Donne d’Italia
Matteo Fontana
25 luglio 2019

L’estate delle donne è bellissima. Avevamo iniziato ad accorgercene nelle scorse settimane, mentre in Francia si disputava il Mondiale di calcio femminile. Forse sarà una moda mediatica passeggera, forse (e, ahinoi, in parte sembra che sia già così) la passione si è attenuata in fretta, e dei gol di Cristiana Girelli, del carisma di Alia Guagni, del naturale senso per la leadership di Sara Gama e della cultura del lavoro di Milena Bertolini qualcuno si sarà dimenticato. Tant’è, a ricordarci quanto il Girl Power sia forte e in espansione sono arrivate loro, le regine e le principesse che hanno allietato questi giorni caldissimi, vincendo medaglie, conquistando titoli, servizi televisivi, prime pagine, speciali e narrazioni che si dedicano solamente a chi sta scrivendo la storia. Il bello delle donne ha molti volti e un cuore grande.

La chiamano “la Divina” e un motivo ci sarà. L’ultima impresa l’ha fatta segnare in Corea del Sud, Federica Pellegrini. A Gwangju, trentunenne stracolma di gloria, ha sconfitto le dicerie che la volevano sul viale del tramonto. Si è messa al collo l’oro mondiale – l’ennesimo – nei 200 stile libero e lei, austera nei modi, poco incline a concedersi agli eccessi d’emozione, si è sciolta in un pianto delicato, in lacrime catartiche, commentando il successo: “Non ci credo ancora, non avrei mai immaginato di poter vincere una medaglia d’oro. Se mi sento infinita? Sì!”. C’è tutta Federica in quest’affermazione. Orgogliosa, straordinariamente consapevole di se stessa, al punto da essere reputata sfrontata da molti. Con la sua femminilità riempito spesso le pagine riservate alla cronaca rosa, ma quel che più conta è che da quando è comparsa in vasca ha avuto attorno a sé l’aura della fuoriclasse. Ha fatto svegliare l’Italia per seguire una gara di nuoto. Ha unito il Paese. Donna vera, donna totale, donna complessa, e per questo autentica. Nell’acqua si cresce, liquido amniotico che avvolge, culla primordiale. Quale posto migliore per delineare il senso femminile nello sport?
Sempre a Gwangju ha vinto l’oro un’altra ragazza stupenda, Simona Quadarella, trionfatrice nei 1500 stile libero. Anche lei si è lasciata andare alla dolcezza liberatoria delle lacrime, appena trattenute, un solco squisito di purezza: “Io speravo di vincere dall’inizio. Prima della gara Cristian Minotti, il mio allenatore, mi ha chiesto: “Che pensi?”. Io ho risposto “Voglio vincere’ e lui, ‘Bene ma devi usare la testa’ e così è stato. Non vedevo l’ora di entrare in acqua e gareggiare, sapevo che avrei vinto. È troppo bello, ancora non ci credo”.
In quelle stesse ore, Martina Carraro ha conquistato il bronzo nei 100 rana, prima italiana ad andare a medaglia in questa specialità: “Non ci sto capendo molto. Quando ho toccato terza non ci ho creduto. Ho pianto, un’emozione incredibile”, ha spiegato, per salire poi sul podio con Lily King e Yulia Efimova, due monumenti la cui rivalità in piscina è un’altra storia unica. Donne che piangono donne che si emozionano, donne che vincono, che lottano, che non smettono mai di battersi. C’è qualcosa di meglio al mondo? Non crediamo sia possibile.



Pensate a lei. Guardatela mentre spicca il salto. Osservate l’espressione di sua mamma. Ha gli occhi che sono la descrizione ideale delle felicità, Fiona May, inglese di Slough, genitori giamaicani, naturalizzata italiana per il matrimonio con l’astista fiorentino Gianni Iapichino. Iapichino è il cognome di Larissa, la figlia nata nel 2002, un’altra ragazza che ha cominciato presto a stupire. Per noi, fino a qualche mese fa, parlare di lei significava rammentare uno spot televisivo di una dozzina d’anni fa, con mamma Fiona che le preparava la colazione aggiungendo al menù mattutino le mitiche fette al latte della Kinder. Una bambina gioiosa e giocosa, la Larissa che entrava nelle case degli italiani con quella pubblicità. Gli stessi schermi, adesso, ne propongono le vittorie. Predestinata? I risultati fin qui ottenuti lo farebbe credere, eccome. L’ultimo è l’oro vinto a Boras, agli Europei Under 20. Specialità? Il salto il lungo, l’arte di Fiona. Tale madre tale figlia, già. La May è salita per due volte sul tetto del mondo, e per due è stata argento olimpico, ad Atlanta e a Sidney. Verso Larissa è tenera e protettiva, come la si vedeva nello spot in cui tutti conoscemmo la piccola bimba con quegli occhioni grandi e il sorriso aperto. Ha detto, intervistata da Sky: “Io fin dall’inizio ho cercato di dire a Larissa di non cimentarsi nel salto in lungo, le ho detto di fare qualsiasi altra cosa, ma non proprio quello. Avrebbe pagato il fatto di essere la figlia di Fiona May, avrebbe dovuto reggere sempre il confronto con me. Invece lei è andata oltre, è una ragazza con la testa e sa saltare. È difficile, lei ne è consapevole, ma noi le siamo tutti vicini. Per me, qualsiasi risultato lei faccia, io sarò contenta”. Ha scritto Antonella Boralevi su “La Stampa: “La sua mamma la guarda dagli spalti mentre lei vola da sola”. E sempre la Boralevi ha usato le parole più intense per racchiudere l’incalcolabile splendore di queste meravigliose donne d’Italia, Larissa, Simona, Federica, Martina, le ragazze del pallone, il coraggio di essere femmine e combattere per un traguardo, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento: “Le immagini mentre si incoraggiano a vicenda, con il cuore che spacca la maglietta e ciascuna tiene stretto il sogno di vincere”. Vincere, vivere. Sì, siete scese davvero tra noi a miracol mostrare, e non possiamo fare altro che adorarvi.


Matteo Fontana
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