Behind the Lights – Marie Pfisterer

La fotografa, creativa e surfista tedesca che nelle onde di Biarritz ha trova il senso di tutto
“Ogni volta che sono sulla tavola, penso sempre a quanto sia incredibile il surf, a quanto sia stato cruciale per la mia vita, per la mia evoluzione. Da quando ho iniziato a surfare tutto è cambiato. Il surf mi ha permesso di costruire connessioni con altri esseri umani, con altri creativi, mi ha permesso di esplorare il mondo, di plasmare il mio rapporto con la fotografia… E tutto questo ha trovato un senso definitivo a Biarritz, la mia attuale casa, la mia California, dove questi tasselli si sono incastrati”
Marie Pfisterer ha trovato nel surf più di una musa ispiratrice. La tavola, lungo il suo percorso artistico e umano, è diventata un strumento di esplorazione introspettiva e comunione collettiva, di serenità individuale e contaminazione reciproca. Nata nella Germania meridionale, a chilometri e chilometri di distanza da spot e tunnel oceanici, questa giovane artista delle onde ha incontrato per la prima volta il surf in Perù, durante un viaggio concepito al termine dell’esperienza scolastica. Quell’epifania l’ha poi portata a vivere in Marocco e Portogallo, a viaggiare alla ricerca dei luoghi perfetti per cavalcare gli specchi marini e a stabilirsi nella nota Biarritz, il paradiso acquatico dei Paesi baschi francesi, là dove creatività, communità e danza della tavola rimano allo stesso modo.



“Non potrei vivere senza surf, dopo qualche giorno d’inattività divento nervosa. Lì fuori, tra le onde, mi sento così libera… Il surf e la fotografia hanno un effetto benefico: in acqua non ci sono distrazioni, nessuno ti può chiamare, puoi disconnetterti dai problemi e dalle pressioni lavorative. Ogni volta che finisco una sessione ho la sensazione di essere una persona nuova. Biarritz e i Paesi baschi mi hanno anche dato la possibilità di scoprire un altro elemento meraviglioso, la montagna. Amo entrambi questi scenari naturali, perché ognuno di essi mi sfida, mi permette di dimostrare qualcosa a me stessa. A volte nell’oceano le correnti e le condizioni possono essere molto dure, lo stesso accade in montagna, quando per esempio devo arrampicare. Le sensazioni che provo sono differenti. In acqua penso poco, mi distraggo e mi sembra di fare una lunga, intensa doccia rigenerante. Quando corro o faccio un’escursione ad alta quota, invece, mi sento ispirata, mi vengono nuove idee, e dialogo profondamente con me stessa. Trovo particolarmente interessante come questi due elementi abbiano due effetti così diversi su di me… In generale penso che il contatto con la natura permetta di sentirsi bene. Stiamo perdendo questa connessione, spesso ce ne dimentichiamo, e mi sento benedetta dalla possibilità di vivere di fianco all’oceano, di essere costantemente circondata da questi contesti naturali…”
Contesti naturali, ma anche persone. Perché il surf vissuto e fotografato da Marie è anche il centro catalizzatore di un nutrito gruppo di creativi che, scatto dopo scatto, video dopo video, sono in grado di plasmare sempre nuovi e vibranti immaginari visuali. ‘Surfers Collective’ è il nome di questo ispirato collettivo e network di base a Biarritz. Le sue diramazioni estetiche, però, non si limitano alle coste della Francia sud-occidentale e, tramite multiformi produzioni, celebrano anche molto altro oltre l’arte della tavola.


“La fotografia può esprimere i tuoi pensieri, le tue emozioni, ciò che senti dentro ma non riesci a descrivere con le parole. Per me è sempre stato fondamentale incontrare persone e amici, comprendere i loro punti di vista, espandere il mio. Ho fondato questa piattaforma perché là fuori ci sono tantissimi artisti e creativi che non sono abbastanza conosciuti: parlo di fotografi, ma anche di registi, scrittori e tanti altri. Tutti si esprimono in modo diverso, proprio come i surfisti, ed è bellissimo farsi ispirare da queste differenze. Senza queste connessioni non mi sarei mai evoluta. E poi subentra quella competizione positiva, che ti spinge sempre a provare cose nuove. ‘Surfers Collective’ è la celebrazione di tutto questo, ed è vicinissimo al mio cuore. A livello personale ora mi sto concentrando maggiormente sulla produzione filmica. Se vuoi ritrarre il surf penso tu debba conoscere a fondo le onde. Un surfista sa bene che in acqua non si ripete mai una routine, sa bene in che posizione mettersi per catturare al meglio un momento specifico e sa come trovare uno spot sconosciuto e incontaminato: ricerca che affronto ogni giorno, soprattutto da quando il surf è diventato molto popolare”
La ricerca di Marie Pfisterer questo inverno si traslerà ad un Mediterraneo di distanza, nel continente africano, dove affronterà un viaggio interamente al femminile. Empowerment, scoperta antropologica e divulgazione del surf tra le nuove generazioni africane, soprattutto tra bambine e ragazze, saranno gli obiettivi di questa lunga, ispirata marcia documentaristica vissuta tra strade desertiche e acque inesplorate: l’ennesimo capitolo di un cammino personale destinato ad espandersi in continuazione.
“Fin da quando ero piccola ho avuto la fortuna di viaggiare. Mi hanno sempre attirato i posti sconosciuti, ricordo per esempio una produzione video con il filmmaker Aljaz Babnik girata su un’isola africana in cui eravamo le uniche persone bianche. Ora sono concentrata su questo nuovo progetto che si concretizzerà nei prossimi mesi: una spedizione femminile in Africa sotto forma di viaggio documentaristico. Non ci sono ragazze che viaggiano da sole. Noi vogliamo infrangere questo tabù e diradare paure o incertezze insite nella società contemporanea. Vogliamo mostrare quanto sia bello essere on the road insieme e ritrarre le storie delle persone, dei posti che incontreremo. Sono cresciuta con due fratelli, sono sempre stata abituata ad un mondo maschile. In molti viaggi ero l’unica donna inserita in un gruppo di uomini. Poi a Biarritz ho incontrato una fantastica community femminile e abbiamo pianificato insieme questo progetto. Ci siamo dette che avremmo potuto farlo da sole, spinte dalla nostre connessione, e penso che questo sia un messaggio molto forte. ‘GUTS’, questo il nome del progetto, porterà me e la giornalista italiana Patrizia Waz ad attraversare in tre mesi Marocco, Mauritania, Senegal e Gambia. Visiteremo e scopriremo Mamma Africa, saremo esploratrici offroad alla ricerca di onde, distanza da tutto il resto e, ovviamente, empowerment femminile”







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