, se dovessi scegliere uno scatto che definisce la mia carriera, direi il ritratto di Cormac McCarthy: uno scrittore cupo, schivo, che ho fotografato nel mezzo del deserto con una luce che, a mio avviso, imprime e fa emergere, tante sfumature delle sue produzione letteraria. Ora sento il tempo che passa e da un lato sono consapevole che dovrei lavorare sulla mia produzione passata, aggiustandola e riordinandola, ma sento anche di voler continuare a fotografare e sperimentare. Ed è una sensazione che non possono snobbare”.

The Black Keys by ©Jim Herrington
Ian Mc Kellen by ©Jim Herrington
Morgan Freeman by ©Jim Herrington
Dolly Parton by ©Jim Herrington
Cormac Mc Carthy by ©Jim Herrington
Gillian Welch by ©Jim Herrington

Credits: Jim Herrington
IG @jimherrington
Testi di Gianmarco Pacione