Marmöl Gravel, ritratti di una festa gravel

Marmo Botticino, fatica, birre e dj set: a Brescia le due ruote vanno oltre la performance

È grigio il cielo bresciano, un grigio che ispira fatica, che riecheggia di epica ciclistica. La Marmöl Gravel inizia sferzata da sparute gocce di pioggia gelida, scaldata da vapori umani e cornetti bollenti. In una tipica domenica mattina d’inverno lombardo le nuvole non si diradano, ma con il passare delle ore mostrano sempre più clemenza nei confronti dei tantissimi rider accorsi alle pendici della Via del Marmo. Sono esperti di lunga data o novizi dell’universo gravel, sono fedelissimi della filosofia ciclistica conviviale. Una filosofia unica, che esula dal concetto di performance individuale, concentrandosi su quello di fatica condivisa, funzionale alla scoperta di un territorio meraviglioso come quello delle cave di Botticino, e sulla celebrazione di una palpitante community che non necessita di cronometri o podi, ma di bellezza naturale, dialoghi, dj set ed emozioni totalizzanti. Perché in questi 70 chilometri di strade polverose, scenari da favola e rosse cascate di colori si riversa una volontà differente, tanto antica quanto moderna: la volontà di divertirsi durante e, soprattutto, dopo dislivelli e sudore. Unicorni danzanti e ciclisti di livello internazionale, rinomati collettivi e stravaganti personaggi locali… Le tanto affascinanti, quanto tortuose valli bresciane foratura dopo foratura, birra dopo birra, concedono spazio alla personalità di tutti, e tutti diventano attori protagonisti di un evento iniziato stringendo i denti e concluso con le braccia al cielo, all’inseguimento di ritmi musicali e vibrazioni collettive.

“Uso tre aggettivi per descrivere questa giornata: faticosa, bellissima e pazza”, racconta l’organizzatore dell’evento Niccolò Varanini, “Ho sempre voluto creare un evento che racchiudesse la mia filosofia di ciclismo, una filosofia che condivido con mia moglie e con i miei più cari amici. La Marmöl è una sintesi del ciclismo invernale, dove pedali per ore, fai fatica, ma alla fine ti ritrovi a mangiare, a ridere e a fare festa in un’osteria con i tuoi compagni di viaggio. Questo è il mio modo di pedalare. Amo percorrere tracce dure e poi finire in contesti come questo. Gli Alpini stanno cucinando per tutti e tutti stanno bevendo e ballando nonostante la stanchezza. La gente si diverte e questo mi fa sentire bene, mi conferma ancora una volta che nel ciclismo c’è molto più della semplice e dolorosa performance. La fatica è intrinseca alle due ruote, certo, ma anche la gioia e il divertimento condiviso lo sono. Sono orgoglioso che siano arrivati amici rider da tutta Italia e che abbiano avuto la possibilità di scoprire questo meraviglioso territorio. Io ho cominciato ad esplorare queste strade per caso e necessità. Fino a qualche tempo fa vivevo in un’altra zona di Brescia, poi mi sono trasferito qui vicino per vivere con mia moglie e, dopo aver superato le ansie per una zona che sembrava off-limits, sono entrato in contatto con il Consorzio dei Marmisti di Botticino, che hanno supportato l’evento fin dalla sua genesi. Tantissime persone attraversano questi luoghi a piedi, fortunatamente io e i miei amici siamo stati i primi a farlo in gravel. Ora sono felice che anche tante altre persone abbiano la possibilità di pedalare in questi luoghi fantastici grazie a Marmöl”

Vi proponiamo una galleria delle immagini che abbiamo scattato durante l’intero evento, un riassunto visivo di questa festa gravel.

Photo Credits: @Riccardo Romani
Text by: Gianmarco Pacione


Marmöl Gravel, la bici si fonde con il Marmo Botticino

Athleta Magazine sarà Media Partner di questo evento dedicato alle due ruote e al territorio bresciano

Oltre duemila anni di storia, oltre duemila anni di attività estrattiva. Il marmo Botticino è un’eccellenza italiana, e le bianche strade sterrate che circondano le sue cave saranno il suggestivo scenario della Marmöl Gravel 2023. Scoperta, non agonismo. Festa, non competizione. Il 26 febbraio 300 ciclisti utilizzeranno l’ibrido ciclistico Gravel per esplorare il variegato territorio bresciano e le sue valli dipinte da sfumature calcaree. Athleta Magazine sarà Media Partner dell’evento e seguirà questa festa su due ruote, interamente dedicata alla promozione e allo sviluppo di questa zona della Lombardia. Seguiteci per percorrere insieme a noi queste strade e per vivere la Marmöl Gravel.


Gemma Triay, il padel è questione di tempo

Dall’inattesa epifania alla vetta del ranking mondiale, storia e pensieri della regina del padel

“Alcuni anni fa il padel non era uno sport strutturato e non era una prima scelta. Tanti giocatori venivano dal tennis, ovviamente. Oggi invece le cose stanno cambiando, i bambini iniziano il loro percorso sportivo giocando a padel. Spero e credo che questo processo sia destinato ad evolversi sempre di più. Tra poco sarà ancora più naturale vedere un bambino o una bambina intraprendere questa strada… È una questione di tempo. E per me è un orgoglio essere una figura di riferimento in questo momento, è fantastico avere la possibilità d’ispirare le nuove generazioni”

È questione di tempo, Gemma Triay lo sa bene. In fondo questa frase racchiude anche il suo avvicinamento all’universo popolato da bandeja e chiquita, globo e por tres. Perché la regina contemporanea e incontrastata del padel, titolare di uno strabiliante record di 294 partite vinte su 386 disputate all’interno del World Padel Tour, prima di egemonizzare elegantemente le pareti di vetro ha dovuto fare i conti in prima persona con il fattore-tempo. Ma anche con il tennis, la sua prima passione, con la temporanea inattività e con il fato, che bussò alla porta della nativa di Minorca durante un placido periodo universitario.

“Ho cominciato a giocare a tennis prestissimo, a 4 anni, e l’ho lasciato quando ne avevo 19. All’epoca decisi di trasferirmi da Minorca a Barcellona per studiare Lingue e smisi completamente di fare sport. Dopo un paio d’anni, però, mi mancava il senso di competizione, il sapore della sfida, e mi feci coinvolgere dal padel. Era il 2013 e in Spagna, al contrario di molti altri Paesi europei, questa disciplina era già molto conosciuta. Ricordo che per Natale feci arrivare a Minorca una ‘pala’ ordinata su Wallapop e da lì in avanti mi lanciai tra tornei amatoriali prima, campionati catalani poi e infine nei miei primi eventi di alto livello. Chiesi aiuto a mio padre per pagarmi voli e viaggi, lui mi domandò se fossi sicura di ciò che facevo, o se il padel fosse solo un hobby. La mia risposta lo convinse a supportarmi”

È questione di tempo, dicevamo. E per la nuova Gemma il tempo diventa magicamente prezioso. Oltre al sostegno paterno, per far decollare la propria carriera la minorchina dedica ogni suo minuto ai campi da padel, sia sotto forma di giocatrice, che d’istruttrice. Oggi, a distanza di un decennio, tra eventi internazionali, tornei di prima classe e il costante interesse di sponsor e tifosi, Gemma potrebbe limitarsi a pensare alle tensioni tipiche della vetta del ranking, potrebbe dedicare il proprio tempo unicamente alla sé stessa giocatrice… Eppure non è così, come dimostra il ruolo di vicepresidentessa IPPA, sindacato dei giocatori professionisti di padel, e il sogno di vestire il proprio sport con i cinque cerchi olimpici.

“Per i primi due anni ho lavorato cinque giorni a settimana. Davo lezioni di padel per mantenere il mio sogno. Quando ho iniziato a scalare il ranking, i giorni lavorativi sono diminuiti e sono aumentati i viaggi e gli allenamenti. Sono stata fortunata, perché le ragazze che erano state numero 1 negli anni precedenti al mio avvento non hanno guadagnato quello che meritavano… Io sono capitata nel posto giusto al momento giusto, proprio quando il padel stava iniziando ad espandersi a macchia d’olio in tanti Paesi diversi. Ma questo è solo il principio, ne sono sicura, già tra cinque anni il movimento sarà ancora più grande e strutturato. E spero possa raggiungere palcoscenici enormi, come i Giochi Olimpici. Io mi sto impegnando per raggiungere questo obiettivo e sto lavorando per far sì che i miei colleghi e le mie colleghe del presente e, in particolar modo, del futuro, possano giocare e vivere le loro carriere nelle migliori condizioni. Ho tante cose su cui concentrarmi ed è faticoso, ma mi piace essere partecipe di quest’evoluzione”

All’interno di questo continuo cambio di focus, Gemma riesce anche a godersi uno dei più grandi privilegi dei professionisti della ‘pala’: la possibilità di saltare da un aereo all’altro e di fondersi con culture che mai avrebbe pensato d’incontrare. La sua tipica vibora disegna traiettorie letali in ogni latitudine del globo, settimana dopo settimana, e proprio durante una di queste trasferte abbiamo incrociato la sua profonda testimonianza. Siamo al Platys Center di Verona, dove la numero uno al mondo si è unita alla campionessa italiana Carolina Orsi per celebrare la forza aggregativa del padel. Siamo in Italia, nel Paese che è ormai diventato seconda casa per la fenomena spagnola. Siamo, soprattutto, all’interno di un processo virtuoso: quello della divulgazione del verbo padelista.

“Amo viaggiare grazie al padel, mi permette di entrare in contatto con culture diverse, di esplorarle e comprenderle. Il padel è una professione, ma anche un piacere. Quando non gioco m’immergo nei musei e nella gastronomia di ogni luogo. Con l’Italia poi ho un rapporto speciale, sono tesserata per il Circolo Canottieri Aniene di Roma e ogni volta che raggiungo la capitale mi sento in famiglia. Questi eventi aiutano a far conoscere il padel e ad avvicinare la gente a questo sport. È fondamentale organizzarli in ogni dove, le Olimpiadi del 2032 sono dietro l’angolo e spero che, portando il padel in nazioni come gli Stati Uniti, l’Australia o in generale nell’Est Europa e nell’Estremo Oriente, il nostro sport possa essere selezionato. In fondo, ripeto, è solo questione di tempo”