Il surf, lo skate, i ritratti. Viaggio nel mondo del talentuoso fotografo viareggino

“Credo che per fotografare il surf sia fondamentale conoscerlo a fondo. È un qualcosa che vale per tutti gli sport di nicchia. Bisogna essere in grado di percepire il gesto tecnico, di saperlo comprendere. Spesso paragono il surf alla danza. Se dovessi fare uno shooting di danza avrei bisogno di studiare molto tempo per capire il momento preciso in cui il corpo diventa elegante, in cui raggiunge una posizione perfetta. Ci sono dei canoni da rispettare, dei canoni di bellezza…”

Il surf di Filippo Maffei è un inno alla gentilezza estetica, all’istante estatico. Nelle composizioni fotografiche di questo artista viareggino le onde diventano set dal significato raro, ricercato, studiato.

Questione di abitudine, questione di richiamo naturale, di passione giovanile sublimata nella creatività, nel gusto visivo. Una passione sbocciata sui vuoti pontili della Toscana invernale, dove le tavole da skate si alternavano all’equilibrismo ondoso.

“Sono cresciuto con il mare davanti ai miei occhi. L’ho vissuto soprattutto nel periodo autunnale, invernale, quando i turisti lasciavano la città. Da settembre in poi il lungomare diventava deserto, tornava ad essere unicamente nostro. La passeggiata, le piazze, tutto era vuoto e veniva illuminato da tramonti spettacolari. In questi contesti ho iniziato prima ad andare in skate, più tardi a surfare. Lì è nata anche la passione per la fotografia”

Ispirato dalla scena urbana viareggina, dai lunghi pomeriggi trascorsi a cavalacare asfalto e architettura, Filippo prende in mano una Kinon di famiglia e inizia il suo percorso artistico.

“È successo tutto in maniera progressiva. Uscivo in skate e portavo la macchina con me. Ho iniziato scattando in pellicola. A 18 anni mi sono infortunato alla caviglia e sono stato fermo per un lungo periodo, in quel momento ho capito che ero più bravo come fotografo. Contestualmente si è inanellata una serie di eventi che mi ha spinto verso la fotografia: la creazione della mia camera oscura, per esempio, e l’uscita di ‘The Strongest of the Strange’ prodotto da Pontus Alv, un video innovativo, che esplorava una sfera emotiva diversa del mondo skate e che ha dato il via ad un filone visivo innovativo, cupo, con molto utilizzo del bianco e nero”.

Un filone che negli scatti di Filippo s’intreccia presto alla pratica ritrattistica, alla ricerca del dettaglio umano, emozionale, prima che sportivo.

“Quando ho iniziato a comprare i libri di Bresson e Avedon mi si sono spalancate le porte di un nuovo mondo. Ho studiato i loro ritratti e ho capito che quel tipo di ricerca faceva già parte della mia fotografia. Durante le giornate passate a fotografare gli amici in skate, mi era sempre piaciuto ritrarli quando si rilassavano, quando si sedevano, quando parlavano tra loro. Pensavo fossero momenti più significativi rispetto ad un salto di una scalinata o ad un grind. L’intimità è difficile da esplorare, il gesto atletico invece è lì, è palese”

Il processo di scoperta, di esplorazione, per Filippo viene impreziosito da una serie di viaggi oltreoceano, gite mirate nell’eldorado californiano, dove skate e surf trovano la loro culla, dove Filippo comprende di poter fare delle proprie composizioni un lavoro.

“In California rivivo l’ambiente di casa mia, però ingigantito e sull’oceano. Ogni volta è un convergere di passioni, di emozioni, di stimoli: ho ancora le foto stampate del primo viaggio fatto con il mio amico surfista Alessandro Ponzanelli, sono un punto fermo della mia carriera. In quel periodo stavo facendo l’Università a Pisa, dove ho studiato Lingue per poi iniziare a lavorare nell’azienda di mio padre. Lui fortunatamente ha sempre lasciato spazio alla mia passione e, quando si è delineata la possibilità di renderla un lavoro, mi sono preso un anno per dedicarmi completamente alla fotografia”

Il vero punto di svolta arriva con la campagna globale di Sundek, enorme trampolino di lancio per Filippo e il suo stile fotografico. Nell’universo commerciale, al contrario di molti colleghi, il viareggino pare da subito non snaturarsi, restando fedele alla propria espressione artistica e, anzi, vedendosi incentivato nel farlo

“Credo di avere sviluppato uno stile abbastanza personale negli anni. Sono fortunato, chi mi cerca lo fa perché è interessato a ciò che faccio. Spesso ho carta bianca, libertà d’espressione… E questa cosa crea equilibrio tra la parte creativa e quella lavorativa. Nell’ultimo periodo molti lavori sono saltati per la crisi pandemica, che ha praticamente azzerato la possibilità di viaggiare. Ho sfruttato il momento storico per aprire un mio studio fotografico a Camaiore, nell’attesa che si sblocchi questa fase di stallo”

Tornerà presto a viaggiare, Filippo, tornerà presto alla ricerca dell’onda perfetta. Quell’onda teorizzata sui pontili di Viareggio, ammirata tra le Hawaii e l’Islanda, il Messico e la California. Un’onda che ha profili e caratteristiche ben chiare nella mente di questo talentuoso fotografo acquatico.

“Amo quando c’è il vento da terra, l’onda è liscia, e si crea una patina di vetro sulla superficie. Sono onde perfette da ritrarre quando c’è poca luce, all’alba o al tramonto. Si crea una parte scenica dell’onda, la cresta viene spazzata via dal vento, e nel frame c’è pulizia, ricchezza d’immagine. A questa visione associo un surf classico, che rimanda agli anni ’70, distante da gare, competizioni e derive moderne: il surf perfetto”

Photo Credits: Filippo Maffei

video di:
Agency // AQuest
Production Director // Tommaso Artegiani
Executive Producer // Moira Spotorno
Film Direction // Francesco Bonato & Nicola Rossi
Camera & Editing // Nicola Rossi
Original Soundtrack & Sound Design // Alessandro Franceschini

Text by: Gianmarco Pacione