L’intreccio tra Bruk Up dance e Sindrome di Asperger raccontato dalle parole di questo performer inglese e dalla meravigliosa produzione visuale di Fred MacGregor

La danza è una potentissima forma di comunicazione. Può permettere di entrare in contatto con sé stessi. Può permettere di costruire solidi ponti relazionali e connessioni con chi ci circonda. La danza per Jamal Sterrett, giovane visual artist e ballerino di Nottingham, è tutto questo, amplificato esponenzialmente. Perché Jamal nello stile Bruk Up ha trovato un modo per esprimere le proprie vibrazioni, le proprie energie e il proprio punto di vista, plasmato dal rapporto quotidiano con la Sindrome di Asperger.

Grazie alla produzione visuale di Fred MacGregor, divisa tra una serie fotografica e un meraviglioso shortfilm, e alla testimonianza diretta di Jamal, possiamo comprendere il significato e l’importanza di questa forma artistica, la sua duplice valenza individuale e collettiva, possiamo percepire la connessione totalizzante tra il corpo di questo performer, la sua interiorità e il ritmo.

Com’è stato il tuo primo incontro con la danza?

È successo nel 2013. All’epoca stavo studiando Graphic Design al college e Jay Z rilasciò un video che mi incantò. Controllai tutti i credits del video per scoprire chi fossero gli incredibili ballerini coinvolti e scoprii la community della Bruk Up dance. Istantaneamente mi innamorai di questa forma d’arte e decisi di apprenderla. Da quell’epifania ho continuato senza sosta a provare nelle strade, ad informarmi, a fare quello che facevano quei ballerini e a pensare come loro. A distanza di tempo sono anche riuscito ad entrare in contatto con alcuni di quei performer. Quest’anno, per esempio, il celebre Ghost è venuto qui a Nottingham da New York e abbiamo girato un film insieme. Uno dei miei eroi ha dormito sul mio sofà, è stata un’esperienza assurda, resa possibile dalle persone che mi hanno circondato lungo il percorso.

Ci potresti definire lo stile Bruk Up?

Originariamente era il tipico dancehall style mixato con elementi del popping (stile di danza funk e hip hop basato sulla tecnica della rapida contrazione e successivo rilassamento dei muscoli ndr). È nato in Giamaica negli anni ’90, il primo grande esponente è stato George Adams, che poi si è spostato a New York e ha iniziato a popolare video musicali, come quelli di Busta Rhymes. Il Bruk Up è uno stile che si è affermato nella povertà dei block newyorchesi, spinto da persone che volevano elevarsi e migliorare il loro mindset. Mi hanno affascinato la basi ideologiche di questa danza, i suoi elementi spirituali: non si tratta di un semplice pratica di strada, è una forma d’arte più alta, che riguarda il proprio corpo, la propria individualità, la propria filosofia.

Parli di individualità, ma la danza è anche comunicazione. Cosa significa per te questa dualità e che tipo di sensazioni provi durante le tue performance?

La danza è il mezzo che mi fa connettere con il mondo. Le parole creano connessioni, ma allo stesso tempo possono plasmare pregiudizi e barriere. Il movimento del tuo corpo, invece, è un qualcosa di solido e concreto, tutti si possono relazionare senza sovrastrutture al movimento: è la verità, è uno stato estremamente profondo, privo di filtri, che mi permette di presentarmi al mondo. Credo che la danza sia un qualcosa di insito nel nostro DNA, è naturalmente presente in ognuno di noi. Quando danzo si uniscono spiritualità, heritage, memorie, sensazioni ancestrali: è come se entrassi ‘in the pocket’, in uno stato di esplorazione, di presenza e assenza che mi fa fare cose non programmate. Ogni giorno mi sveglio in modo differente e il mio stato d’animo influenza i miei movimenti. Penso di essere passato e di continuare a passare attraverso differenti fasi, è una cosa che accomuna un po’ tutti gli artisti. All’inizio per esempio tutto era pura passione ed euforia, ora invece mi sento più uno scienziato che prova a studiare e perfezionare le proprie nozioni e possibilità.

Nella tua quotidianità che tipo di rapporto c’è tra la Sindrome di Asperger e la danza?

La danza cura l’Asperger. Ho sempre avuto problemi a parlare con le persone, la socialità è sempre stato un grande dilemma personale. La danza mi ha aiutato a connettermi con il mondo e a definirmi. Quando danzo mi sento calmo, tranquillo e funzionale per la società. La Sindrome di Asperger mi rende ipersensibile e questo ha lati postivi, ma anche lati negativi. La luce, la temperatura, i suoni… Il mio cervello percepisce e processa queste cose in maniera estremamente complessa. Per farvi capire questa complessità, pensate semplicemente a come ragiona una persona con l’Asperger: il lineare A-B-C per me si trasforma in un salto continuo da A a I, da I a B, da B a G e così via, per poi tornare al punto di partenza. Quando osservo un albero fuori dalla finestra mi focalizzo su un’infinità di dettagli e il mio cervello si perde in questa intricata somma di piccole cose. Grazie alla danza riesco ad accedere alle mie emozioni e al mio mondo interiore, riesco ad esprimere tutto questo flusso di sensazioni attraverso il mio volto. Mentre danzo non riesco a fingere o ad essere in controllo, è tutto pura autenticità, è tutto puro me stesso.

Questa tua condizione ti rende innegabilmente un role model. Come gestisci questo status?

È bello essere ispirati da altri, ma credo che le persone non debbano seguire i miei stessi passi. La danza deve essere un’esperienza personale, un cammino che insegna a trovare te stesso, a ragionare su chi sei realmente. Amo i punti di vista differenti, la singola prospettiva è sempre fallace. Qui a Nottingham il 50% della community supporta la mia vision e ciò che faccio, l’altro 50% mi ritiene una persona strana, probabilmente vorrebbe che mi trovassi un lavoro… Ma è un qualcosa che ogni artista deve affrontare. Non ho accettato l’Asperger fino a poco tempo fa, volevo che la gente mi giudicasse solo per l’allenamento, il duro lavoro e la creatività. È fondamentale controllare la propria narrativa, soprattutto quando si tratta di temi delicati, perché c’è sempre il rischio di perdere qualcosa lungo la traduzione dei tuoi pensieri. Ho sempre voluto che ogni mia evoluzione artistica fosse più vera possibile, poi ho capito che la performance artistica richiede l’autenticità del performer, e ho preso la decisione di parlare della Sindrome di Asperger.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Nel futuro spero che la danza mi faccia viaggiare in Paesi e città sconosciute. Vorrei esibirmi in uno show personale e trovare sempre nuove opportunità. Qui in Gran Bretagna non ci sono molte piattaforme o strade per il talento individuale, la danza è molto istituzionalizzata. Spero di aiutare un cambiamento di paradigma, perché la danza deve partire da una necessità e da uno stile personale. Bastano alcuni fondamentali e poi l’espressione personale deve passare attraverso la libertà.

Credits: Jamal Sterrett
Photo Credits: @freddie_macgregor
fredmacgregor.com
Testi di Gianmarco Pacione