Da ‘He Got Game’ a ‘Chi non salta bianco è’. Quando il basket diventa leggenda sul grande schermo

“Il basket è come il jazz”, diceva Kareem Abdul-Jabbar. È una forma artistica, dove ritmo e ispirazione scandiscono ogni palleggio, ogni azione.

Il basket è una musa ispiratrice per il mondo della moda, grazie al suo spirito underground, all’universo cool NBA, al suo heritage visivo. Il basket è un soggetto sempre più utilizzato nell’arte contemporanea, ammaliata dalle innumerevoli sfumature del Gioco inventato da James Naismith. Il basket è anche punto di riferimento e spunto ideale per la grande cinematografia

Vi proponiamo quindi una raccolta di film, 6 per l’esattezza, che riteniamo i più grandi capolavori cestistici comparsi sul grande schermo. Buona visione.

He Got Game

La regia di Spike Lee, le interpretazioni di Denzel Washington e Ray Allen. Bastano tre nomi per comprendere la grandezza di una pellicola. In questa chicca divenuta cult, Jesus Shuttlesworth (interpretato da Allen, al tempo giocatore dei Bucks), è uno dei maggiori prospetti liceali della nazione. Fama, donne, oscuri procuratori e grandi college arrivano a bussare alla porta di questo ragazzo privo di genitori. Jesus, difatti, seppur minorenne, deve fungere da uomo di casa e padre per la giovane sorella. Alle sue spalle un terribile episodio: la morte della madre. Jake Shuttlesworth (Denzel Washington), padre di Jesus, è in carcere proprio perché responsabile del tragico omicidio casalingo e, improvvisamente, si trova a tornare tra i campetti di Coney Island per conto del proprio direttore. L’obiettivo? Far scegliere al proprio figlio l’università di Big State, alma mater del governatore statale. Ad innescarsi è una vorticosa serie di eventi, culminata in un complesso e duro riavvicinamento tra un figlio pieno di astio e un padre divorato dai rimorsi. ‘He Got Game’ venne presentato alla Mostra Internazionale Cinematografica di Venezia nel 1998. Da segnalare la meravigliosa colonna sonora in cui s’intrecciano brani di Aaron Copland e ispirati pezzi dei Public Enemy.

Glory Road

La storia dei Texas Western Miners è una pietra miliare nell’evoluzione sociale americana. Il piccolo college texano, grazie alle visionarie decisioni di coach Don Haskins, fu la prima squadra a schierare un quintetto di soli giocatori di colore in una finale NCAA: quella giocata nel 1966 contro la quotatissima Kentucky, corazzata guidata dal conservatore Adolph Rupp. Atti intimidatori, insulti razziali, resistenze pubbliche e desiderio di cambiamento popolano questa pellicola, diretta magistralmente da James Gartner, e l’intera marcia dei Miners fino alla terra promessa del titolo nazionale. Il film, fondamentale testimonianza storica, oltre che sportiva, venne nominato per il celebre Humanitas Prize, premio per la scrittura di film destinati a promuovere la dignità umana e la libertà, e vinse l’ESPY Award nel 2006.

White Men Can’t Jump

A Los Angeles il playground è folklore e trash-talking, è dollari in palio e outfit sgargianti. Lo era già negli anni ’90, come testimoniato dalla mitica pellicola White Men Can’t Jump. Nell’iconico campetto di Venice Beach s’incontrano Billy Hoyle (Woody Harrelson) e Sidney Dean (Wesley Snipes): streetballer agli antipodi, non solo per il colore della pelle. Tra i due nasce un’amicizia particolare, un’affinità cestistica che li condurrà in un ironico e vincente viaggio tra i playground più noti della Città degli Angeli: un viaggio alla ricerca di soldi facili. Come sfondo della storia un pregiudizio da sempre presente nella pallacanestro: la mancanza di atletismo nei giocatori bianchi. È solo un’agognata schiacciata a porre fine, forse, a questa diatriba secolare.

La legacy di Space Jam

Da Michael Jordan a LeBron James, da una pallacanestro giocata al ritmo dei grandi Bulls alla contemporaneità ipertecnologica vissuta come un videogame, dai Looney Toons ai Looney Toons. Il secondo capitolo di Space Jam (A New Legacy), da poco uscito nella sale, ha fatto storcere il naso a molti puristi, eppure sembra incarnare l’evoluzione 2.0 di una pellicola che ha deliziato generazioni di appassionati della palla a spicchi. James, ‘Re’ del basket attuale, indossa la corona consegnatagli da ‘Sua Altezza Aerea’ MJ anche sul grande schermo, trovandosi a salvare il mondo al fianco della compagine cartoonesca griffata Warner Bros. In questo nuovo capitolo i vari Charles Barkley, Patrick Ewing, Larry Johnson, Muggsy Bogues e Shawn Bradley vengono sostituiti da Anthony Davis, Damian Lillard, Klay Thompson, Nneka Ogwumike e Diana Taurasi. La presenza femminile nella Goon Squad è solo una delle tante novità innestate nel secondo Space Jam, ambientato in un mondo totalmente cibernetico, in cui prendono forma i sempre divertenti Bugs Bunny, Daffy Duck, Porky Pig e soci.

Coach Carter

Altra pellicola ispirata ad una storia vera, in questo spaccato biografico Samuel L. Jackson interpreta il coach Ken Carter, impegnato nel migliorare come giocatori e, soprattutto, come studenti e uomini, i ragazzi della Richmond High School. Carter sparge tra i suoi giovani atleti, vicini ad ambienti violenti e criminali, il verbo dell’istruzione, ponendo i risultati scolastici davanti a quelli sportivi. Gli Oilers, squadra dall’indiscusso talento, si trovano addirittura a dover saltare delle partite per concentrarsi sullo studio: scelta che pose coach Carter in mezzo ad una bufera di polemiche, ma che consentì a tantissimi suoi ragazzi di ottenere borse di studio universitarie. Anche in questo caso il basket diventa strumento per raccontare una meravigliosa storia sociale.

Hoosiers

Film più datato rispetto a quelli già elencati, Hoosiers è un capolavoro del 1986, diretto da David Anspaugh e candidato ai Premi Oscar per il miglior attore non protagonista (Dennis Hopper) e per la colonna sonora. Gene Hackman interpreta coach Norman Dale, allenatore messo ai margini dal sistema collegiale, che si ritrova a dirigere la squadra di una piccola scuola dell’Indiana, conducendola ad un inatteso successo statale. La storia, ispirata a quella della Milan High School, narra di rapporti umani ed intrecci sociali all’interno della comunità di Hickory. Ne viene fuori un intenso affresco dei criptici Stati Uniti rurali, un ritratto talmente intenso dall’essere stato scelto dalla United States National Film Registry come “opera d’arte culturalmente, storicamente e esteticamente significativa”, risultando, proprio per questo, soggetto alla preservazione della Biblioteca del Congresso.