Behind the Lights – Shawn Hubbard
Il fotografo che ritrae i major sport americani in tutte le loro dimensioni narrative ed estetiche
“Quando fotografi atleti di qualsiasi livello è fondamentale costituire delle connessioni e un rapporto di fiducia con loro. Gli atleti vengono sempre visti su grandi palcoscenici, tutti pensano che siano a loro agio davanti una lente, ma non è così scontato. Io cerco costantemente di trovare modi per evocare le sensazioni e le emozioni che provano in campo. Sono individui reali ed esseri umani come tutti noi. Per questo la fotografia d’azione ha un ruolo secondario nella mia produzione artistica. E’ certamente un lato importante, ma sono più attratto da cosa serve a un atleta per raggiungere un determinato traguardo all’interno della propria carriera. Sto parlando di sacrificio, dedizione, perseveranza, gioia e delusione”



Dalle yard dei Baltimore Ravens all’eclettismo fashion di Kyle Kuzma e dell’universo NBA. La fotografia di Shawn Hubbard ritrae i major sport americani in tutte le loro dimensioni narrative ed estetiche, riuscendo ad esplorare le identità di superstar internazionali, ma anche ad uscire da monumentali dome e arene, descrivendo l’effetto che l’elemento sportivo può avere sulla società, così come sulle singole, comuni personalità made in USA.





“Gli atleti professionisti non sono gli unici che possono raccontare una storia, qui a Baltimora provo a raccotare storie di giovani atleti locali, che vedono le proprie vite cambiate grazie all’influenza dello sport. La mia ricerca gravita da sempre attorno alle emozioni, e il legame tra emozioni e sport è fortissimo. Non sono stato un grande atleta, ma nella mia adolescenza ho provato il baseball, il calcio e l’atletica, e al college sono entrato nella squadra di rugby. Ho dato tanto allo sport, senza avere grandi aspirazioni. Lo spogliatoio mi ha insegnato molto, è stato ciò che mi ha spinto a continuare ad essere uno sportivo. Nel corso della vita, quando ho avuto l’oportunità d’iniziare a fotografare ambienti sportivi, ho subito deciso di documentare il senso di condivisione, i legami e le emozioni che si annidano negli spogliatoi. Quando scatto cerco di trovare un’immagine che faccia mettere in pausa l’osservatore, obbligandolo a riflettere. La qualità estetica non basta. Anni fa poteva bastare, ma oggi tutti possono scattare una bella fotografia. Voglio che le mie immagini siano impattanti e facciano degli ‘statement’. Anche se è difficile, il mio obiettivo è raccontare un’intera storia attraverso un’immagine. E voglio che quell’immagine duri nel tempo, anche se è un obiettivo quasi impossibile da raggiungere”
Ispirato nell’infanzia dall’eterna onnipotenza di ‘His Airness’ Michael Jordan, dalle danze di contrasti e colori di Al Bello, e dall’innovativa produzione d’advertising di Tim Tadder, l’immaginario visuale di Shawn risulta essere un vortice narrativo in equilibrio tra profonda ritrattistica e espressione commerciale. Un vortice narrativo che continuerà a svilupparsi in futuro, attingendo da un’altra musa centrale nella vita di questo fotografo di Baltimora: la musica.


“La musica è da sempre parte di me e mi permette di creare connessioni con le persone. Proprio come la fotografia. Durante le produzioni commerciali, la musica mi aiuta a evocare emozioni in chiunque sto ritraendo. Dal lontano 2007 collaboro con i Baltimore Ravens, documentandoli sul campo e nei momenti dietro le quinte a cui tante persone non hanno accesso. Se devo pensare alla foto più iconica che ho scattato, non posso che menzionare Ray Lewis e la sua ultima partita giocata a Baltimora. Per anni ho fotografato dal campo la sua ‘Squirrel Dance’ prepartita. Per quel match storico, però, ho voluto mostrare una prospettiva e un momento differente. Volevo condividere con gli spettatori gli attimi di calma prima del suo walk out dal tunnel e del rito liberatorio. Continuo a ricercare immagini di questo tipo. Guardando avanti, voglio continuare a combinare il lavoro documentaristico con quello commerciale, ed esaltare la connessione tra fashion e sport, che sta permettendo a tantissimi atleti di avere una piattaforma virtuosa di self-expression”
Credits: SHAWN HUBBARD
Text by: Gianmarco Pacione
It’s the Flo-Jo style
Omaggio alla donna più veloce del mondo e allo stile più veloce del mondo
Il 21 settembre 1998 moriva ad appena 38 anni la donna più veloce della storia, la stilista della velocità Florence Delorez Griffith-Joyner. Cresciuta nella Los Angeles più dura, prima di raggiungere l’eccellenza fisica la Griffith abbandonò per un certo periodo gli studi e l’atletica per lavorare e aiutare la propria famiglia, ma coltivò sempre, senza interruzione, la sua passione per la moda, grazie a cui riuscì a trasformare i posti di blocco in passerelle. “Mi piace essere non convenzionale”, era solita dire Flo-Jo prima di volare sul tartan e d’infrangere le leggi della fisica e dell’estetica.


Questa indimenticabile fuoriclasse è ancora oggi venerata per i 3 ori olimpici di Seul ’88 e per due record del mondo (sui 100 e 200 metri) che continuano ad osservare l’intera umanità dall’alto, ma la sua legacy va oltre il superamento dei limiti umani. La sua legacy si annida anche nei brand, nelle tendenze e nelle collezioni contemporanee.


Flo-Jo fu stilista di sé stessa a partire dall’High School, dove riuscì a vestire la sua intera squadra, e fu l’anticipata connessione tra fashion e sport. Fu una colorata sensazione di onnipotenza, fu i body colorati e le tute ‘one-legger’, le unghie lunghe ed i loro pattern psichedelici, il verde lime e il fucsia, la gioielleria e i capelli lunghi. Flo-Jo fu una pioniera stilistica, capace d’ispirare intere generazioni d’atlete, da Serena Williams a Sha’Carri Richardson, mostrando loro come la personalità e la creatività non debbano essere un tabù per lo sport femminile.

A 25 anni di distanza dalla sua incomprensibile e prematura morte, onoriamo la memoria di Florence Griffith-Joyner con una serie di scatti iconici e con dieci frasi che definiscono la sua eclettica filosofia di vita. Dieci, come i suoi irraggiungibili 10″49.

“A scuola mi prendevano in giro per il modo in cui portavo i capelli. Già all’epoca facevo già cose strane, come indossare calzini di colori diversi…”
“Non vedevo l’ora di crescere… Guardavo continuamente i collant di mia madre, li indossavo con i suoi tacchi alti e mi scompigliavo tutti i capelli…”
Vestiti bene per apparire bene. Mostrati bene per sentirti bene. E sentiti bene per correre veloce!”
“Ho disegnato i miei kit da gara sin dall’high school. Dopo il ritiro dalle piste, ho continuato il rapporto con il fashion, creando una linea personale”
"Il convenzionale non è per me. Mi piacciono cose che sono unicamente Flo. Mi piace essere differente”
“Non importa cosa indossi, ma cosa credi poter fare”
“Non mi vedo come una persona famosa. Mi vedo come un’atleta”
Credo nell’impossibile perché nessun altro lo fa”
Quando qualcuno mi dice che non posso fare qualcosa… Semplicemente smetto di ascoltarlo”
Credits: IMAGO / PCN Photography / WEREK
Text by: Gianmarco Pacione
Átjan Festival, il running è epica
Le Isole Fær Øer trasformano il running in sensazioni e incanto naturale
Oltre 300 runner provenienti da tutto il mondo sono immersi negli ultimi suoni e colori della notte nordica. Le Fær Øer rendono tutto magico, specialmente la transizione dal buio alle prime, abbaglianti luci dell’alba. In questo tempestoso sabato, la loro natura incontaminata viene popolata da atleti ed esploratori: esseri umani attirati dal fascino remoto di coste pure e montagne selvagge. È il giorno clou del visionario Átjan Wild Islands Festival, è il momento in cui cultura e panorami locali entrano in contatto con la competizione podistica estrema. È il giorno in cui questo meraviglioso arcipelago si manifesta in tutto il suo selvaggio splendore. Se i primi 3 giorni di questo Festival hanno permesso, nella loro multidimensionalità, agli atleti di cimentarsi nello snorkeling e nel surf, e di assaporare i benefici del nuoto in acque libere, oggi l’ammaliante scoperta naturale lascia spazio all’epica impresa sportiva.



Vento incessante e pioggia leggera danno il via alle 4 gare che s’intrecciano sugli atavici percorsi di queste Isole: Ultra Trail, Mountain Marathon, Half Marathon e Trail 10km. Passano le ore. La pioggia diventa acquazzone. La terra diventa fango. I delicati corsi d’acqua diventano impetuosi torrenti. Dalle 6 di mattina alle 6 del pomeriggio (e oltre) le Fær Øer richiedono ogni energia fisica e mentale ai partecipanti Átjan, ripagandoli con uno dei traguardi più incantevoli del mondo: la spiaggia vulcanica di Tjørnuvík. C’è chi mangia voracemente e chi si lancia irrazionalmente tra le gelide onde atlantiche. Tutti si limitano a gustare ed abbracciare un momento senza paragoni. “È stata una giornata dura ma meravigliosa”, dice l’organizzatore di Átjan Festival Theo Larn-Jones, “Tutti sono felici dell’impresa compiuta. Ogni anno è una grande emozione vedere così tante persone all’Átjan Wild Islands Festival. Sono amanti del running e della natura che arrivano da tutto il mondo per conoscersi, costruire delle connessioni umane e scoprire questo luogo magico, le Isole Fær Øer”.












































Credits: riseupduo
Testi di Gianmarco Pacione
Watchlist – Swagger
La serie Apple TV+ che ci mostra la vita attraverso la pallacanestro
È finita da poco la seconda stagione di Swagger, la serie Apple TV+ che ci mostra la vita attraverso la pallacanestro, e viceversa. Swagger è un bildungsroman prezioso, ispirato alla storia di Kevin Durant e co-prodotto dalla stessa stella NBA. Il protagonista della storia è Jace Carson (Isaiah Hill), giovane promessa cestistica destinata ai grandi palcoscenici, che viene seguita e analizzata lungo il tortuoso percorso liceale. Sul parquet s’impara a vivere, dice una legge non scritta della pallacanestro. E Jace sul parquet riesce ad evolversi come essere umano, prima che come giocatore, ereditando conoscenze della cultura afroamericana, toccando con mano i problemi della società contemporanea e costruendo fondamentali legami umani.



Episodio dopo episodio, il termine ‘swagger’ diventa un fil rouge per definire lo stile, il coraggio e la sfrontata ma virtuosa attitudine di un talento che vuole trascendere il semplice ruolo di atleta, diventando punto di riferimento per la propria comunità, e oltre. La comparsa di leggende come John Carlos, velocista del guanto nero a Città del Messico ’68, e i consigli del coach-mentore Ike (O’Shea Jackson Jr), rendono questa serie un meraviglioso viaggio tra le insicurezze, le pressioni e le scoperte tipiche della maturazione nel terzo millennio, dove social, profitto e tabù razziali possono annichilire in un istante l’equilibrio mentale di qualsiasi predestinato.




Oltre all’enorme valore sostanziale, va sottolineata anche l’estrema qualità estetica e verosimiglianza di questa serie. L’innovativa regia, l’utilizzo di atipiche riprese e un cast formato da giovani giocatori di alto livello, ci permette di assistere a partite credibili e spettacolari, dove svanisce ogni differenza tra atleti e attori. La colonna sonora guidata da Tobi Nwigwe e le qualità magnetiche del già citato Isaiah Hill sono gli ultimi tasselli di una serie che merita senza dubbio di entrare nella nostra Watchlist.

Credits: Apple TV+
Text by: Gianmarco Pacione
Átjan Wild Islands, il trail diventa sublime nelle Isole Faroe
Benvenuti nel celebre arcipelago nordico, dove la corsa è un viaggio esperienziale
“Tidinn rennur sem streymur i á”. Il tempo scorre come la corrente di un fiume, dice un antico proverbio delle Isole Faroe. Sono antiche parole di un’altrettanto antica terra galleggiante, di un arcipelago che da sempre sfida i confini settentrionali d’Europa e del Mondo. 18 isole che formalmente dipendono dalla Danimarca, ma che sono state, sono e continueranno ad essere legate ai gelidi flussi acquatici dell’oceano Atlantico e del Mar di Norvegia. Qui, dove tutto diventa sublime, prende forma l’Átjan Wild Islands race: non una semplice gara trail, ma un vero e proprio festival dedicato all’atavico rapporto tra movimento umano e incontaminata bellezza naturale. Tra il 6 e il 10 settembre saremo testimoni di un viaggio esperienziale, dove la corsa diventerà il pretesto per ammirare e un remoto paradiso terrestre, condividere estasi e fatica, e celebrare il desiderio d’avventura in tutte le sue forme. “Tidinn rennur sem streymur i á”. Il tempo scorre come la corrente di un fiume, dice un antico proverbio delle Isole Faroe. Ma a settembre saranno corpi e gambe a fluire nel tanto arcaico, quanto vibrante arcipelago nordico. E noi vi racconteremo tutto questo.


















Text by: Gianmarco Pacione