Dal writing alla scatto fisso, dalle metropolitane ai telai, l’universo illustrato del creativo italiano

Nel 1989, a 14 anni, mi sono appassionato allo skate e la tavola è stata la principale porta d’accesso ad una serie di nuove influenze musicali, estetiche e stilistiche. All’epoca sfogliavo i pochi magazine specializzati che venivano distribuiti in Italia, in uno di questi ho trovato una foto che ha cambiato tutto: c’era una Renault 4 affrescata dalla scritta ‘funky’. Sono tornato a casa, ho cercato una bomboletta spray e sono andato a riprodurre la stessa scritta su una casa cantoniera, disposta lungo la linea ferroviaria. Senza realmente saperlo, avevo appena scoperto i graffiti. Di lì a poco sarebbero diventati la mia attività principale”

Prima dei telai illustrati e del bikepacking. Prima delle mostre personali e della scatto fisso. Prima del fenomeno artistico e ciclistico di Cento Canesio, c’è l’origine provinciale, eppure estremamente variegata, di una mente creativa allevata dalle sottoculture urbane: le sottoculture di Treviso, piccola città del nordest italiano, che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 ha assistito ad un’inattesa proliferazione di scene ribelli, identità creative e brand streetwear.

"Non so perché, ma Treviso è sempre stata un polo d’attrazione per varie sottoculture. Sono cresciuto frequentando un locale mitico, dove si riuniva uno strano mix di scene. Skin, punk, hardcore, hip-hop… Tutti convivevano e si contaminavano a vicenda, sembrava una versione pacifica di ‘This is England’. C’era un’energia fantastica, che pervadeva anche il mio liceo artistico. Queste vibe si ramificavano in progetti come Broke Clothing, uno dei primi brand streetwear italiani, fondato da tre amici. Grazie a uno dei soci, Stefano, mi sono appassionato alla grafica e sono diventato quello che sono ora. Davo una mano nei loro magazzini e con i risparmi da pony express ho comprato il mio primo Mac, diventando un grafico autodidatta. Quando il loro grafico, un noto pioniere del writing trevigiano, ha lasciato il suo posto, ho colto l’opportunità. Contemporaneamente ho proseguito con il writing, girando il mondo alla ricerca di treni e jam. Mi dava una libertà senza paragoni. Dipingere la metro di New York è stata la mia più grande emozione, è stato come per un ciclista partecipare a un’edizione del Giro d’Italia… Era la rivalsa del provinciale, era un’investitura, era la ‘conquista’ della Mecca”

Spadino, Speed, Sale, Lizer, Tigre, Cento e, infine, la magica formula Cento Canesio. Stefano Bressan ha smesso da tempo di avere un nome e un cognome. L’evoluzione dei suoi tag combacia con l’evoluzione della sua identità, ma anche con il mutare delle sue passioni sportive e della sua professione. Dallo skate al bike polo, dalla moda all’arte pura, passando per le vorticose traiettorie dei go-kart e l’inesauribile desiderio di lasciare la propria firma in ogni metropoli: la parabola di questo creativo è alternativa e affascinante, come la traccia di un alleycat, come i lineamenti del suo omonimo cane-illustrato.

“Per molto tempo ho guidato i go-kart, come mio padre, concludendo la mia carriera con un terzo posto ai Campionati Europei Under 18. Senna era un mito a casa e mio fratello è ancora oggi un pilota professionista in America. Ma i motori non erano il mio focus, preferivo fare i graffiti, e la passione per il volante nel tempo è andata scemando. Mi sono innamorato della bici recentemente, nel 2007, quando c’è stato il boom delle scatto fisso. Tanti miei amici che provenivano dal mondo dei graffiti e dello skate hanno improvvisamente iniziato a cercare e rielaborare i telai: mi sono unito a loro. Nella prima ride ho vissuto lo stesse sensazioni che avevo provato grazie allo skate. L’odore, l’energia, la possibilità di essere wild e senza freni nelle strade… Le analogie erano e continuano ad essere moltissime. Poco dopo ho deciso che non avrei più guidato la macchina e che mi sarei spostato unicamente in bicicletta. La fixie mi ha introdotto anche a tutte le altre dimensioni ciclistiche (gravel, bikepacking, ciclismo tradizionale) e al bike polo, uno sport punk, praticato dalla nicchia della nicchia, autogestito e capace di esaltare il concetto di community. Il bike polo è passione pura, come il writing, e mi ha permesso di fondare i Tigers BPC insieme a due amici. Con loro ho partecipato a tantissimi tornei, tra cui i Campionati del Mondo di Seattle nel 2011. La nostra squadra è una delle più longeve a livello mondiale e si è trasformata in una community unita dallo spirito goliardico e dalla volontà di condividere l’amore per ogni forma di ciclismo. Capsule collection, eventi e feste ci permettono ancora oggi di tenere unita e continuare ad allargare la nostra community”

Arte e bici hanno tanto rapidamente, quanto inconsciamente cominciato ad intrecciarsi nella vita di Cento Canesio, definendo una nuova dimensione lavorativa e personale. Le sue celebri illustrazioni a tema animale ora affrescano telai e oggetti ciclistici, tracciando una singolare sinergia tra le due ruote e il writing, e definendo una maturità sia artistica, che umana, popolata da ironia, forza visuale e, ovviamente, ispirate pedalate.

“Nel 2016 ho deciso di abbandonare il lavoro da grafico per vivere con i miei disegni. La mia prima collaborazione con un brand ciclistico è avvenuta con Open Cycle. Ho disegnato 10 biciclette in limited edition, con una di quelle bici ho poi partecipato ad eventi come la Transcontinental Race, la North Cape 4000 e l’Italy Divide. Disegnare sulle bici mi permette di riprendere e rimodulare gli ideali alla base del writing: i graffiti viaggiano insieme a treni e metro, e i miei disegni ora viaggiano insieme alle biciclette. Al di fuori del lavoro, la bici è diventata il mio sfogo. Prima era il disegno a giocare questo ruolo, ma ha smesso di farlo quando la produzione artistica si è evoluta nel mio lavoro primario. Le due ruote sono diventate parte di esso, ma rappresentano anche molto, molto di più nella mia vita. E continueranno a farlo”

Photo Credits: Nadia Moro

Testi di Gianmarco Pacione