Il football americano ha anche tinte francesi. Una chiacchierata con l’innovativo fotografo transalpino
La fotografia di Maxime Le Pihif è ragionata ed istintiva. È uno schema chiamato da un quarterback nel cuore di un huddle. È figlia di un’ispirazione razionale, alla costante ricerca di un touchdown visivo, di una yard emotiva da conquistare.
Il suo focus principale è su uno dei major major sport americani, quello dei mastodontici Dome e del scintillante SuperBowl. Un focus particolare, soprattutto perché vissuto in una terra vergine, la Normandia, dove di kick-off e field goal si è iniziato a parlare solo da pochi anni.

Maxime ha iniziato un’opera di trasmissione e valorizzazione di questa novità sportiva, ergendosi a pittore di una disciplina che nel Vecchio Continente sta trovando sempre più spazio, sempre più affermazione.
“Uno dei miei obiettivi è aiutare la crescita del football in Francia e in Europa. Da giovane ero un wide receiver e ho abbandonato i campi per dedicarmi allo studio della fotografia. Credo sia importante creare un immaginario potente per avvicinare i giovani a questo sport: uno sport atipico per il nostro continente. Ad oggi sono in pochi i ‘professionisti’, i miei connazionali che possono dire di vivere di football. Nei prossimi anni sono convinto che questa situazione muterà, già alcuni ragazzi hanno attraversato l’Atlantico per giocare in NCAA e a breve vedremo il primo francese in NFL”
Atipico è anche l’incontro di Maxime con la palla ovale, un’epifania adolescenziale arrivata durante un viaggio transoceanico e concretizzata sull’estremità occidentale dell’Europa continentale.
“In un viaggio negli Stati Uniti ho comprato alcune maglie NFL, da quel momento ho iniziato a guardare le partite in televisione. Prima dell’incontro con il football, nella mia Brest, cittadina della Bretagna dove sono cresciuto, ero appassionato di motori e di vela, quest’ultima una tradizione storica del luogo. Poi ho scoperto questo gioco e me ne sono innamorato. Con la squadra giovanile locale ho viaggiato in lungo e in largo all’interno della regione: nella zona all’epoca non c’erano molte società. Contemporaneamente a 15 anni ho chiesto come regalo di Natale una macchina fotografica e da quel momento ho cominciato ad unire le due cose”

Un’unione fruttuosa. In pochi anni Maxime raggiunge addirittura il gotha NFL, transitando dalle linee laterali dei campi di provincia francesi ai sovrappopolati stadi americani, per poi tornare ad immortalare i massimi livelli europei.
“Nel 2017 ho avuto la fortuna di seguire i Detroit Lions al fianco del fotografo ufficiale Gavin Smith. Per me è stata la concretizzazione di un sogno: l’ingresso in una sorta di università fotografica. Non avevo particolari responsabilità, quindi ho vissuto quel periodo con grande serenità: potevo fare quello che volevo in contesti stupendi, a volte smettevo di fotografare e semplicemente ascoltavo il suono dei tifosi. Tornato in Francia ho viaggiato al fianco del mio amico Pierre Courageaux, una delle migliori safety d’Europa. L’ho raggiunto anche a Copenaghen, dove giocava in maglia Towers”
Le diapositive di Maxime sono animate dall’idea d’innovazione, da una curiosità per luci e movimento alimentata dalla passione per il mondo artistico in toto. Una curiosità che viene attratta costantemente dall’intimità del gesto, dalla potenza del rituale.
“Amo scattare foto a persone che pregano prima di una partita, magari tenendo in mano un particolare oggetto. Tendenzialmente uso i colori per le foto singole, mentre per le serie preferisco la monocromia: credo sia più facile per uno spettatore identificarle. Voglio che i miei scatti creino una reazione, che si differenzino dalla normale fotografia sportiva. Il lato creativo è fondamentale, così come fondamentale è non concentrarsi unicamente sul gesto tecnico, esplorare lo spogliatoio, le piccole cose che accompagnano le performance di un atleta. Sono appassionato di arte in generale: scultura, quadri, installazioni, probabilmente il mio lavoro è contaminato da ciò e, proprio per questo, ha una naturale inclinazione all’innovazione”
Intimità, innovazione e movimento. Un paradigma multiforme che Maxime ha seguito nei ritratti più disparati: da Megan Rapinoe a Valentino Rossi, da Odell Beckham Junior al pattinaggio su ghiaccio.



Una scuola di pensiero fondata sui lavori, sugli esempi di fotografi contemporanei particolarmente rilevanti per la sensibilità artistica del giovane francese.
“Amo le composizioni di Shawn Hubbard: la sua pulizia tecnica, le storie raccontate grazie ad un singolo scatto, la cura del dettaglio… Quest’ultima la ritrovo anche nel Lewis Hamilton ritratto da Vladimir Rys. Di Andy Kenutis mi colpisce la costante capacità di trovare nuovi angoli, di giocare con i colori, di risultare sempre creativo. L’Harry Kane fotografato da David Ramos è qualcosa di fantastico, non so che tecnica abbia usato, forse una doppia esposizione. Lui, come Eliot Blondet, si concentra anche all’esterno del mondo sportivo: sono fotoreporter in grado di trovarsi sempre al posto giusto al momento giusto”
All’esterno del mondo del football è impegnato anche Maxime, collaboratore a tempo pieno di un’agenzia fotografica nel nord della Francia. Un lavoro che a linee di scrimmage e special team vede alternare piste d’atletica e ippodromi.
“Al di là del football, amo tutti gli sport. Quando pianifico un lavoro in uno sport che conosco poco, comincio a guardare i lavori dei migliori fotografi specializzati in quell’ambito. Poi studio le luci, che variano di palestra in palestra, di stadio in stadio. Provo in qualche modo ad anticipare, ma alla fine si tratta per lo più dell’istinto”





Ancora nel magico decennio dei vent’anni, Maxime e la sua macchina fotografica possono permettersi di sognare in grande: sogni a stelle e strisce, sogni di un ritorno definitivo nella terra promessa del football americano.
“Negli States mi avevano proposto un contratto per continuare a fotografare i Lions. Ho fatto richiesta del visto che, per il momento, mi è stata negato. Per i prossimi anni continuerò a coprire eventi sportivi qui in Francia, ma il mio obiettivo americano resta concreto e continuerò a fare richiesta del visto per poter tornare nei dome USA”
E chissà, probabilmente al primo giocatore NFL francese si affiancherà il primo fotografo transalpino.
