Francesco Bocciardo, il nuoto è libertà

Due ori paralimpici a Tokyo, una laurea, la volontà d’ispirare. Intervista al nuotatore genovese
“Mi sono avvicinato al nuoto come attività riabilitativa, la fisioterapista della ASL che mi seguiva aveva consigliato ai miei genitori di portarmi in acqua. Non riuscendo a muovere le gambe, ci ho messo un po’ ad adattarmi. Superate le prime difficoltà, questo elemento è diventato il mio ambiente preferito”
La testimonianza di Francesco Bocciardo è sentita e vincente, come le sue bracciate. Negli ultimi Giochi Paralimpici, il nuotatore genovese ha scosso le corsie di Tokyo con uno stile libero folgorante, conquistando uno storico doppio oro sui 200 (dove è diventato nuove recordman paralimpico) e 100 metri categoria S5.
Lo stile libero, dunque. Libero da tutto, liberato da tutto, che libera da tutto. Una multiforme declinazione che in Francesco ha trovato la propria sublimazione, ha trovato il proprio manifesto umano, l’ambasciatore perfetto.
Perché il folto palmares di questo talentuoso 28enne non è quantificabile in ori a cinque cerchi o mondiali, non si limita alla semplice associazione medaglia-vittoria, esonda invece in significati più profondi: in successi sociali, oltre che sportivi.
“Penso si possa anche non arrivare primi. L’importante è riuscire a battere sé stessi, riuscire ad ispirare. Per me, ad oggi, la vittoria significa promuovere il movimento paralimpico. Non solo il nuoto. Lo sport mi ha dato tantissimo, mi ha arricchito la vita, mi ha fatto scoprire pregi e difetti. Sono onorato di essere un simbolo, spero che qualche ragazzo guardandomi o ascoltando una mia intervista possa pensare: se ce l’ha fatta lui, perché non posso farcela io?”

Francesco ce l’ha fatta superando momenti delicati, soprattutto durante la fase adolescenziale. Ce l’ha fatta accettando sé stesso, dedicando tempo e volontà alla piscina, trovando in quell’oasi fluida una seconda casa, un luogo magico in grado di esaltare, anziché limitare, la forma di displagia spastica che lo accompagna dalla nascita.
“In acqua ti senti galleggiare, è una sensazione fantastica, sono pervaso dall’euforia. Quando nuoto mi sento bene, mi sento libero. In acqua posso competere alla pari contro chiunque, è l’unico elemento che ti permette di fare sport senza carrozzina, senza protesi, senza ausili… E questo ti fa sentire ancora più libero. Grazie al nuoto ho metabolizzato e accettato la mia disabilità: un processo assolutamente non scontato. Ancora oggi, nonostante tutta la sensibilizzazione e l’attenzione a riguardo, molta gente è arrabbiata con sé stessa, con il mondo, per via della propria disabilità. Riuscire ad accettarla, ad apprezzarla, a riconoscerne gli aspetti positivi è la cosa più importante e, allo stesso tempo, più difficile”
Difficile è stato anche il percorso di Francesco. Il suo approccio all’universo paralimpico è stato tardivo, un approccio reso ancora più arduo dalla contemporanea ricerca dell’eccellenza accademica. Laureato in Scienze dell’Amministrazione con 110 e lode e membro delle Fiamme Oro, oggi Francesco divide la sua quotidianità tra le vasche e il lavoro in Regione Liguria.
“Il nuoto mi ha insegnato il concetto di organizzazione, mi ha dato gli strumenti per gestire con precisione tutti gli impegni all’esterno della piscina. Riuscire a coniugare lavoro e sport mi rende orgoglioso, così come sono orgoglioso di poter lavorare per la mia Regione, dove sono impegnato nel settore Sport e Tempo Libero. Tra le molte cose di cui mi occupo è ovviamente presente il tema paralimpico, per esempio mi concentro sull’ammodernamento dell’impiantistica sportiva: su una transizione che ritengo fondamentale per far crescere l’intero territorio, per renderlo più inclusivo”

Transizione che indubbiamente aiuterà la diffusione di un movimento di cui Francesco è portavoce virtuoso, messaggero riconosciuto a livello internazionale. Una carica ideale, oltre che pratica, che pare cucita su misura per le bracciate del tre volte oro olimpico e mondiale. Una carica certificata da ogni parola, da ogni riflessione, da ogni dichiarazione esposta fuori dall’acqua.
“Il movimento in questi anni è cresciuto sia numericamente che qualitativamente. Bisogna, però, fare sempre di più: ci sono ancora molte barriere da superare. Non parlo solo di quelle architettoniche, parlo di barriere socioculturali. Parlo dei molti genitori che provano ancora vergogna nell’avere un figlio disabile, parlo di chi guarda le nostre gare dicendo “ah, poverini…”. Bisogna cambiare la mentalità, ed è un percorso che richiederà anni. Centri di riabilitazione, scuole e ospedali devono diventare luoghi in cui trovare nuovi atleti. E uso il termine ‘atleti’ non casualmente. Tutti devono comprendere che un ragazzo con disabilità che fa sport è, prima di tutto, un atleta”
Credits
Francesco Bocciardo
IG @francescobocciardo
Intervista a cura di Gianmarco Pacione
Foto fornite da Francesco Bocciardo, Camilla Bonacchi
Video: youtube
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