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Andrea Santarelli, la pedana è casa

Lo spadista argento olimpico che scende in pedana con la propria coscienza

“Stare sulla pedana per me è come stare a casa. Penso a mio padre che si sveglia e cammina, tutti i giorni, da una stanza all’altra. Ecco, per me la pedana è come una stanza di casa che si apre quotidianamente”

Nelle parole di Andrea Santarelli, schermidore classe ’93, la pedana pare assumere i tratti di un habitat naturale, familiare, di un focolare domestico da popolare impugnando la propria spada, fendendo l’aria con quel nobile strumento che già gli ha consegnato un argento olimpico.

Era la rassegna decoubertiniana di Rio, era il 2016, era, per Andrea, un’esperienza agognata fin dall’infanzia, fin dal primo fioretto stretto a sé in terra umbra, davanti agli occhi attenti del compianto maestro Carlo Carnevali.

“Ricordo la prima palestra in cui sono entrato, era il Palasport di Foligno, lì ho iniziato con il fioretto, ma sono presto passato alla spada. Credo che, nel complesso, sia l’arma che mi rappresenta meglio. È risaputo che con ogni arma si intrecci l’aspetto caratteriale di una persona: la spada, per esempio, è più riflessiva rispetto al fioretto e alla sciabola. In questa specialità devi proteggere tutto il corpo, l’attacco è molto più complicato, basta una minima disattenzione per essere toccato o pizzicato. È la trasposizione moderna di un duello al primo sangue. Indossiamo una divisa bianca proprio per questo: storicamente serviva per vedere chi fosse il primo a sanguinare”

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Duelli che lo spadista folignate ha sempre vissuto all’attacco, “da metà pedana in avanti”, ammette sorridendo, facendo affidamento su un istinto innato, su una delicatezza tecnica affinata assalto dopo assalto, stoccata dopo stoccata.

“Il rapporto con la spada è difficile da spiegare, con lo scorrere del tempo è diventato molto intimo. Ora vivo questo attrezzo come un’estensione del mio corpo, lo tratto sempre con estrema accortezza. In pedana tendo ad essere un attaccante: penso che più si è forti tecnicamente, più si debba cercare un alto numero di stoccate. Sono consapevole che questo ragionamento non si fondi su certezze statistiche, la mia testa, però, mi dice che è la giusta attitudine da perseguire”

La testa. Nelle riflessioni di Andrea Santarelli il lato psicologico trova particolare risalto: nella sua scherma la mente diventa elemento fondante per la singola prestazione, per la gestione di attese e pressioni, per l’affrontare e superare i momenti bui incorsi lungo una florida carriera.

Cali di motivazione, cali di sicurezza. Perché, nel vortice emotivo in cui può trovarsi intrappolato un professionista del duello, la medaglia più pregiata può coincidere con l’inizio di un burrone personale, la stoccata subita può far crollare, in un rapidissimo istante, certezze apparentemente inscalfibili.

“In una disciplina come la nostra la testa conta più del fisico. Ha una duplice valenza, che comprende la solidità emotiva da una parte e la capacità di analizzare il match in corso dall’altra. Dopo l’argento di Rio, per esempio, ho avuto serie difficoltà a riprendere il filo del discorso. Non credevo di raggiungere quel traguardo a 23 anni e mi sono sentito svuotato, non riuscivo a trovare motivazioni. Ho deciso di spostarmi da Foligno a Milano per scuotermi e crescere a livello umano. Avevo bisogno di maturare come uomo per ritrovarmi come spadista. Un altro momento negativo l’ho vissuto prima del bronzo Mondiale individuale di Budapest, nel 2019. Ho iniziato quella stagione tra i primi 16 al mondo e, improvvisamente, sono entrato in un loop negativo. Sono perfino arrivato a chiedere al maestro Candiani se fossi effettivamente forte come tutti dicevano. Continuavo a dubitare di me. Il maestro ha lavorato sui miei valori umani, prima che su quelli tecnici, ed è stato fondamentale per raggiungere quel bronzo”

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La rilevanza del maestro è un altro capitolo pivotale nella biografia sportiva dell’atleta umbro: una figura in cui poter trovare minuziosi consigli tecnici e fondamentali nozioni umane.

“Il maestro è un padre. Non saprei come altro descriverlo. Con questa figura s’instaura un rapporto strettissimo. Insegnarti a fare scherma vuol dire migliorarti tecnicamente, vuol dire farti comprendere cosa devi fare in pedana: e quello che devi fare in pedana è ciò che devi fare nella vita. Quando scendi in pedana lo fai con la tua coscienza, una coscienza figlia dei valori che il maestro ha saputo trasmetterti. Tra questi valori è sicuramente presente il senso di responsabilità, un concetto che esula dal semplice risultato sportivo: per questo sto condividendo con UMBRAGROUP il progetto ‘Una stoccata per l’Umbria’, che vedrà ogni mia stoccata coincidere con una donazione ad un’associazione no-profit del territorio, un’iniziativa patrocinata anche dal CONI. Per quanto riguarda il concetto di trasmissione, invece, in futuro mi piacerebbe vestire in prima persona i panni del maestro, vorrei dare una mano alle nuove generazioni e, in generale, a uno sport che mi ha dato così tanto”

In futuro. Il presente di Andrea Santarelli, difatti, vede l’Azzurro pronto ad immergersi in un’altra rassegna olimpica. Nella strada verso le pedane di Tokyo le incognite sono molte: punti interrogativi dovuti alle sole due gare internazionali affrontate dopo il periodo di lockdown, ad un’inattività forzata molto più significativa rispetto a quella vissuta dai colleghi di altre discipline.

“Sarà un’Olimpiade strana. Mi domando spesso cosa succederà in Giappone. Per me è la prima gara a cinque cerchi individuale. Posso riassumere questo periodo di preparazione con il termine ‘attenzione’: un connubio di fibrillazione, concentrazione e determinazione. Noi spadisti e, in generale, schermidori, letteralmente viviamo per questa manifestazione. Fin da piccoli abbiamo l’obiettivo di arrivare su quel palcoscenico sportivo. Ricordo ancora i momenti precedenti al podio di Rio, con i nostri nomi scritti per terra: era quasi inverosimile, irreale… Sicuramente è stata l’esperienza più bella della mia vita”

Inverosimile e irreale. Un’esperienza che speriamo Andrea Santarelli possa ripetere sui podi a cinque cerchi illuminati dal Sol Levante.

Credits

DNA Sport Consulting

Andrea Santarelli
IG @andreasantarelli93

Intervista di Gianmarco Pacione

Foto di Daniele Corsalini

IG @danielecorsalini

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