Grazie ad On abbiamo scoperto un polo d'eccellenza atletica e sociale nel cuore della Toscana
Il re dei best seller Haruki Murakami scriveva di correre nel vuoto, o meglio, di correre per raggiungere il vuoto. Evidentemente la sua penna, e le sue gambe, non hanno avuto la fortuna d'incrociare la Val di Merse e la struttura d'eccellenza Tuscany Camp. Perché queste colline toscane raccontano un tipo di corsa diametralmente opposto: una corsa piena, traboccante di colori e natura, di storia e arte, di culture e rapporti umani. Basta percorrere una manciata di metri dall'antico borgo di San Rocco a Pili per raggiungere l'utopico microcosmo podistico teorizzato da Giuseppe Giambrone, oggi Director ed Head Coach del Camp, e supportato dalla rivoluzionaria vision di On.



“È il miglior posto al mondo per allenarsi”, confida il 26enne tunisino Mohamed Amin Jhinaoui, recentemente capace d'infrangere due record nazionali sui 3000 metri piani e siepi. E risulta impossibile contraddire le sue parole, specie osservando l'affrescata villa Settecentesca che, dal lontano 2014, è divenuta fucina di medaglie internazionali e talenti eterogenei per provenienza, status ed età. “Sono qui da due anni e sono felice”, prosegue il mezzofondista nordafricano, attualmente alla ricerca di un podio olimpico, “Coach Giambrone è sempre con noi, parliamo moltissimo. È stato lui a scoprirmi durante un meeting in Italia e a portarmi in Toscana. Qui ho trovato la serenità. Siamo una grande famiglia di runner che arrivano da ogni dove e condividiamo ogni cosa... A partire dalle molte lingue diverse, che stiamo imparando giorno dopo giorno. Il costante sostegno del coach, sommato a quello di On che, da un lato, ci garantisce la possibilità di avere scarpe e vestiti e, dall'altro, di crescere e lavorare serenamente, hanno creato un contesto unico per migliorarsi”.
Una bolla papale. Una piscina con tapis roulant. Una statua napoleonica. Una vasca crioterapica. Una palestra d'avanguardia circondata d'antiche volte a vista. Il Tuscany Camp si schiude come il più atipico degli scrigni sportivi: pare la funzionale fusione di epoche distanti, rese affini dall'intuito di Giuseppe Giambrone. Scout e creatore di talenti, Giambrone in questa struttura ha maturato la funzione di saggio pater familias, come dimostra il sincero attaccamento dei 25 runner che, in questo momento, vivono sotto il suo stesso tetto. “La mia idea è sempre stata quella di abbinare un service di altissimo livello, fatto di strutture e assistenza sanitaria d'eccellenza, ad un clima familiare, di tranquillità: un luogo dove tutti si aiutano, vivendo collettivamente gioie e difficoltà. Ho sempre pensato che questa combinazione potesse essere la chiave del successo. Per raggiungere risultati è necessario l'equilibrio, ed è altrettanto necessario stare con i piedi per terra...”.

All'ombra del Monte Amiata, zona d'allenamento complementare alle campagne senesi, c'è chi cucina e chi lava i piatti, c'è chi fa i compiti e chi attende il prossimo grande evento internazionale. Ogni runner si estrae dalla propria condizione sportiva, risultando semplicemente un essere umano. “Spesso il metodo più semplice è quello che funziona meglio. Serenità e collettività. Tutto ciò che viene prodotto da questi capisaldi è una naturale conseguenza, ed è un motivo d'orgoglio per tutti noi”, prosegue Giambrone, utilizzando il suo profondo legame con il continente africano e, in particolare, con l'Uganda, per descrivere le qualità ricercate e sviluppate in ogni allievo, “Forza di volontà, perseveranza e testa. Negli atleti ricerco queste caratteristiche, prima della tecnica. Il nostro lavoro quotidiano, poi, deve permettere loro di crescere atleticamente, ma anche da un punto di vista relazionale e culturale”.



Il maratoneta campione mondiale Victor Kiplangat è solo un esempio di questo sistema virtuoso: un sistema atletico, scientifico ed empatico, che Giambrone ha deciso di fondare sulla gestione dello stress e sulla reazione alle criticità, oltre che sulla percezione dello sforzo, specie in relazione ai suoi giovani atleti italiani. “Con i ragazzi di scuola 'occidentale' provo a ricreare la giusta motivazione. È un aspetto psicologico cruciale, che possono osservare in molti degli atleti africani che si allenano al loro fianco. Il nostro è un sistema ambivalente, dove i giovani possono imparare tantissimo dai campioni affermati, e i campioni affermati, a loro volta, possono tenere la testa sulle spalle, condividendo la quotidianità con questi studenti del running. Il mio desiderio è che a partire dai 16, 17 anni maturino la consapevolezza che una gara non è mai realmente finita, e che qualsiasi tipo d'imprevisto può essere gestito. Durante gli ultimi campionati italiani di corsa in montagna, per esempio, ho fatto correre i miei atleti con le suole lisce: so che per loro è stata una tortura, ma cadendo ripetutamente hanno compreso che ci si può e deve rialzare, che bisogna avere la forza di reagire”.




Gli insegnamenti, le teorie e le proiezioni future di Giambrone, però, non potrebbero concretizzarsi senza l'aiuto di On. È l'allenatore stesso a confidarlo poco prima di cominciare una run di gruppo, parlando di una sinergia con il brand svizzero che va ben oltre il semplice concetto di sponsorizzazione, trascendendo nella commistione d'intenti: “Il supporto di On è fondamentale per svariati motivi. C'è la parte più diretta, quella economica, che mi permette di tenere qui atleti che, fino a qualche tempo fa, dopo i primi successi sarebbero stati 'portati via' da altre realtà con maggiore potere di mercato. Poi c'è l’influenza positiva sulla mia attività di talent scout e allenatore, perché On garantisce al Tuscany Camp la possibilità di far crescere gli atleti, di farli vivere correttamente, di farli sviluppare in senso generale, mandandoli a scuola, fornendogli materiale tecnico e ogni tipo di assistenza, e facendo provare, anche ai più giovani, esperienze in meeting internazionali. E credetemi, nulla di questo è scontato nell’atletica contemporanea. Prima del legame con On l'intero progetto era autofinanziato, e non era semplice, ora invece posso lavorare in ciò che credo nel migliore dei modi”.
Testi di Gianmarco Pacione
Photo credits: ON