Behind the Lights – Cédric Dasesson

La Sardegna è una sensazione che solo un vero sardo può comprendere e ritrarre
“Non mi sento un fotografo, ma qualcuno che imprime qualcosa attraverso il mezzo fotografico. Non mi è mai interessato il concetto di sublime, ho sempre cercato la persona semplice; ho sempre voluto fotografare ciò che non è fotografabile, e il mare, sotto questo punto di vista, è un mondo a sé. Sono nato e cresciuto in Sardegna, ora sto resistendo in questa terra. Mi sono sempre trovato bene in un mondo fatto di solitudine, forse anche a causa del mio background sportivo. Ho iniziato fin da piccolo con l’atletica leggera, uno sport individuale, dove per essere agonista devi pensare continuamente a te stesso. Allo stesso tempo il mare è diventata la mia terra, un mondo dove ho potuto e posso ancora comprendere realmente me stesso: è un universo parallelo, fatto di silenzi e concentrazione, antitetico rispetto alla società che ci circonda”


È difficile descrivere l’anima sarda. È ancora più difficile ritrarla. Cédric Dasesson è lo pseudonimo di un isolano-ricercatore, è l’identità celata di un fotografo spinto dall’incessante necessità di documentare un regno atipico, ostile e acquatico, il regno sardo. La sua filosofia estetica assume i tratti di una forma di resistenza: la resistenza alla spettacolarizzazione artificiosa, alla cannibalizzazione della sua terra. Una resistenza che utilizza il medium fotografico come manifesto per l’accurato studio antropologico, architettonico e naturalistico di una regione unica per storia e morfologia.

“Ho studiato architettura qui, a Cagliari. Durante gli anni universitari McKenna e le sue lunghe esposizioni erano i miei punti di riferimento fotografici. In quel periodo ho deciso di pubblicare i miei scatti e di non utilizzare la mia vera identità sui social. Avevo un omonimo di fama globale e, dopo essermi confrontato con un professore, ho preferito prendere una strada artistica differente: volevo esistere senza esistere, creare una diversificazione mentale nella mia quotidianità, una divisione netta tra pubblico e privato. Vengo dalla scena del writing e la forma del tag, della firma irriconoscibile, era una sorta di forma mentis per me. Richard Long e Bill Viola hanno contribuito ad evolvere la mia visione riguardo il rapporto tra strutture architettoniche e paesaggio. Grazie ad Alec Soth, poi, ho compreso la funzione e l’importanza della ritrattistica umana: in tutto il mondo ci sono persone e identità da ricercare. Vivere in Sardegna mi permette di unire tutto questo, mi dà l’opportunità di lavorare sulla stereotipizzazione delle peculiarità regionali, di esprimere la testardaggine insita nel dna del nostro micromondo e di esplorare il concetto di sopravvivenza umana”


Dal tartan delle piste d’atletica alle acque del Mar di Sardegna. L’elemento sportivo ha plasmato l’identità di Cédric Dasesson e influisce in modo coerente sulla sua ricerca artistica. L’atleta davanti alla sua macchina fotografica cessa di essere tale, o meglio, cessa di essere definito da risultati e successi, regredendo (o progredendo) alla tanto semplice, quanto complessa condizione di essere umano connesso alla natura.

“Dopo tante operazioni per problemi legati all’atletica, mi sono dato al triathlon e il mio rapporto con le acque sarde ha subito un’ulteriore evoluzione. La mia produzione fotografica tocca il tema sportivo restando fedele ai capisaldi che ho già menzionato. Non ho interesse per le stelle sportive, sono affascinato dalle personalità di coloro che vivono in simbiosi con il mare: esseri umani che utilizzano lo sport come strumento per alimentare ed esplorare questo rapporto. Certo, mi è capitato di fotografare surfisti, windsurfisti o apneisti di fama mondiale, ma nella mia visione non c’è differenza tra loro e chi frequenta il mare per una passione viscerale. Allo stesso tempo sono affascinato dalla capacità umana di superare i limiti. In questo caso posso fare l’esempio di Ulisse Idra, base jumper e grande amico, a cui ho visto fare delle imprese incredibili. Una di queste ha creato la serie ’97 metri’. Ora sta recuperando da un grave incidente e spero che possa tornare a lanciarsi il prima possibile. Infine quando si parla di Sardegna mi rendo conto che non si possa parlare di calcio. In ogni paese c’è un campo. Anche in questo caso, però, la mia idea è che questa presenza calcistica non sia altro che l’ennesimo stereotipo della nostra terra. Una terra che esprime i propri saperi attraverso le proprie radici. Una terra in cui si pratica sport guardando il mare”


La resistenza di Cédric Dasesson pare destinata a continuare nel tempo e nello spazio. Lo stesso spazio, lo spazio acquatico e umano sardo. “Stare qua è una sfida”, confida, “Ma nella sfida cerco di realizzare un sogno”. Il sogno di narrare e sublimare la vera Sardegna.

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