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Giorni di fine estate

A Cadice, nella Spagna meridionale, i tuffi sono un rito che resiste al tempo

L’antica città di Cádiz (Cadice) è stata costantemente abitata per 3000 anni, ma nel 2022 sta affrontando un cambiamento significativo. È una città piena di contraddizioni: ha uno dei più alti tassi di disoccupazione di tutta Europa, contemporaneamente è però ritenuta una delle migliori destinazioni del Vecchio Continente, status confermato di recente dal New York Times. Questo luogo pieno di storia, circondato da alte mura difensive e da una costa scintillante, pare in un momento di enorme transizione, dovuta al turismo e a cospicui investimenti che stanno arrivando dopo anni di negligenza istituzionale.

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Davanti a questo sfondo cittadino si staglia un’immagine costante. Fin da giovane ho assistito ad un rito annuale, sempre svolto nello stesso luogo. Ogni estate, sulla spiaggia La Caleta, gruppi di adolescenti si lanciano in mare dal ponte Fernando Quiñones, che conduce al Castello di San Sebastian. C’è una ristretta finestra temporale in cui è possibile tuffarsi: quando la marea è abbastanza alta da rendere il volo sicuro e tanto spettacolare da attirare piccole folle di adulti meravigliati. Le acque circostanti sono punteggiate da rocce e la precisione è essenziale per ogni salto.

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La scena porta alla mente luoghi come Copacabana o L’Avana. È una suggestione dovuta ad abbronzature, corpi atletici e un panorama esotico, elementi che, però, non sono oltreoceano, ma nel sud della Spagna. Questi giovani non provano a ricreare mondi lontani, sono semplicemente ragazzi alla ricerca di un senso di sfida e libertà.

Negli anni possono essere cambiati costumi e tagli di capelli, avvitamenti e torsioni ora sono ritratti da iPhone di ultima generazione, e il mondo all’esterno di questo ponte si muove ad una velocità ben diversa, eppure quest’esuberanza giovanile, quest’atletismo e senso dell’avventura, questi corpi che penetrano l’acqua cristallina continuano e, speriamo, continueranno ad essere un punto fermo di Cadice. 

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Credits: Juan Trujillo Andrades   

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www.truliphoto.com

   

Testo a cura di Gianmarco Pacione

 

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