Caterina Stenta, tra mare, montagna e motivazioni

Il windsurf, il SUP, la corsa in altura. Viaggio alla scoperta della polivalente atleta triestina
“È questa la più pazza costa dei nostri mari, mediterranea e insieme nordica, i colori smorzati come sulla costa del Baltico ma d’improvviso sfavillanti più che nel sud”
Guido Piovene descriveva con queste parole la città di Trieste. Erano gli affidabili appunti di uno scrittore-viaggiatore, capace di percorrere a bordo della sua Buick buona parte degli Stati americani e creatore, in patria, dell’affascinante format ‘Viaggio in Italia’.
Mediterranea e insieme nordica. Definizione che perfettamente si addice a Caterina Stenta, atleta che della propria terra ha scoperto entrambe le anime, sublimandole nelle onde oceaniche e nelle creste alpine.

Un lavoro, il primo, che la vede cavalcare il windsurf e pagaiare all’interno dei circuiti internazionali di SUP; un piacere, il secondo, concretizzatosi negli ultimi mesi d’inattività forzata, con la corsa d’alta quota che, rapidamente, ha impreziosito una vita ormai stabilizzata a livello del mare.
“In realtà, crescendo a Trieste, fin da piccola sono stata a contatto con entrambi gli elementi naturali. I miei genitori hanno sempre alternato mare e montagna. A pochi passi da casa avevo le acque dell’Adriatico, mentre d’inverno cambiavo scenario e mi ritrovavo nelle zone alpine limitrofe, dove, ancora piccolissima, ho iniziato a sciare e a fare sci alpinismo. Ogni estate poi ci spostavamo in Grecia, lì sono stata iniziata al windsurf. Con la tavola e la vela il vero scoccare della scintilla è arrivato qualche tempo dopo, verso i 16 anni. Un amore a scoppio ritardato, probabilmente perché da piccolina usavo delle attrezzature per adulti e sembrava tutto così difficile…”

Dopo l’iniziale scintilla, le correnti marine conducono un’adolescente Caterina a Gran Canaria, dove inizia un programma d’allenamenti che, in breve tempo, le permette d’entrare nel circuito PWA: élite del windsurf mondiale.
La triestina in acqua decide di dipingere parabole artistiche, specializzandosi nel Wave, pratica dove onde e vento ispirano lo sforzo fisico, dove la creatività assume i connotati sportivi, e viceversa, dove trick e libertà d’espressione valgono più della metodica velocità.

In terra iberica Caterina non si limita a dominare l’elemento acquatico, associando ad esso anche quello accademico. Laureatasi in Ingegneria dei Materiali, accetta il difficile compromesso tra Dottorato e windsurf, alternandosi tra energie rinnovabili e correnti oceaniche da interpretare e affrontare.
“I quattro anni di Dottorato non sono stati facili, lungo quel periodo mi sono divisa tra l’impegno universitario e le molte gare in programma. In alcuni momenti mi sembrava di fare male l’uno e l’altro: quando ero sulla terraferma pensavo continuamente alle onde, quando invece gareggiavo, ero attraversata dalla sensazione che le mie avversarie concentrassero tutta la loro vita su quello e, implicitamente, mi sentivo quasi svantaggiata. Da questo percorso bivalente ho finito per prendere il meglio: ho capito come organizzare il mio tempo, ho imparato molte lingue, ho maturato la capacità d’adattarmi ai contesti e alle situazioni più disparate. Nel 2018, raggiunto il mio obiettivo accademico, ho deciso di cristallizzare il Dottorato e concentrarmi solamente sulla carriera sportiva, per vedere che risultati avrei potuto centrare”

E i risultati arrivano, ma non solo nel windsurf. Perché Caterina sull’Atlantico matura anche un’altra passione, quella per il SUP, variante del surf che la vede ergersi celermente a protagonista internazionale.
Comprendere lo Stand Up Paddle è semplice, basta pensare ad una disciplina acquatica che al soffio del vento preferisce lo sforzo umano, ad una pratica dove il movimento di tavola e corpo non viene aiutato da una vela, ma dall’utilizzo di una pagaia. L’atleta scivola sull’acqua, immerso in un contesto dove velocità e potenza diventano le uniche discriminanti per superare l’avversario e le increspature marine.
Anche in questo caso la triestina si sdoppia, intrecciando la propria vena artistica a quella puramente agonistica, il divertissement estetico all’intensità ferina.
“SUP Race e windsurf Wave sono due discipline molto diverse tra loro. Mi sono avvicinata al SUP perché il mio sponsor, produttore di tavole, mi ha permesso di provare e mi ha lasciato a disposizione la specifica attrezzatura. Ciò che più mi ha colpito del SUP è l’enorme resistenza fisica necessaria per gareggiare ad alto livello: un principio distante dall’artisticità del windsurf. Possiamo dire che questa passione mi sia venuta fuori dal profondo, che in qualche modo sia stata alimentata dal mio lato competitivo. Così ho cominciato a dividere i mesi di preparazione, scoprendo, con il passare del tempo, quanto sia effettivamente complesso mantenersi ad alti livelli in entrambe le discipline”
Una complessità intiepidita e gestita tramite la costante applicazione. Caterina rimbalza da una competizione all’altra, da un Continente all’altro, respirando sempre l’aria rarefatta dei più grandi interpreti di queste discipline.

Dopo essersi laureata campionessa italiana nel SUP e dopo aver sfiorato l’oro mondiale, decide di concentrarsi maggiormente su questa specialità: uno sport in costante ascesa anche nel nostro territorio.
I piani della triestina vengono però scombinati dalla pandemia globale. In poche settimane Caterina è costretta a dare un nuovo assetto alla sua vita, ritrovandosi bloccata nella sua città natale e impossibilitata a viaggiare. Incatenata solo all’apparenza, quello che potrebbe essere un periodo statico e deleterio diviene per l’atleta giuliana un’occasione unica per riappropriarsi di una terra rimasta distante troppo a lungo.
“Questo stop ha cambiato completamente il mio mondo. Da dieci anni non mi allenavo stabilmente a Trieste, ma ho vissuto questo cambiamento di scenario in maniera positiva. Ho riscoperto la mia città, ho avuto il tempo per stare tranquilla: di solito sono continuamente sull’aereo. Ho ritrovato il mare a cinque minuti da casa e, soprattutto, ho riabbracciato le mie montagne. Nei miei piani d’allenamento difatti ho inserito la corsa e ho iniziato a correre in altura. Da lì il passo è stato breve e mi sono trovata ai nastri di partenza della mia prima gara in Veneto, sui 2mila metri. Sono entrata in contatto con un qualcosa di nuovo, che mi fa stare bene e che mi dà grandi motivazioni per non perdere un singolo istante di preparazione”
Adriatico e Alpi, coste e costoni: dualismi piovenesi, dualismi triestini. Natura e sport come fili rossi, reattivi nell’unire ogni scelta, ogni evoluzione di Caterina.
“Amo stare a contatto con la natura, a contatto con l’acqua e con la neve. Della montagna trovo sia ammaliante la vista dall’alto: fatichi, fatichi, ma poi ti si dischiudono davanti agli occhi degli scrigni paesaggistici stupendi. Le stesse sensazioni che provo a Cape Town, in Sudafrica, dove mi alleno in mezzo a delfini, pinguini e foche, le vivo anche sulle Alpi Giulie: ambienti meno conosciuti e selvaggi, che sento profondamente miei”

Poliedrica, nel pensiero come nella scoperta di nuove prove fisiche. Di Caterina esce un profilo sfavillante, mediterraneo e insieme nordico, un profilo all’incessante ricerca della sfida in ogni sua forma, in ogni suo estremo.
“I miei obiettivi agonistici non sono variati. Nel 2021 vorrei ambire alle posizioni top nel windsurf e, soprattutto, nel SUP, dove ci sarà anche un nuovo sponsor ad accompagnarmi. Non abbandonerò la corsa, questo è certo. Quando tutto si sarà sistemato tornerò a viaggiare, a gareggiare e allenarmi in città distanti dalla mia Trieste. La prima cosa che farò sarà uscire a correre: nulla come una bella corsa può farti scoprire un posto nuovo, nulla come una bella corsa può regalarti nuove motivazioni”

Intervista di Gianmarco Pacione
Credits
Samuel Tomé
IG @stp780
Svetlana Romantsova
IG @romantsovaphoto
Maleen Hoekstra
IG @maleen555
Drei Zinnen Lauf
Francesco Leggio
IG @rrd_international
3 febbraio 2021
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