Un operaio della Peugeot gonfiò la prima rete Mondiale. Dopo averlo fatto fu prigioniero di guerra e aprì una birreria
“Stavamo affrontando il Messico e nevicava, dato che nell’emisfero meridionale era inverno. Uno dei miei compagni crossò il pallone e io ne seguii con attenzione il movimento, colpendolo al volo di destro. Fummo tutti contenti, ma non esultammo, nessuno comprese che eravamo passati alla storia. Una veloce stretta di mano e proseguimmo l’incontro. Non ci fu neanche dato un compenso: all’epoca eravamo dilettanti a tutti gli effetti”
Esattamente quindici anni fa ci lasciava Lucien Laurent. Nato a Saint-Maur-des-Fossés nel 1907, era in pensione dal 1972, anno in cui lasciò la storica birreria che aveva preso in gestione nel dopoguerra.
Lucient Laurent, però, non era un pensionato qualunque, in lui si celava una figura storica, pioneristica per l’intero panorama calcistico: quel signore dell’Île-de-France era l’uomo che per primo riuscì a gonfiare la rete in una Coppa del Mondo.

Lo fece il 13 luglio 1930, all’Estadio Pocitos di Montevideo; lo fece nella prima storica edizione del grande ballo delle stelle internazionali del football, manifestazione intensamente voluta da Jules Rimet.
A Montevideo quel pomeriggio di luglio faceva freddo, un freddo pungente, l’attesa era spasmodica e alle ore 15.00 si diede inizio, contemporaneamente, a Francia-Messico e Stati Uniti-Belgio. Erano altri tempi, erano altre divise da gioco, era un altro calcio.
Al minuto 19 arrivò dal nulla un gesto tecnico apparentemente banale, un destro al volo che consegnò il vantaggio ai francesi. Ad esultare, più che altro, furono le migliaia di affascinati uruguaiani assiepati attorno al campo.
Laurent non si rese conto dello storico momento. Atteggiamento comprensibile per un uomo che, all’epoca, giocava come semiprofessionista nella massima serie francese.
Si era preso un permesso lavorativo di due mesi, Laurent, per essere presente a quell’esordio Mondiale. L’aveva chiesto alla sua azienda, la Peugeot.
Era passato al Sochaux proprio per questo, per ottenere un impiego connesso al calcio. I ‘Les Lionceaux’, difatti, erano stati fondati appena due anni prima da Jean-Pierre Peugeot stesso.
Insieme ai connazionali intraprese un viaggio epico su un piroscafo italiano, il Conte Verde: mezzo acquatico che salpò da Genova, ospitando le comitive rumena, francese e belga insieme ad altri normali passeggeri, a Jules Rimet e alla coppa stessa.
“Trascorremmo 15 giorni nel Conte Verde per raggiungere il Sud America. Gli esercizi di base li facevamo di sotto e ci allenavamo sulla coperta della nave. Il nostro allenatore non ci parlò mai di tattica…”, spiegò a distanza di anni Laurent stesso.

Laurent non si rese conto dello storico momento. Atteggiamento comprensibile per un uomo che, all’epoca, giocava come semiprofessionista nella massima serie francese.
Si era preso un permesso lavorativo di due mesi, Laurent, per essere presente a quell’esordio Mondiale. L’aveva chiesto alla sua azienda, la Peugeot.
Era passato al Sochaux proprio per questo, per ottenere un impiego connesso al calcio. I ‘Les Lionceaux’, difatti, erano stati fondati appena due anni prima da Jean-Pierre Peugeot stesso.
Insieme ai connazionali intraprese un viaggio epico su un piroscafo italiano, il Conte Verde: mezzo acquatico che salpò da Genova, ospitando le comitive rumena, francese e belga insieme ad altri normali passeggeri, a Jules Rimet e alla coppa stessa.
“Trascorremmo 15 giorni nel Conte Verde per raggiungere il Sud America. Gli esercizi di base li facevamo di sotto e ci allenavamo sulla coperta della nave. Il nostro allenatore non ci parlò mai di tattica…”, spiegò a distanza di anni Laurent stesso.

Dopo il 4-1 ai danni del ‘Tricolor’, i francesi poterono riposarsi per meno di 48 ore, trovandosi di fronte alla quotata argentina. Al termine di una partita controversa, i transalpini capitolarono, compromettendo il proseguo della competizione.
Jules Rimet, dopo oltre due settimane di partite, consegnò la Coppa ai padroni di casa, dando il via a una giornata di festa nazionale.
Lucien Laurent tornò in Francia al suo Sochaux, alla sua Peugeot.
Per lungo tempo non ebbe la piena consapevolezza del valore inestimabile del proprio gol: sigillo eterno e irreplicabile.

Il calcio per il centrocampista che, negli anni, si spostò anche a Parigi e Rennes, venne presto accantonato davanti al dramma bellico.
Laurent durante la II Guerra Mondiale visse, come ospite forzato dei tedeschi, quasi 3 anni e mezzo di prigionia in Sassonia.
Una volta liberato, tornò brevemente al calcio giocato, precisamente al Racing Besançon, dove occupò anche il ruolo di allenatore fino al 1950.
Lasciati i prati verdi si dedicò pienamente alla propria birreria. Solo l’inesorabile scorrere degli anni fece comprendere all’ex operaio della Peugeot la grandezza e il valore simbolico di quel destro al volo. Un istante di calcio inevitabilmente destinato a durare per sempre.
Redazione