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Il SUP per esplorare sè stessi, Filippo Alberti

Il giovane talento del SUP italiano che vive la tavola come strumento di conoscenza interiore ed esteriore

“Sulla tavola da SUP posso percepire quello che mi circonda, posso sentirlo dentro e fuori di me. Quando mi alleno o gareggio scivolo sopra la superficie dell’acqua, incorniciato e sostenuto da contesti suggestivi che continuano a cambiare, a fondersi. Il SUP mi permette di vivere il mare e questi luoghi in un modo unico: sono io, da solo, in mezzo alla natura, a volte gli unici miei compagni sono dei delfini”. Mar Ligure e Mar Tirreno, calma estiva e confusione invernale, la tavola di Filippo Alberti è ormai un immutabile punto di riferimento per le coste toscane. Le uscite di questo ventenne equilibrista delle onde sono esplorazioni personali che resistono a transizioni stagionali e sbalzi termici, sono quotidiani viaggi nel costante e imprevedibile flusso marino, oltre che nello sforzo sportivo.

Icon Collection Juventus
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Una pagaia, una tavola, l’impercettibile presenza umana nella vastità naturale. È difficile vivere lo Stand Up Paddle come semplice esperienza atletica, è difficile ascoltare le sensibili parole di Filippo senza pensare ad una disciplina che trascende dal risultato, sublimandosi nell’ispirato pellegrinaggio esteriore ed interiore: “Tra me è il mare si è sviluppato un rapporto particolare. Credo succeda la stessa cosa a tutti coloro che fanno SUP. È un legame che si fonda sulla conoscenza, sull’attenzione, sul profondo rispetto. Il mare è più forte di tutti noi, so bene di non poterlo controllare, ma so di poterlo capire. Quando sono in acqua non mi muovo su un’imbarcazione, ma su una tavola, quindi devo utilizzare ogni senso per leggere le correnti, per capire quando poter essere coraggioso e quando, invece, tirarmi indietro”.

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Le spalle di Filippo, schegge muscolari irrobustite dal continuo e metodico mulinare di braccia, nascondono anni di raffinato studio delle leggi acquatiche, d’inconsapevole costruzione di una carriera a tutto tondo, di sconfinato amore per un atipico sport scelto dal fato: “Avevo circa 16 anni, ero in spiaggia con mio zio e abbiamo deciso di provare delle tavole da SUP. Alla fine l’unico a farlo sono stato io. Avevo trovato un SUP non professionale, poi mi è stato consigliato di provare una tavola sportiva: l’idea di andare più forte e divertirmi di più mi ha spinto a comprarla. A distanza di pochi giorni ho fatto la prima uscita con Paolo Marconi, uno dei volti più noti del panorama SUP italiano, lui mi ha convinto a diventare agonista e da quel momento non ha smesso di essere il mio allenatore. L’amore per questo sport è maturato gradualmente: all’inizio mi allenavo in maniera superficiale, uscivo un paio di volte a settimana, oggi invece trascorro tutti giorni sulla tavola… Lo faccio anche da allenatore: d’estate seguo ragazzi tra gli 8 e i 14 anni, mi stimola l’idea di formare la nuova generazione del SUP italiano”.

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Una nuova generazione che necessita di esempi tangibili, di figure trainanti, di eventi e manifestazioni rilevanti: come i Giochi Olimpici, eden sportivo sempre più vicino a questa disciplina materializzatasi meno di un secolo fa. Il battesimo a cinque cerchi del SUP potrebbe arrivare già nel 2028 e potrebbe vedere Filippo Alberti come primo, storico, rappresentante tricolore: investitura che, oltre a fungere da sprono, permette a questo giovane piombinese di sognare in grande, di immaginare una vita da professionista delle acque a tutti gli effetti. “Spero che nel 2028 il SUP possa esordire alle Olimpiadi. Io lavoro in previsione di questa possibilità. L’ingresso ai Giochi Olimpici sarebbe un riconoscimento importantissimo, permetterebbe a questo sport di evolversi ulteriormente. Il nostro movimento ha ampi margini di crescita e un’enorme forza attrattiva, che deve essere sfruttata. Certo, per fare SUP bisogna avere un’immensa forza mentale. Sulla tavola si deve far fatica, sempre, anche durante il periodo invernale, e sarà importantissimo trasmettere questi concetti ai ragazzi che si avvicineranno a questa specialità. L’ingresso nel circuito olimpico permetterebbe a noi atleti di fare un salto di qualità: il mio sport potrebbe diventare anche il mio unico lavoro, e questo mi permetterebbe di migliorare ulteriormente, soprattutto mi consentirebbe di realizzare un sogno”.

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This project is supported by Roy Roger’s.

 

Credits

Atleta Filippo Alberti

Photography Rise Up Duo

Text by Gianmarco Pacione

 

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